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Rita Bernardini
Lo so: molte compagne e compagni, molti amici e amiche, ci rimarranno male, ma – salvo che succeda qualcosa di clamoroso nelle ultime ore – dalla mezzanotte del 16 agosto inizierò uno sciopero della fame rivolto a tutti coloro che, nelle Istituzioni possono (e quindi debbono) intervenire efficacemente per fermare l’ondata di suicidi che si sta verificando nelle carceri italiane (e dico italiane perché da noi le morti per suicidio rappresentano il 38,2% delle morti in carcere, mentre la media europea è del 26%).
Mentre scrivo, siamo arrivati a 52 uomini e donne che in cella si sono tolti la vita dall’inizio dell’anno. Gli ultimi sono un tunisino di 33 anni che si è suicidato nel carcere di Monza inalando il gas dal fornelletto, un marocchino di 37 anni che nel carcere di Rimini si è impiccato alle sbarre con il lenzuolo e un ragazzo italiano di 25 anni che a Torino si è soffocato nella sua branda infilando la testa in un sacchetto di plastica. Come porre mano allo stato disastroso della giustizia e delle carceri non sembra essere nella testa di chi in queste ore si appresta a preparare simboli, liste e candidature in vista delle elezioni politiche del 25 settembre. Con l’iniziativa nonviolenta, che mi auguro divenga corale, si intende
1) Sostenere la volontà della Ministra Marta Cartabia che deve però necessariamente trovare il supporto (cioè il voto) di coloro che nel Consiglio dei ministri ancora fanno parte del Governo Draghi (in questi giorni e fino alle elezioni). Governo che è chiamato a gestire l’ordinaria amministrazione ma non può non considerare fatti di eccezionale gravità. E non è gravissimo quanto si sta verificando nelle nostre carceri con lo stillicidio quotidiano di morti e suicidi? Il sovraffollamento, cioè l’illegalità di detenere molte più persone di quelle che l’amministrazione è in grado di accogliere ce lo teniamo, costringendo i servitori dello Stato che prestano la loro opera in carcere a violare ogni giorno i diritti umani fondamentali? Da questo punto di vista, chiediamo di riprendere in un decreto-legge, cioè in un provvedimento D’urgenza la proposta dell’on. Roberto Giachetti sulla liberazione anticipata speciale;
2) Sostenere la Ministra Marta Cartabia affinché si concluda prima delle elezioni del 25 settembre l’iter della Riforma della giustizia penale che prevede, tra l’altro, un maggiore accesso alle misure alternative e l’allargamento dell’istituto della messa alla prova.
3) Sostenere la volontà riformatrice del Capo del DAP Carlo Renoldi. Bene la circolare sui suicidi (che evidentemente non basta), bene le visite di ferragosto di tutti i vertici dell’amministrazione (che però costituiscono solo un “segnale”), ottima la definizione di “comunità penitenziaria” (un’espressione usata da Marco Pannella, felice e piena di senso), ma occorre fare qualcosa di più concreto; tra le misure indispensabili, due si segnalano per la loro estrema necessità: a) chiedere ai direttori delle carceri di concedere da subito ai detenuti molte più telefonate straordinarie e video-chiamate (raccogliendo così – almeno in parte – l’appello di Don Davide Maria Riboldi, cappellano del carcere di Busto Arsizio); b) rispondere, e rispondere in tempi ragionevoli, alle istanze dei detenuti che chiedono di essere trasferiti per stare più vicini alla famiglia o che chiedono di poter andare in istituti dove ci siano più possibilità di lavoro e di studio.
4) Chiedere alle forze politiche che si presenteranno alle prossime elezioni: a) di inserire come priorità dei loro programmi la riforma dell’esecuzione penale in senso liberale e costituzionale, come proposto in queste ore anche dal Presidente dell’UCPI Giandomenico Caiazza, secondo le direttrici indicate dalle Commissioni Giostra e Ruotolo; b) di riformare l’ergastolo ostativo secondo quanto richiesto dalla Corte EDU con la sentenza Viola e dalla Corte Costituzionale con la sentenza Cannizzaro; c) di impegnarsi per un provvedimento di amnistia e di indulto che consenta a tutto il sistema penale che si sta riformando di ripartire su nuove basi.
5) Chiedere, che nel sito web del Ministero della Giustizia siano inseriti da subito gli elenchi delle persone morte in carcere, con riguardo sia ai “detenuti” che ai “detenenti” (ancora copyright Marco Pannella); sono dati che bisogna portare alla pubblica conoscenza, e finora lo fa solo la benemerita Associazione Ristretti Orizzonti per i detenuti.