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Putin
Partiamo da un dato di fatto: il Partito di Putin in Italia è quello più vasto, ampio e potente tra quelli esistenti nelle nazioni dell’Europa occidentale che fanno parte della Nato. Per questo serve una precisazione indispensabile subito per non alimentare confusione, distorsioni e caccia alle streghe: l’espressione “Partito di Putin” (molto usata a partire dai fatti d’Ucraina, ma già presente prima in Italia) è imprecisa e perfino depistante perché unifica fenomeni politici e culturali decisamente diversi.
“Il partito di Putin” in Italia comprende una vera e propria struttura organizzata, con mezzi economici, gruppi dirigenti e leader. Ha quadri operativi al suo servizio e personaggi che per quel partito lavorano consapevolmente sulla base di obiettivi da raggiungere e probabilmente a stretto giro con personaggi e personalità della politica e della cultura della Russia.
Guai a confondere questa struttura, cioè il vero “Partito di Putin”, con l’area politica e culturale originata dalla sedimentazione di fasi storiche in cui il rapporto tra l’Italia e la Russia è stato mediato dal sogno e dall’illusione dell’Ottobre rosso di Lenin. Il periodo in cui nel nostro paese si cantava “E noi faremo come la Russia…” naufragato una prima volta nell’ 89 del secolo scorso e definitivamente affondato con l’aggressione all’Ucraina di un mese fa.
In quest’area, ormai da decenni inquietata dalle dure repliche della storia, si sono ritrovate nel tempo componenti politiche e culturali di fenomeni distinti e diversi. C’è un pacifismo radicale di origine religiosa per ovvia e naturale sistemazione. Un’area di sofferenti coscienze cattoliche che in questi giorni hanno teorizzato la resa immediata degli ucraini come gesto eroico, coraggioso e di responsabilità per rispetto della sacralità di ogni singola vita umana: niente armi a quel paese attaccato dalla Russia e resa immediata per risparmiare più vite possibili. Insomma, il progetto e il sogno che accompagna e alimenta il lavoro per un disarmo reale e totale come quello che immagina e propone Papa Francesco che però non ha mai chiesto all’Ucraina di arrendersi a Putin. Ha invece concentrato la sua testimonianza e la sua disponibilità ad operare per una pace immediata. Un’area che può essere accusata di sbagliare. Che sembra ed a tratti è funzionale al partito di Putin con il quale, però, non ha nulla da spartire.
Mondo cattolico a parte, in quel blocco si sono ritrovati spezzoni politici e di opinione provenienti da altre culture, soprattutto del comunismo e del socialismo italiani dei decenni scorsi. Non bisogna mai dimenticare, nel valutare la varietà delle reazioni provocate dalla guerra di Putin, che italiano è stato il più robusto e longevo partito comunista dell’occidente. E' vero che Berlinguer confidò al giornalista Giampaolo Pansa di sentirsi più sicuro vivendo nell’area della Nato. Ma è anche vero che in molti non gli perdonarono quell’affermazione. La sinistra italiana, quella che ha radicalmente preso le distanze dalla Russia prima dell’ 89, cioè il Psi, è stata sempre una forza minoritaria. Il suo più importante leader del Novecento, Pietro Nenni, rigettò il premio Stalin solo dopo l’arrivo dei carri armati in Ungheria ( 1956).
Nel '64 quando si alleò con la Dc isolando comunisti perse quasi mezzo partito. Nacque il Psiup che quando altri carri armati russi spazzarono il tentativo di Dubcek in Cecoslovacchia (era il 1968), sostennero i russi. Aldo Agosti, storico della sinistra, sembra scrivere in anticipo una pagina del “Partito di Putin” quando ricorda “i cospicui finanziamenti che l’Urss assegnò al Psiup che incassò in 8 anni «2 miliardi e mezzo di lire dell’epoca», anche per condizionare il Pci (a lungo finanziato dai russi) «il quale proprio in quegli anni - aggiunge Agosti - accenna a muoversi secondo direttrici più autonome da Mosca». La destra, quella estrema, non ha mai subito il fascino dell’Urss. Ma quando la Russia ha buttato giù il partito comunista (il nemico!) e cancellato le statue di Lenin, chiudendogli qualsiasi ruolo in gran parte delle società contemporanee, la Russia è diventato un paese da guardare con attenzione e fiducia. E anche da questo mondo, che non fa parte del Partito di Putin, sono arrivati contributi al “Partito di Putin”».
Ma il vero e proprio “Partito di Putin”, che opera ovunque può, e particolarmente in Italia per le ragioni sovraesposte, è quello creato e pagato direttamente, o attraverso affari convenienti, dagli uomini di Putin. Lasciamo da parte la vicenda di Savoini e i pesanti coinvolgimenti di ambienti leghisti ancora al vaglio della magistratura. Ma fenomeni come la ricostruzione della nostra dipendenza energetica da Mosca è parte del racconto del partito di Putin.
La maglietta di Salvini e le diffuse dichiarazioni che da sempre vengono da una parte della Lega non sono necessariamente conseguenza della milizia nel “Partito di Putin”. Lo stesso si può dire delle imbarazzanti dichiarazioni seminate sulla Russia e su Putin da Beppe Grillo e Conte in passato ( e ormai muto da quando è scattata l’aggressione all’Ucraina). Ma sono evidenti i repentini passi indietro e l’imbarazzo e le difficoltà di alcuni rappresentanti di quei partiti nei decisivi della vita politica italiana, specie dopo la svolta impressa dalla guerra ucraina. E sempre più frequente è l’impressione che ogni volta che la politica del paese s’incontra con l’Ucraina molti leader di quei partiti sono prontissimi a marce indietro che rischiano di indebolire il nostro paese. Sono loro la vera struttura del partito di Putin.