Su 1968 detenuti presenti nelle dieci carceri sarde, solo 1014 risultano residenti nella regione. Sono
gli ultimi dati evidenziati da Maria Grazia Caligaris di “Socialismo Diritti Riforme”. Una fotografia che sembra confermare ancora una volta la condizione di una Sardegna “isola carcere” nel Mediterraneo. Il problema è sempre lo stesso. Come già osservato nei vari rapporti del Garante nazionale delle persone private della libertà, la Sardegna si caratterizza per un numero elevato di Istituti di pena, superiore alle esigenze territoriali. Ciò comporta il trasferimento sull’isola di un elevato numero di ristretti provenienti da altre regioni.
C'è la sostanziale rinuncia al principio che la pena sia eseguita in modo tale da non recidere il rapporto con il proprio ambito affettivo e relazionale
La scelta dell’Amministrazione penitenziaria di utilizzare, date le complessive condizioni di sovraffollamento nel territorio nazionale, tutti i posti disponibili, ha comportato la sostanziale rinuncia al principio che vuole che la pena sia eseguita, salvo eccezioni riferibili a contesti criminali diffusi in un dato territorio, in modo tale da non recidere il rapporto con il proprio ambito affettivo e relazionale; principio delineato sia dall’articolo 42 dell’ordinamento penitenziario relativo ai trasferimenti, sia dalla regola 17.1. delle Regole penitenziarie europee. Tale situazione comporta
pesanti ricadute negative sulla possibilità di mantenere le relazioni familiari con i propri cari, costretti a lunghi e costosi viaggi per fare i colloqui. Anche se attualmente, grazie anche alla pandemia, c’è stata una riduzione del “danno” attraverso l’utilizzo delle videochiamate.
Il 2022 fa registrare fin dal primo mese un aumento di ristretti nelle carceri della Sardegna
Il problema, però, rimane. La Sardegna è, di fatto, una “isola carcere”. Non solo. Da tempo, è stato scelto di trasferire e concentrare nelle strutture detentive dell’isola un gran numero di persone detenute in regime di Alta sicurezza, nonché un numero consistente di coloro che sono
detenute in regime di 41 bis. A questo si aggiunge il sovraffollamento. Maria Grazia Caligaris di Socialismo Diritti e Riforme, osserva che il 2022 fa registrare fin dal primo mese un aumento di ristretti nelle carceri dell’isola. «
In un mese – sottolinea l’esponente - sono passati da 1968 a 2000 con due strutture penitenziarie in sofferenza. Si tratta di Case di Reclusione destinate a detenuti dell’Alta Sicurezza prevalentemente ergastolani. Nello specifico Oristano-Massama (272 presenze per 259 posti) e Tempio Pausania (171 per 170) oltre il limite regolamentare. In un momento in cui il Covid continua a dilagare con quarantene per tutto il personale e chiusura delle attività trattamentali e in parte dei colloqui, anche i numeri “piccoli” non lasciano tranquilli». Altro dato rilevante, è la questione anagrafica. «Oltre il 50% (1013) ha un’età compresa tra i 45 e gli oltre 70 anni. Il 35 % invece dai 18 e i 44 anni. Lasciano perplessi i dati posti agli estremi.
Sono infatti 4 (1 straniero) i giovani tra i 18 e i 20 anni nelle carceri sarde e 54 (2 stranieri) quelli che hanno superato i 70 anni. Situazioni limite – denuncia Caligaris – che avrebbero necessità di un approfondimento che potrebbe chiarire le circostanze della loro permanenza dietro le sbarre».