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Nessuna richiesta di no-fly zone, nessun riferimento alla Nato, all’allargamento del conflitto o a un impegno militare diretto del nostro paese nello scenario ucraino. Ma neanche alla nostra resistenza armata contro il nazifascismo di 80 anni fa come molti si attendevano. La tappa italiana di Volodymyr Zelesky che ieri ha parlato davanti ai deputati e senatori riuniti a Montecitorio è stata senz’altro la meno “bellicosa” e probabilmente la meno ispirata. Di sicuro un intervento moderato tutto giocato sul registro della pace e della compassione. Paradossalmente il successivo discorso di Mario Draghi è stato molto più duro e risoluto nei confronti della Russia, rivendicando «l’indipendenza energetica da Mosca» e annunciando l’invio di nuove armi all’esercito ucraino. Parlando alle Assemblee di Germania, Inghilterra, Stati Uniti, Canada e Israele Zelensky aveva citato capitoli e personaggi importanti della Storia di quelle nazioni, pescando nella simbologia patriottica e nei “valori condivisi” della democrazia e chiedendo un coinvolgimento attivo per contrastare Vladimir Putin sul piano militare ed economico, lo avevano accusato di flirtare con l’apocalisse, di nichilismo di lavorare per lo scoppio della Terza guerra mondiale. Stavolta i tono sono decisamente più tranquilli. Anche di fronte alla Camera italiana Zelensky denuncia il capo del Cremlino e la sua guerra d’aggressione: «Questa è una guerra voluta da una sola persona che deve essere fermata, Putin vuole entrare in Europa, bisogna chiudergli quella porta».Ma con l’Italia decide di toccare altre corde, forse per via della nostra tradizione poco guerresca o semplicemente per il ridotto peso strategico delle nostre forze armate rispetto a paesi che dispongono di arsenali atomici come la Gran Bretagna, la Francia o gli Stati Uniti. Anche il ruolo del nostro governo all’interno dell’Ue, dall’inizio della crisi, è stato ridimensionato; lo stesso Draghi è uno stimato gestore di affari economici in tempo di pace ma non ha certo il profilo del condottiero militare. Da noi Zelensky vuole ottenere altro. Così nel suo discorso salutato dalla standig ovation di Montecitorio Zelensky ha messo al centro il dramma dei civili ucraini assediati e martellati dall’artiglieria russa in tante località, nei villaggi, negli agglomerati urbani; la città martire di questa guerra, come fu Sarayevo per la Bosnia, Grozny per la Cecenia, Aleppo per la Siria, è Mariupol, dove fin dall’inizio infuriano le battaglie più sanguinose con centinaia di migliaia di persone in trappola, i palazzi sventrati, i crateri nell’asfalto e sparatorie casa per casa: «A Mariupol non c’è più niente, solo rovine. Immaginate la vostra Genova completamente bruciata, dove gli spari non smettono neppure un minuto; immaginate da Genova la fuga di persone che scappano in pullman per stare al sicuro. Il prezzo della guerra è questo: 117 bambini uccisi». Perché Genova? Per la sua popolazione praticamente identica a quella di Mariupol (600mila abitantientrambe) per la sua posizione marina, una sul mar ligure l’altra sul mar di Azov e perché anche Genova venne bombardata durante la Seconda guerra mondiale. Zelensky ricorda di aver visitato diverse volte l’Italia e cita la nostra cultura dell’accoglienza, le migliaia di suoi concittadini oggi rifugioati qui i da noi, i nostri valori religiosi e il senso della comunità familiare simili a quelli ucraini: «Avete condiviso con noi il nostro dolore e aiutate di cuore gli ucraini che oggi si sono rifugiati da voi, con decine di bambini che ricevono cure nei vostri ospedali, gli ucraini lo ricorderanno sempre, il vostro calore, il vostro coinvolgimento e la vostra forza». E siccome fin dal medioevo noi italiani non siamo dei grandi soldati ma in compenso abbiamo fama di ottimi mercanti e la bottega ci si confà molto più della spada, Zelensky chiede al governo Draghi di inasprire le sanzioni contro la Russia di «chiudere i porti italiani agli yacht degli oligarchi che vengono in vacanza» e di «congelare i beni» come le ville che i tanti milionari russi possiedono in Italia. Richieste tutt’altro che estreme e che dimostrano quanto il presidente ucraino sappia sempre con chi ha a che fare.