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È un segno del nuovo tempo che si vive in Russia. Le cosiddette "Tavole della vergogna" sono apparse nelle unità militari delle forze armate russe. Espongono le fotografie di coloro che si sono rifiutati di eseguire gli ordini, per lo più criminali, dei superiori e di andare a combattere sul territorio di un paese straniero. La metà dei russi li chiama "traditori", l'altra metà, invece, "eroi". Secondo gli attivisti per i diritti umani, il numero di coloro che si rifiutano di andare in guerra sta crescendo in modo esponenziale. Se ne possono contare già un migliaio in base ai dati forniti dai media indipendenti: 500 soldati a contratto della Buriazia, 300 del Daghestan, 300 dell'Ossezia meridionale, 300 combattenti del territorio di Stavropol, ottanta della Crimea, sessanta di Pskov e 58 della regione di Kaliningrad si sono rifiutati di combattere. Ma non è finita qui. Anche 115 guardie nazionali di Cabardino-Balcaria, 12 agenti di polizia di Krasnodar e 11 di Khakassia hanno preferito non andare nelle zone di combattimento. Tra i motivi principali che inducono i militari russi a non andare a combattere ci sono la paura per la propria vita, la riluttanza a uccidere e il basso livello di equipaggiamento dell'esercito. Gli appartenenti alla IV Base delle Guardie a Tskhinvali hanno affermato di aver lasciato l'Ucraina perché non volevano essere "carne da cannone" e "combattere contro i carri armati con le fionde". In un'intervista alla Bbc, nello scorso giugno, un soldato russo, che ha usato lo pseudonimo Sergei ha dichiarato: «Non voglio tornare in Ucraina per uccidere, correrei io stesso il rischio di essere ucciso». «I militari stanno scrivendo corposi rapporti nei quali emergono le loro convinzioni contro la guerra e chiedono di essere congedati», ha affermato l'attivista per i diritti umani Sergei Krivenko in un'intervista rilasciata al giornale "Tempo presente". «Se un soldato - ha sottolineato Krivenko - agisce secondo questa procedura, non può essere sottoposto ad alcun provvedimento e non può subire alcun procedimento penale, dato che ci sono norme per richiedere la risoluzione di un contratto in base a convincimenti contro la guerra». Per comprendere meglio il contesto di cui stiamo parlando, è utile richiamare ancora le parole di Krivenko. «I militari - ha aggiunto - restano inquadrati nelle loro unità, non scappano da nessuna parte. Questo significa che non può essere applicata nessuna norma sulla diserzione o sull'uscita non autorizzata dall'unità di appartenenza. Non stiamo parlando, inoltre, del mancato rifiuto di eseguire gli ordini e anche per questo non può essere applicata la norma sul mancato rispetto degli ordini impartiti dai superiori. Il militare si limita a dichiarare le proprie convinzioni contro la guerra e diventa, per così dire, inadatto a svolgere in maniera professionale il proprio lavoro». L'unico modo per inviare soldati in guerra è attraverso l'intimidazione. E non mancano alcuni casi di veri e propri abusi. Dieci soldati dell'11esima Brigata d'Assalto aviotrasportata separata dell'esercito russo, che si sono rifiutati di combattere, sono stati rinchiusi nel garage della caserma per ordine del comando di appartenenza. Il caporale Ilya Kaminsky ha parlato di questo caso con Current Time. «Sono stati rinchiusi in un garage, all'esterno della caserma. Vengono nutriti una volta al giorno con una specie di minestra e poi verranno inviati in un centro di detenzione preventiva», ha detto il militare. Secondo gli attivisti per i diritti umani, non c'è un solo procedimento penale in Russia per i soldati che si sono rifiutati di andare a combattere in Ucraina. Molto spesso, coloro che in maniera persistente si rifiutano di andare al fronte vengono semplicemente congedati ai sensi della norma sul mancato rispetto dei termini del contratto di lavoro sotto le armi. Una situazione che, però, non evita una sorta di marchio di infamia. Alcune informazioni sono stampigliate sul documento d'identità militare. Compare questa scritta: "Incline al tradimento, alle bugie e all'inganno". Queste definizioni, dopo il congedo, possono comunque complicare le cose e rendere difficile trovare un lavoro. L'avvocato Maxim Grebenyuk, esperto in diritto militare, ritiene che le cause contro i militari che si sono rifiutati di andare in guerra non vengano intentate dalle autorità per motivi politici. In un'intervista al Moscow Times, l'avvocato spiega con chiarezza quanto sta accadendo: «I processi di massa contro i militari susciterebbero proteste tra la gente. Bisognerebbe ammettere, poi, che durante l'operazione militare (in Ucraina, ndr) qualcosa è andato storto. Le autorità militari non vogliono affrontare un rischio del genere. Pertanto, tra il comando e i soldati che si rifiutano di combattere si crea una sorta di tacito accordo sul silenzio in cambio di un rapido congedo e licenziamento».