La Corte costituzionale
dichiara inammissibili le questioni sollevate dal Gip del Tribunale di Tivoli a proposito della disciplina sulle residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (Rems), ma nel contempo chiede al legislatore di procedere, senza indugio, a una complessiva riforma del sistema.
Circa 700 persone sono in attesa di trovare collocazione in una Rems
Il problema principale esaminato è il discorso delle persone, molte delle quali trattenute in carcere, che sono in attesa di essere trasferite presso le Rems. La Consulta, ricordiamo, ha esperito una istruttoria che ha rilevato dati significativi. Un numero di persone almeno pari a quelle ospitate nelle 36 Rems allo stato attive – più in particolare un numero compreso tra le circa 670 (secondo i calcoli del ministero della Salute e della Conferenza delle Regioni e della Province autonome) e le 750 persone (secondo i calcoli del ministero della Giustizia) – è, oggi, in attesa di trovare una collocazione in una Rems, nella propria regione o altrove.
La permanenza media in una lista d’attesa è pari a circa dieci mesi; ma in alcune Regioni i tempi per l’inserimento in una Rems possono essere assai più lunghi. Le persone che si trovano in lista d’attesa sono spesso accusate, o risultano ormai in via definitiva essere autrici, di reati assai gravi – tra gli altri, maltrattamenti in famiglia, atti persecutori, violenza sessuale, rapina, estorsione, lesioni personali e persino omicidi, tentati e consumati.
Nella sentenza della Consulta si evidenziano due linee di pensiero
La sentenza della Consulta redatta dal giudice Francesco Viganò, rivela che ci sono due linee di pensiero circa la
risoluzione del problema. In sostanza da una parte c’è il ministero della Giustizia che ascrive l’esistenza di lunghe liste d’attesa principalmente all’insufficienza complessiva dei posti letto disponibili e all’assenza di soluzioni alternative sul territorio in grado di salvaguardare assieme le esigenze di salute del singolo e di sicurezza pubblica. Mentre c’è il ministero della Salute, unitamente alla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, che ascrive il problema a un eccesso di provvedimenti di assegnazione alle Rems da parte dell’autorità giudiziaria in conseguenza di una diffusa mancata adesione al nuovo approccio culturale sotteso alla riforma.
Le liste di attesa per le Rems creano un deficit di tutela dei diritti fondamentali
Resta il fatto che la lista d’attesa crea un deficit di tutela dei diritti fondamentali.
Per la Consulta risulta chiaro che la soluzione non può essere quella dell’assegnazione in soprannumero delle persone in lista d’attesa alle Rems esistenti: un simile rimedio – secondo la Corte Costituzionale - finirebbe soltanto per creare una situazione di sovraffollamento di queste strutture, snaturandone la funzione e minandone in radice la funzionalità rispetto ai propri scopi terapeutico-riabilitativi. «Ed è altresì evidente – si legge sempre nella sentenza - che l’alternativa non può essere quella di collocare provvisoriamente in istituti penitenziari queste persone, le quali necessitano di terapie e di un percorso riabilitativo che il carcere non è in alcun modo idoneo a fornire». La Corte, a tal proposito, sottolinea che, a fronte anche della comunicazione al governo italiano di vari procedimenti pendenti avanti alla Corte EDU (uno dei quali ora definito con la sentenza “Sy contro Italia”) promossi da persone affette da patologie psichiatriche detenute in strutture penitenziarie, la relazione dei ministri della Giustizia e della Salute e della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ha dato atto dell’impegno congiunto di tutti gli attori istituzionali coinvolti a eliminare al più presto queste situazioni, suscettibili di dar luogo a loro volta a intollerabili violazioni dei diritti fondamentali delle persone interessate.
La Corte costituzionale: affrontare senza indugio il problema delle liste d’attesa
Che fare dunque? La Consulta ammonisce che il problema delle liste d’attesa esige, piuttosto, di essere affrontato senza indugio – sulla base di adeguati finanziamenti da parte dello Stato e delle autonomie territoriali – attraverso le differenti strategie prospettate nella loro relazione dagli stessi ministeri della Giustizia e della Salute e dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome; strategie miranti a ridurre gradatamente, sino ad azzerare, l’attuale divario tra il numero di posti disponibili e il numero dei provvedimenti di assegnazione. «E ciò – sottolinea sempre la Corte - mediante l’articolata gamma di interventi già indicati dai diversi attori istituzionali». Ovvero, dalla valorizzazione e potenziamento delle alternative terapeutiche per la salute mentale esistenti sul territorio, sì da contenere il più possibile la necessità di ricorrere ai provvedimenti custodiali nelle Rems, a iniziative dirette alla definizione di standard condivisi nella scelta della misura più appropriata in relazione alla situazione clinica e alla pericolosità sociale dei singoli interessati. «Sino – aggiunge la Consulta - eventualmente alla realizzazione di nuove Rems, laddove se ne evidenzi l’imprescindibilità per far fronte a una domanda che si rivelasse non ulteriormente riducibile». Altra indicazione data dalla Consulta, è l’esigenza – ai sensi dell’articolo 110 della costituzione – di assicurare una esplicita base normativa allo stabile coinvolgimento del ministero della Giustizia nell’attività di coordinamento e monitoraggio del funzionamento delle Rems esistenti e degli altri strumenti di tutela della salute mentale attivabili nel quadro della diversa misura di sicurezza della libertà vigilata, nonché nella programmazione del relativo fabbisogno finanziario, anche in vista dell’eventuale potenziamento quantitativo delle strutture esistenti o degli strumenti alternativi.
I giudici costituzionali: va completata la riforma che ha superato gli ex Opg
Dalla sentenza della Corte costituzionale emerge il fatto che va completata la riforma che ha superato gli ex ospedali psichiatrici giudiziari. Non a caso indica anche di potenziare delle alternative terapeutiche per la salute mentale esistenti sul territorio, in maniera tale da contenere il più possibile il ricorso dei giudici alle Rems. Però
Il Dubbio segnala un problema: si rischia che il Parlamento opti per la soluzione più “semplice”, ovvero quella di costruire più Rems. Così si finisce come il discorso delle carceri: risolvere il sovraffollamento puntando esclusivamente sull’edilizia. Ciò è fallimentare. Come è stato sempre ribadito su queste pagine de
Il Dubbio, le Rems sono state concepite per essere l’ultima soluzione. Una soluzione c’è. Ricordiamo che da quasi un anno giace in Parlamento la proposta di legge a firma del deputato di + Europa Riccardo Magi. Parliamo di una riforma radicale dove l’idea centrale è quella del riconoscimento di una piena dignità al malato di mente, anche attraverso l’attribuzione della responsabilità per i propri atti. Tutto ciò, accompagnato dal superamento del doppio binario, residuo del codice fascista Rocco.