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«In considerazione dello stato di avanzamento dell’iter di formazione della legge appare necessario un ulteriore rinvio dell’udienza, per consentire al Parlamento di completare i propri lavori». Così la Corte Costituzionale ha deciso di accogliere l’istanza dell’avvocatura dello Stato e rigettare quella discussa dalle avvocate Francesca e Giovanna Araniti, legali dell’ergastolano ostativo Francesco Pezzino, il caso di cui la Cassazione ha sollevato l’illegittimità costituzionale e recepita dalla Consulta con la scadenza fissata al 10 maggio. La Corte avrebbe dovuto dichiarare incostituzionale la preclusione assoluta della liberazione condizionale per chi non collabora con la giustizia. Ma ha deciso di dare altro tempo al Parlamento - rinvio all’8 novembre prossimo - per legiferare secondo l’orientamento dato dalla Consulta stessa. Si legge nell’ordinanza, che la Corte costituzionale, nell'esaminare l’istanza di rinvio delle questioni di legittimità costituzionale sull’ergastolo ostativo, presentata dalla presidenza del Consiglio per il tramite dell’Avvocatura dello Stato, nonché la richiesta di rigetto della parte privata costituita, entrambe discusse oggi in udienza pubblica, ha disposto il rinvio della trattazione all’udienza pubblica dell’8 novembre 2022. La decisione è stata presa - spiega l’ordinanza letta in udienza dal presidente dopo la camera di consiglio - considerato che la Camera ha approvato una proposta di legge ora all’esame del Senato e che, nella seduta del 4 maggio 2022, il presidente della commissione Giustizia di Palazzo Madama ha auspicato un nuovo rinvio dell’odierna udienza «per consentire la prosecuzione e la conclusione dei lavori di Commissione». Si afferma nell’ordinanza di rinvio che «permangono inalterate - le ragioni che hanno indotto questa Corte a sollecitare l’intervento del legislatore, al quale compete, in prima battuta, una complessiva e ponderata disciplina della materia, alla luce dei rilievi svolti nell’ordinanza n. 97 del 2021». Prosegue l’ordinanza che «proprio in considerazione dello stato di avanzamento dell’iter di formazione della legge, appare necessario un ulteriore rinvio dell’udienza, per consentire al Parlamento di completare i propri lavori». Tuttavia, «anche alla luce delle osservazioni della parte costituita, tale ulteriore rinvio deve essere concesso in tempi contenuti», conclude l’ordinanza, fissando all’8 novembre la data di trattazione delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Corte di cassazione, prima sezione penale. Quindi la Consulta ha concesso altro tempo al Parlamento per varare una riforma che rischia di aprire nuovi ricorsi di illegittimità costituzionale. Ricordiamo che la Corte costituzionale aveva rilevato incompatibile con la nostra carta, quella parte dell’articolo 4 bis che pone un divieto assoluto alla liberazione condizionale a chi non collabora con la giustizia. La riforma che il Parlamento si appresta a varare eleva vertiginosamente gli attuali limiti di pena per accedere al beneficio penitenziario nel caso di condanne per delitti “ostativi”: due terzi della pena temporanea e 30 anni per gli ergastolani. Non solo. La riforma, già passata alla Camera, elimina le ipotesi di collaborazione “impossibile” e “inesigibile”. Quest’ultimo punto rende di fatto nuovamente incostituzionale la legge. In sostanza, finora c’è la possibilità per rarissimi casi di ergastolani ostativi, di poter accedere ai benefici perché, solo per fare un esempio, l’organizzazione di appartenenza non esiste più e qualsiasi collaborazione con la giustizia non servirebbe. Oppure, altro esempio, l’ergastolano ha avuto una posizione talmente marginale nell’associazione mafiosa, che pur volendo collaborare non può visto la non conoscenza completa dei fatti. Eliminando tutto questo, va contro le indicazioni della sentenza costituzionale stessa che sancisce la differenza tra la mancata collaborazione per scelta con quella per impossibilità. Per fare un esempio, oggi Carmelo Musumeci, ex ergastolano ostativo completamente riabilitato, rimarrebbe ancora dentro.