Il nuovo saggio di Cassese: «In Italia i pm si sono spinti oltre la Costituzione»
Il costituzionalista: «Quello che la Costituzione definisce «ordine» è divenuto «potere». Al compito di dare giustizia si affianca quello di predicare le virtù»
25 febbraio, 2022 • 11:53
PHOTO Cassese
Pubblichiamo stralci del nuovo saggio del costituzionalista Sabino Cassese «Il governo dei giudici» (ed. Laterza) in uscita il 3 marzo 2022. «L’indipendenza è divenuta autogoverno. Familismo ed ereditarietà hanno aumentato separatezza e autoreferenzialità. Ci si attendeva razionalità e si è avuto populismo giudiziario. Ci si attendeva giustizia e si sono avuti giustizieri».
Charles-Louis de Secondat, barone di La Brède e di Montesquieu, scrisse il suo famoso libro nel 1748. Era nato ne11689 e morì ne11755. Visse, quindi, per 26 anni sotto il regno del Roi Soleil, Luigi XIV, che durò 72 anni. In quel tempo si rese conto che chi ha il potere è portato ad abusarne. Nel capitolo 6 del libro XI della sua opera illustrò la separazione dei poteri perché «il potere potesse limitare il potere». Influenzato da Montesquieu, il costituente americano Alexander Hamilton scrisse che il potere giudiziario è il meno pericoloso perché non controlla le forze armate e il bilancio. Quella separazione dei poteri è ora tradita, come è stato osservato, dall'espansione del potere giudiziario in Italia, «una società amministrata dalla giustizia penale», che ha «l'ambizione alla popolarità» ed è circondata da un «alone mediatico». Di qui una «crisi di effettività e di autorevolezza della giurisdizione», alimentata anche dal «dato inconfutabile della irragionevole durata del processo italiano», nonché «da deprecabili episodi di illegittima diffusione di dati lesivi della dignità e riservatezza e della presunzione di innocenza della persona». Dinanzi a questo fenomeno, gli italiani si sono divisi tra i cosiddetti giustizialisti e i cosiddetti garantisti. *** L'Eurobarometro segnala l'Italia tra i Paesi in cui l'indipendenza del sistema giudiziario è considerata negativamente e indica che il grado di fiducia dei cittadini nel sistema giudiziario è del 37% mentre per la polizia e l'esercito è al 64%. Questa analisi ha mostrato che il governo dei giudici in Italia ha assunto caratteristiche diverse rispetto ad altri Paesi perché è più pervasivo. La magistratura è più presente nello spazio pubblico e meno capace di dare giustizia, ma si sente investita della delega sociale al controllo della virtù e si vale di un'opinione pubblica sensibilizzata, per utilizzare il naming and shaming. Le procure hanno maggiori poteri. II corpo politico è recessivo, anche se, talora, strumentalizza la magistratura. La macchina della giustizia italiana è inadeguata a far fronte all'esplosione del diritto degli ultimi decenni e lascia la crescente domanda di giustizia insoddisfatta. Le cause iscritte e quelle pendenti sono troppe. La durata media dei processi è tra le più alte in Europa. Per questo, l'Italia è continuamente sanzionata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, la fiducia degli italiani nell'affidabilità del ricorso alla giustizia è nettamente inferiore alla media europea, la maggioranza degli italiani è convinta che i giudici non siano imparziali, molte multinazionali sono restie dall'investire in Italia. Questa situazione ha gravi conseguenze sull'intero sistema istituzionale e sui rapporti tra Stato e cittadino. *** Nell'attività rivolta all'esterno sono continue le interferenze della minoranza rumorosa con l'attività normativa dell'altro corpo dello Stato, quello legislativo, interferenze rafforzate da continui «appelli al popolo» in nome dell'onestà e di altre virtù. Simmetricamente, si registra una progressiva resa dell'autorità politico-legislativa al corpo dei magistrati (specialmente a quelli dell'accusa), resa che si sostanzia nella riduzione del perimetro dell'immunità riservata in origine dalla Costituzione ai parlamentari, in un allargamento legislativo del perimetro del diritto penale (ad esempio, con la creazione di nuove figure di reato) e in una tendenza del potere esecutivo e del presidente della Repubblica a disinteressarsi dell'organizzazione e del funzionamento della magistratura e della gestione del relativo personale. Quello che la Costituzione definisce «ordine» è divenuto «potere». Al compito di dare giustizia si affianca quello di predicare le virtù. In conclusione, l'ordine giudiziario ha acquisito un ruolo diverso da quello prefigurato nella Costituzione. Nel 1948, si pensava a un corpo che amministrasse la giustizia, difeso da possibili interventi esterni, grazie alla sua indipendenza. Domanda di giustizia, debolezze del corpo politico, interesse di quest'ultimo a sfruttare l'indipendenza della magistratura, chiusura corporativa hanno, invece, modificato la «Costituzione materiale»: la magistratura ha fatto nello stesso tempo troppo poco e troppo.