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Spigarelli Valerio
In merito agli attacchi subiti in questi ultimi giorni dalla ministra Cartabia a causa del progetto governativo di riforma, abbiamo raccolto l'opinione dell' avvocato Valerio Spigarelli, past president dell'Unione Camere Penali Italiane.
Avvocato, per Gratteri è inaccettabile che gli avvocati possano votare nel Consigli giudiziari. Per lui questa previsione ha quasi l'odore della punizione. Come replicare?
Gratteri non è il solo a pensarla così. La contrarietà al diritto di voto è corale da parte della magistratura, fatta eccezione - ahimè - per magistrati che non sono più in servizio come Spataro e Canzio. Si tratta di un riflesso corporativo. Secondo loro il solo fatto che gli avvocati possano, all'interno del Consigli giudiziari, esprimere delle valutazioni sulla professionalità dei magistrati è un insulto. Si giustificano dicendo che un avvocato potrebbe vendicarsi per aver perso una causa o al contrario potrebbe sostenere il magistrato per ingraziarlo. Sono stupefatto dal tenore degli argomenti, che sottendono un'idea dell'avvocatura del tutto patologica, senza poter fornire alcun elemento concreto a sostegno.
Ma loro respingono anche l'idea di intermediazione del Coa. Secondo Michele Ciambellini (Unicost), il rischio di correntismo esiste anche all’interno dei Coa.
Dovrebbero evitare di dire certe cose. Il problema che ormai è noto a tutti è che proprio sulle valutazioni professionali dei magistrati sono intervenute le correnti interne alla magistratura, al di là del merito dei singoli magistrati. È davvero stupefacente addurre certe argomentazioni, dimenticandosi di quello che è successo fino a ieri. Tutto ciò si iscrive in una idea della magistratura come proprietaria della macchina giudiziaria, per cui gli estranei non sono ammessi; e all'interno di una visione degradante anche della figura sociale e professionale degli avvocati. Ed è ancora più sorprendente che certe valutazioni vengano estese persino all'istituzione pubblica che è il Coa. Eppure una recente sentenza della Corte Costituzionale in merito alla corrispondenza tra detenuti al 41 bis e avvocati ha stabilito che la presunzione di illegalità a carico dell'avvocato è inaccettabile.
Cos'altro ci dice tutto questo?
Che siamo in presenza di una ulteriore dimostrazione di quel riflesso proprietario che la magistratura italiana ha nei confronti dell'ordinamento giudiziario. Oggi (ieri, ndr) sempre Gratteri diceva che la magistratura è uno dei tre poteri dello Stato e che se un altro potere cerca di sopraffare l'altro ci perde la democrazia. Innanzitutto, semmai la magistratura è un ordine che amministra il potere giudiziario. Ma poi per troppi decenni siamo stati abituati all'idea che le riforme che riguardavano la magistratura avrebbero dovuto avere l'assenso della magistratura stessa. Ma non è affatto così. Semmai devono avere l'assenso della Corte Costituzionale una volta che sono state elaborate e qualcuno le ritenga contrarie alla Costituzione.
Qualche giorno fa ha fatto notizia, ma forse non troppo, la frase del Consigliere Cascini in merito agli illeciti disciplinari per i pm che violano la presunzione di innocenza. Ha parlato di “fucile sparato sui pm”. Che ne pensa?
Criticano la riforma perché metterebbe il bavaglio alle Procure. Proprio Cascini ha detto che i magistrati addetti alla procura di Milano non avrebbero potuto parlare di Mani Pulite se a quel tempo fosse stata in vigore la norma. Magari, dico io. Perché quella fu davvero una distorsione che è proseguita nel tempo: ossia il processo parallelo in cui le ragioni dell'accusa trovavano eco sulla stampa e avevano l'effetto primario di stritolare la figura dell'indagato. Su tutto questo ci sono state tante riflessioni, anche da parte dei magistrati, in numerosi convegni, in questi trent'anni, e molti ammettevano che il sistema, proprio sulla presunzione di innocenza era fuori dei binari costituzionali. Poi però quando, senza interpellare l'Anm, si prende carta e penna per costruire una norma che eviti, ad esempio, che l'indagato venga esibito come un trofeo di caccia durante una conferenza stampa, allora si aprono le cateratte del cielo e si invoca il diritto di informare da parte delle Procure. Ma il lavoro delle Procure è quello di indagare chi non rispetta la legge, non è mica quello di informare, a meno che non ci sia un pericoloso latitante in fuga o un farmaco che provoca deformazioni.
In generale sembra che la magistratura si stia mostrando molto conservativa rispetto alle proposte di riforma. Gli scandali sono stati già superati?
Non vedo nulla di diverso rispetto al passato, anche se l'immagine della magistratura è stata seriamente compromessa dai recenti scandali che vengono edulcorati da Anm che addossa la colpa a Palamara, o qualche altra eventuale “mela marcia”. Nel 2006, persino dinanzi ad una riforma straedulcorata come quella Castelli, si diceva che era scandalosa perché, mettendo mano all'ordinamento giudiziario, si ledevano l'autonomia e l'indipendenza della magistratura. Al di là del merito della riforma di cui si sta discutendo in queste ore - io per esempio non condivido il sorteggio come sistema elettorale del Csm - la magistratura dà sempre la stessa risposta: se il legislatore mette mano al nostro statuto - e da questo punto di vista la contrarietà alla separazione delle funzioni è significativo - noi ci opponiamo perché siamo noi che al massimo ci autoriformiamo.
Questa riforma non piace né alla magistratura né all'avvocatura e la politica è divisa. Allora perché la stiamo facendo?
L'esperienza passata, a partire dalle riforme abortite come la bicamerale o la riforma Castelli, ci dice che, al di là del naturale riflesso del legislatore che dinanzi a queste levate di scudi della magistratura è sempre pronto a genuflettersi, ci consiglierebbe di adottare strumenti più incisivi. Se noi vogliamo porre al centro il problema non soltanto della selezione della qualità della magistratura ma anche quello dell'architettura dell'ordinamento giudiziario dovremmo fare una riforma costituzionale, che è quello che ci si rifiuta di fare da anni e anni.
A partire dalla separazione delle carriere?
Certo ma non solo: riflettere anche sulla giustizia domestica dei magistrati, immaginare un'Alta Corte di Giustizia, prevedere un reclutamento laterale per concorso di avvocati e accademici. Insomma iniziare un percorso virtuoso che tenda ad eliminare proprio quel riflesso proprietario di cui sopra.
Ci vorrebbe un alto investimento politico.
Se non mette in campo una riforma di questo genere un Governo come questo, ossia con persone di altissimo profilo e con grande autonomia rispetto alle dinamiche politiche, finiremo nuovamente per ritrovarci con una politica “nana” o intimorita che non la farà mai.