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Cassese
«Ci si è allontanati molto dalla Costituzione con il primo decreto del Presidente del Consiglio, ma poi l'errore è stato corretto. Ora ci troviamo in una situazione difficile, perché il codice della protezione civile prevede che l'emergenza possa durare un massimo di due anni. Li abbiamo superati soltanto grazie al fatto che la penultima dichiarazione di emergenza è stata fatta con un decreto legge invece che con una deliberazione del Consiglio dei ministri, e quindi il decreto legge ha modificato, sia pure per questa sola emergenza, il codice della protezione civile». Pensieri e parole del costituzionalista, Sabino Cassese, in un'intervista rilasciata al quotidiano "Giorno", tra i possibili candidati al Colle, prima che il Parlamento optasse per la riconferma di Sergio Mattarella. Cassese spiega i motivi per i quali l'Italia dovrebbe uscire dallo stato d'emergenza. «Ci sono due motivi: Uno è quello di finire di fare ricorso alla dichiarazione di emergenza prevista dal codice della protezione civile. L'altro è quello, più generale, di terminare di usare strumenti straordinari per una situazione che ormai ha acquisito le caratteristiche della ordinarietà. Detto questo, il primo motivo per il quale si fa ricorso all'emergenza è il seguente: in Italia siamo maestri nel costruire procedure complicate e intrecci inestricabili, per superare i quali bisogna ricorrere a strumenti straordinari (di qui la mia proposta di tagliare a monte i nodi che impediscono una spedita azione amministrativa, per evitare poi di dover ricorrere alle scorciatoie). Il secondo motivo è costituito dal fatto che il codice della protezione civile consente azioni straordinarie e decisioni rapide non permesse dalla legislazione ordinaria». Secondo Cassese, inoltre, gli italiani non si sono abituati all'emergenza, ma vogliono tornare alla normalità, riprendendo la loro libertà. «Non ci siamo abituati e non dobbiamo abituarci. La Costituzione, in materia di limitazione dei diritti, è molto chiara e molto chiara ne é l'interpretazione della Corte costituzionale, che è basata principalmente sul criterio della proporzionalità. Quando le compressioni delle libertà sono sproporzionate sono illegittime».