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Una corsa ad ostacoli, ma alla fine, sulla riforma del Csm la ministra Marta Cartabia tira dritto, dribblando senza grosse difficoltà l’ostruzionismo di Italia Viva e la protesta della magistratura. Il voto in Commissione Giustizia alla Camera, ieri, ha registrato la netta opposizione dei deputati di Italia Viva Catello Vitiello e Cosimo Ferri, convinti, così come il leader del loro partito, che la riforma non sia risolutiva. «Non cancella il potere delle correnti, noi ci asterremo», aveva annunciato nel pomeriggio Renzi, mettendo però le mani avanti sulla tenuta della maggioranza. «Il governo va avanti, va avanti bene. C’è una guerra, ci sono i soldi del Pnrr, c’è da chiudere l’emergenza Covid. Poi su alcune cose non tutti sono d’accordo ma noi siamo assolutamente dalla parte di Mario Draghi - ha sottolineato -. Sulla Giustizia avevamo un governo con Conte, Casalino e Bonafede che era un governo dannoso. La riforma Bonafede faceva danni, la riforma Cartabia non è dannosa, produce grandi passi avanti, è una riforma inutile ma passerà perché sono tutti d’accordo. Noi vorremmo di più nel restituire ai cittadini la possibilità di credere nella magistratura però sempre meglio la Cartabia di Bonafede». E a garantire la stabilità erano stati anche Forza Italia e Lega, dopo il vertice di ieri mattina con Mario Draghi, che non ha affrontato il tema giustizia ma si è dimostrato disponibile ad apportare dei correttivi alla riforma del fisco, convincendo così i partiti di destra a ritirare le pregiudiziali sulla riforma. Proprio per tale motivo è stato solo un “brivido” la scelta della Lega, annunciata da Ingrid Bisa, di votare contro le indicazioni della maggioranza e del governo a favore di un emendamento di FdI, che introduceva una versione diversa, rispetto a quella concordata in maggioranza, della separazione delle funzioni. Una versione più affine al modello disegnato dai referendum promossi dal Carroccio e per tale motivo impossibile da bocciare per il gruppo di Salvini. Contrari, invece, tutti gli altri gruppi, compresa Forza Italia, che ha invece deciso di votare l’emendamento concordato, come spiegato da Pierantonio Zanettin. «Non lo abbiamo votato - ha spiegato - perché si tratta di una norma di principi e di delega e non immediatamente efficace, tanto è vero che era inserito nel primo articolo della pdl che indica le deleghe normative al governo. Noi invece abbiamo presentato una norma immediatamente efficace, come da emendamento all'articolo 10 da noi depositato, che se approvato entrerà in vigore al momento della promulgazione della legge». Dopo la bocciatura, il capogruppo della Lega Roberto Turri ha quindi annunciato il voto favorevole del suo gruppo all'emendamento di maggioranza. Per la deputata di FdI, Carolina Varchi, si è trattato di «un’occasione persa». Dopo la seduta notturna di martedì, il voto è ripreso ieri alle 16.30, con l’intento di andare avanti fino a chiudere la pratica e inviare così il testo questa mattina alle Commissioni Bilancio e Affari costituzionali per i pareri. Lo scopo è garantire l’approdo in Aula il 19 aprile, stesso giorno scelto dall’Anm per la convocazione del comitato direttivo centrale, dopo l’appello di tutte le correnti di indire uno sciopero contro la riforma. Richiesta che, ieri, è arrivata anche dal gruppo di Area, che ha parlato di «profili devastanti per l'indipendenza e l'autonomia della magistratura e provocherà danni ai cittadini che chiedono giustizia». La seduta ha registrato i ripetuti interventi di Ferri e Varchi, ma anche di Andrea Colletti, di Alternativa, e della magistrata Giusi Bartolozzi (Misto), che hanno di fatto rallentato i lavori, così come la scelta della Lega di proseguire con il ritiro delle proprie proposte articolo per articolo, in modo da poter decidere volta per volta se votare gli emendamenti delle opposizioni. A rendere farraginoso il percorso è stata anche la ripetuta riformulazione di diversi emendamenti della maggioranza alla ricerca di accordo. Ma le polemiche tra i vari pezzi di governo sono andate avanti anche a distanza. «Il M5S responsabilmente sta dando il proprio contributo per portare in porto questa riforma. È un atto di responsabilità lavorare tutti per raggiungere un compromesso, vedo che Iv si oppone, non vorrei che qualcuno volesse andare a votare al rinnovo del Csm con le vecchie norme - ha affermato il presidente del M5s Giuseppe Conte -. Siamo disponibili a un giusto compromesso anche sulle regole elettorali. Vogliamo una distinzione chiara e netta fra politica e magistratura, questo è un primo pilastro, come quello sul passaggio delle funzioni. L'importante è che il sistema sia equilibrato». Ma a replicare è stato Ferri, secondo cui «il sistema elettorale con la riforma Cartabia rafforza il peso correnti, ne sono tutti consapevoli; l'unica soluzione per discontinuità proposta è il sorteggio temperato, votata da 2000 magistrati al referendum indetto dall'Anm. Italia Viva è l'unica forza che ha proposto di cambiare le cose con la proposta del sorteggio temperato e ha aperto anche all'ipotesi di un sistema proporzionale puro su cui anche Pd e Cinque stelle avevano in parte dato qualche segnale. Si faccia raccontare bene le cose, e vedrà chi vuole veramente il cambiamento» . Tra gli emendamenti approvati nel pomeriggio di ieri quello che definisce le nuove norme per l'attribuzione degli incarichi direttivi e semidirettivi, che prevede, tra le novità, la pubblicità delle procedure di assegnazione degli incarichi, lo stop alle nomine a pacchetto e la procedura comparativa con l'audizione di tutti i candidati da parte della Commissione del Csm. Inoltre il governo ha fatto retromarcia sul requisito dei sei anni di permanenza prima di partecipare ad altro incarico direttivo o semidirettivo, tornando ai cinque anni chiesti da Italia Viva. Previste nuove norme per la valutazione delle attitudini e del merito e la previsione che in caso di parità di valutazione debba prevalere il genere meno rappresentato su base nazionale e distrettuale. Approvato, inoltre, l’emendamento del governo sul regime delle incompatibilità di sede, che è stato però attenuato. Allo stato attuale un magistrato è incompatibile con una sede se in essa il coniuge o un parente fino al secondo grado esercita la professione di avvocato, incompatibilità verificata «in concreto» sulla base di alcuni criteri. L'emendamento Cartabia prevede che tali criteri debbano essere tutti presenti per decretare l'incompatibilità. Ed è stato questo, nel momento in cui scriviamo, l’unico emendamento su cui Italia Viva si è astenuta, votando contro le altre proposte di modifica. L’intento della ministra di chiudere la faccenda è anche emerso dalla decisione di dare parere favorevole ad un subemendamento dei relatori Eugenio Saitta e Walter Verini che ha soppresso un emendamento dello stesso esecutivo, che modificava l'attuale legge sull'inamovibilità di sede del magistrato.