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Il coraggio di una madre e di una giornalista che ha detto basta alla propaganda putiniana. Quella di Marina Ovsyannikova è la storia di una donna che guarda in faccia la realtà, conscia dei rischi che corre nella Russia di Putin, dove è vietato parlare di guerra e criticare il grande manovratore del Cremlino, inviso ormai a mezzo mondo. Marina Ovsyannikova è rientrata ieri a Mosca, dopo una parentesi all’estero, lontana dai due figli, durata quasi quattro mesi. Archiviata la collaborazione con il giornale tedesco Die Welt, oggi la ex giornalista di Channel One comparirà in Tribunale a Mosca per difendere il suo diritto di madre coraggiosa e amorevole. L’ex marito, un importante giornalista di RT, legato a Putin e agli oligarchi, vuole prendersi cura esclusivamente dei figli di 17 e 11 anni. Una scelta che sin dal primo momento ha visto contraria Marina, desiderosa di stare accanto almeno alla figlia undicenne. Desiderosa di trovare con il suo avvocato una soluzione per portarsela fuori dalla Russia e ricominciare una nuova vita. Mettersi alle spalle la carriera di giornalista di regime, che, in un moto di coscienza, ha voluto dare una svolta alla propria vita. Troppo pesante la lontananza senza svolgere il ruolo materno. Ovsyannikova avrebbe potuto continuare a vivere all’estero. Negli ultimi mesi ha realizzato reportage in Moldavia, Ucraina, Lituania, avendo come base Berlino. In Germania, nell’ambasciata francese, ha ricevuto poche settimane fa un importante riconoscimento a dimostrazione del suo impegno per la libertà di stampa. A maggio le è stato consegnato ad Oslo il Premio Vaclav Havel per il dissenso e le critiche espresse dopo la decisione della Russia di invadere l’Ucraina, il Paese in cui è nata nel 1978.Ora, il ritorno in patria e il delicato appuntamento giudiziario di oggi. Nella Russia di Putin nulla è certo. Marina ha contestato in maniera clamorosa la guerra in Ucraina nello scorso di mese di marzo. Lo ha fatto davanti a milioni di telespettatori durante l’edizione serale del telegiornale, esponendo alle spalle della conduttrice un cartello con la scritta: “No alla guerra, fermate la guerra. Non credete alla propaganda, vi stanno mentendo”. Per quel gesto ha trascorso una notte in un commissariato di polizia ed è stata multata. Sul processo riguardante la protesta del 14 marzo non si conosco molti dettagli, neppure la diretta interessata è in grado di prevedere la piega che prenderà. Quello che conta adesso è evitare che il marito le strappi i figli. Per il più grande è la stessa Ovsyannikova a non farsi illusioni.Prima di partire ha scritto un post sulla sua pagina Facebook in cui emergono preoccupazione e rabbia per quanto sta accadendo nel suo Paese, «un luogo dove tutto è impregnato di odio e di simbolismo militarista». La speranza di Marina è di riprendere a vivere con la figlia undicenne, possibilmente lontano da Mosca, e che in Russia cambi qualcosa. «Mio figlio – scrive la giornalista-dissidente - è ormai maggiorenne e ha il diritto di determinare il proprio destino. Ma mia figlia di 11 anni deve vivere con me fuori dallo Stato aggressore. Solo fuori dalla Russia in guerra potrò trasferirle corretti valori morali. Deve crescere in una società occidentale libera, dove ogni vita umana non ha prezzo. Dove ai bambini si insegnano cose buone invece di provocarli ad odiare le persone di altre nazionalità, costringendoli a marciare in uniformi militari, disegnare la svastica sotto forma di lettera Z e lodare la guerra. Per milioni di famiglie questa guerra è diventata una vera tragedia. Putin e il suo esercito hanno portato dolore e sofferenza in ogni casa da entrambi i lati del confine. La nostra società è sprofondata in un abisso di odio, aggressività e caos. Per quale idea nazionale stanno combattendo i soldati russi? Perché hanno occupato la terra straniera?». Marina è realista. Sa bene che la sua sovraesposizione mediatica e giudiziaria è un’arma a doppio taglio. Potrà essere arrestata o potrà continuare a far sentire la sua voce critica. In quest’ultimo caso lo potrà e lo vorrà fare in Russia, senza la possibilità di espatriare con la figlia? Fino a quando Putin glielo consentirà? Lei però non demorde e spera che l’Europa la accolga come una cittadina richiedente protezione. Sul suo caso sembra che la Gran Bretagna sia particolarmente attenta. Dagli Stati Uniti, invece, l’attenzione è rivolta sul fronte editoriale, sulla storia della giornalista che si è messa contro Putin. «Non mi nasconderò vigliaccamente e non tacerò», ha detto ieri prima di imbarcarsi. «Potrei essere arrestata – ha aggiunto - proprio all'aeroporto. Sarò accusata di un nuovo "articolo falso" per la mia protesta in diretta su Channel One o per i miei post contro la guerra e sui social media. Ma qualunque cosa accada, non mi tirerò indietro per le parole che ho detto. Nessuna forza può compromettere la mia coscienza. Chiamerò sempre la guerra con il suo nome. E quelli che hanno scatenato questo sanguinoso massacro sono dei criminali, che alla fine finiranno sul banco degli imputati del Tribunale internazionale».