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Se il governo cade si va al voto. Punto. È questo il leitmotiv che arriva dagli altri partiti verso il Movimento 5 Stelle, in questi giorni assediato da quanti (quasi tutti) cercano di proteggere l’esecutivo di Mario Draghi da scossoni già annunciati e che potrebbero concretizzarsi tra poche ore in Senato. Già, perché se a palazzo Madama i senatore pentastellati usciranno dall’Aula al momento del voto di fiducia sul decreto Aiuti, il presidente del Consiglio è pronto a salire al Colle per la seconda volta in questa settimana e coinvolgere nella partita il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Che a quel punto dovrà decidere il da farsi, consultando i partiti presenti in Parlamento, primi tra tutti quelli che garantiscono l’attuale maggioranza di governo. Ma proprio da quei partiti è arrivata un’indicazione chiara: senza M5S l’esecutivo non va avanti e l’unica soluzione, escluso un Draghi-is dal diretto interessato, è il voto. Lo hanno detto i leader del centrodestra, da Matteo Salvini a Giorgia Meloni, che dall’opposizione gongola e già sente l’odore “politico” del sangue dei suoi avversari. Ma lo ha detto anche Enrico Letta, che ai gruppi dem ha manifestato tutto l’imbarazzo circa il comportamrnto dei propri alleati. Che forse alleati non saranno più, dovessero decidere di staccare la spina al governo. «Questo esecutivo può funzionare solo in questo formato e in questa configurazione - ha scandito il segretario del Pd - Era chiaro già quando è nato e credo che sarebbe paradossale metterlo in crisi nel momento in cui mette al centro della sua azione la lotta alla precarietà». Non «un ricatto», né «una ripicca» ma secondo Letta se i 5 Stelle escono, si va a votare perché «è nella logica delle cose». Come d’altronde ribadito da Salvini e Berlusconi, le cui considerazioni per il leader dem sono «ovvie». Ma cosa hanno detto i due leader del centrodestra di governo? Salvini è stato chiaro. «Noi non siamo disposti a restare in un esecutivo senza il M5S - ha detto intervenendo alla conferenza stampa di presentazione del dipartimento della protezione civile della Lega - Altre robe strane le lasciamo perdere, anche perché governare con il Pd non è esercizio facile». Secondo il numero uno del Carroccio «un governo che non fa le cose non serve a nessuno» e «se il M5S non vota la fiducia è un problema». E se Berlusconi si è appellato al Pd come forza responsabile affinché si stacchi dal M5S, anche perché «i numeri consentono di continuare a governare in ogni caso», da Forza Italia il numero due, Antonio Tajani, ha definito «inaccettabile» che il Movimento 5 Stelle si rifiuti di sostenere il decreto Aiuti per la questione del termovalorizzatore. «Dopo Draghi - ha sottolineato - non ci sono altri presidenti del Consiglio». E se dal centro il leader di Italia viva, Matteo Renzi, è tornato a ipotizzare un Draghi bis, la cui alternativa è «andare al voto», è tornato a farsi sentire anche il ministro degli Eteri Luigi Di Maio, che dopo Emilio Carelli ha accolto un altro deputato ex M5S, Francesco Berti, nel suo nuovo gruppo Insieme per il futuro. «Credo che il governo debba andare avanti - ha commentato - Sono ottimista di natura ma vorrei richiamare al senso di responsabilità tutte le forze politiche alla luce del periodo storico che stiamo vivendo». Ma quel che dice Di Maio, dalle parti del M5S, ormai entra da un orecchio ed esce dall’altro.