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Pubblichiamo di seguito un estratto del libro La Russia di Putin, di Anna Politkovskaja (Edizioni Adelphi). Al momento in Russia ci sono due tipi di criminali di guerra. I loro misfatti hanno a che vedere con la seconda guerra cecena, iniziata nell’agosto del 1999 (con la nomina di Vladimir Putin a primo ministro da parte del presidente El’cin), durata per tutto il tempo del primo mandato presidenziale di Putin e tuttora in corso. I crimini di guerra hanno una caratteristica comune: l’ideologia più che la giustizia. Inter armas silent leges, come si suol dire: in tempo di guerra la legge tace. I colpevoli non sono stati condannati secondo la procedura giuridica determinata dalle leggi, ma in base alle folate dei venti ideologici che spiravano dal Cremlino in quel dato momento. Il primo tipo di criminali comprende coloro che in guerra ci sono effettivamente stati e hanno combattuto. Essi sono, da un lato, i militari russi che hanno partecipato alle cosiddette «operazioni antiterrorismo» in Cecenia, e dall’altro i guerriglieri ceceni sul fronte opposto. I primi hanno visto cancellati i propri misfatti. I secondi si vedono affibbiare ogni sorta di crimini. I primi vengono assolti dal sistema giudiziario anche in presenza di prove certe (e pure questo è un fatto raro, in quanto la procura si preoccupa raramente di raccogliere le prove della loro colpevolezza). I secondi ricevono condanne severissime. Il caso ‘russo’ più noto è quello del colonnello Budanov, comandante del 160° reggimento carristi del ministero della Difesa russo, che il 26 marzo del 2000 (giorno in cui il presidente Putin fu eletto)rapì, stuprò e uccise El’za Kungaeva, diciottenne cecena che viveva con i genitori nel villaggio di Tangi-Ču, alla cui periferia era temporaneamente di stanza il reggimento del colonnello Budanov. Il caso ‘ceceno’ più noto è quello di Salman Raduev. Celeberrimo comandante e generale di brigata responsabile di attacchi terroristici sin dalla prima guerra cecena, nonché a capo del cosiddetto «Esercito del generale Dudaev», Raduev venne catturato nel 2001 e condannato all’ergastolo; morì in circostanze mai chiarite nella prigione di massima sicurezza di Solikamsk (nota città ‘penitenziaria’ degli Urali, nella regione di Perm’, dove si trovano delle miniere di salgemma; sin dai tempi degli zar è stata luogo di deportazione ed esilio per molte generazioni di russi). Raduev era il simbolo del guerriero indomito che combatte per l’indipendenza della Cecenia. Processi come il suo sono eccezioni, e di norma si svolgono a porte chiuse, così da non lasciar trapelare informazioni all’esterno (anche se il motivo di una tale scelta resta oscuro). È capitato – anche se raramente, in segreto e con grande fatica – di poter visionare i materiali processuali contro i guerriglieri, ed è risultato che si trattava di processi ideologici ‘al contrario’: i crimini venivano ascritti senza curarsi di trovare le prove. «Condannare sempre e comunque», questo il principio da 2seguire.