«Durante gli anni dietro le sbarre ce l’ha messa tutta per essere una persona migliore una volta uscito dal carcere. Ma ad attenderlo non c’era una seconda possibilità, ma una volante che lo accompagnava a un
centro per il rimpatrio (Cpr)». È una delle tante testimonianze riportate dal
report elaborato dalle ong Arci Porco rosso, Borderline Europe e Alarmphone, che individua un problema enorme di tanti detenuti stranieri: una volta scontata la pena, passano direttamente ai Cpr.
Spesso hanno bisogno di assistenza legale specifica
È frequente il fatto che i detenuti stranieri, per ogni tipo di reato, vengono trasferiti nei Cpr a fine pena. Il report spiega che le difficoltà sono legate alla specializzazione degli avvocati che difendono queste persone. Spessissimo, l’unico difensore con cui un detenuto si interfaccia è un avvocato che si occupa per lo più degli aspetti penali. I detenuti stranieri, però, necessitano di un’assistenza legale anche
per la richiesta di protezione internazionale e per il permesso di soggiorno e di un difensore che sia pronto a intervenire e a partecipare a eventuali udienze in caso di detenzione amministrativa nei Cpr. Gli estensori del report hanno rilevato che gli avvocati penalisti spesso non seguono i loro assistiti dal punto di vista amministrativo: perché non ne hanno le competenze, oppure perché hanno perso i contatti con loro non appena la condanna è diventata definitiva.
Alcune carceri hanno creato un iter abbastanza agevole per la richiesta di protezione internazionale
Il problema a monte è costituito dalla diversità di prassi seguite nelle diverse carceri: se la richiesta di protezione viene presentata durante il periodo di detenzione,
c’è una possibilità che venga applicata la procedura accelerata senza una vera possibilità per l’avvocato di preparare bene il richiedente per l’audizione davanti la Commissione Territoriale. D’altro canto – evidenza il report -, se la domanda viene presentata solo dopo la scarcerazione, il richiedente arriva al giorno di uscita senza un permesso di soggiorno in mano e può essere portato in Cpe, oppure lasciato in strada con una notifica di respingimento differito. Alcune carceri – come quelle di Catania e Palermo – nel tempo hanno creato un iter che permette di manifestare la volontà per chiedere accedere alla protezione internazionale in modo abbastanza agevole. Mentre
altri istituti penitenziari non sanno come accettare e procedere con le richieste asilo, anche quando i detenuti stessi cercano di presentare la domanda alla matricola.
Il caso emblematico di un migrante trattenuto al Cpr di Potenza
Il report di Arci Porco rosso, Borderline Europe e Alarmphone riporta un caso emblematico. Si tratta di A., un migrante attualmente trattenuto al Cpr di Potenza. Entrato in Italia a fine 2017 e condannato per favoreggiamento all’ingresso clandestino, è stato portato in Cpr lo stesso giorno della sua scarcerazione dal carcere di Siracusa, nonostante abbia parenti regolarmente soggiornanti nel territorio italiano e abbia manifestato la volontà di chiedere asilo prima dell’uscita. Il trattenimento all’interno del Cpr è stato convalidato non solo sulla base della condanna, ma anche perché il trattenuto non ha presentato la domanda precedentemente negli anni della sua detenzione. Come il report ha evidenziato, ci possono essere vari motivi per i quali la domanda non è stata presentata prima, inclusi gli ostacoli del carcere stesso.
Il problema riguarda anche i detenuti stranieri regolari
Come
Il Dubbio già denunciò, il problema riguarda anche i detenuti stranieri regolari. «Come si può parlare di reinserimento quando a noi, durante la detenzione, scade il permesso di soggiorno e, una volta usciti, finiamo nella clandestinità?». È stata una delle tante domande che i detenuti posero ai giudici della Consulta nel film di Fabio Cavalli sul “Viaggio nelle carceri della Corte Costituzionale”. La difficoltà di rinnovare il permesso di soggiorno durante il periodo di detenzione, è uno dei tanti ostacoli che si trovano di fronte i detenuti immigrati. Per questo motivo occorre, da una parte, consentire al cittadino straniero titolare di permesso di soggiorno di poter richiedere il rinnovo del suo documento proprio durante il trattenimento nell’istituto penitenziario, ma soprattutto bisogna metterlo nelle condizioni di venire a conoscenza dei propri diritti e doveri.
In passato il rinnovo dentro il carcere era più facile, perché avveniva attraverso l’opera degli educatori e degli agenti dell’ufficio matricola del carcere: successivamente questa pratica è stata di fatto inibita, rendendo quindi tutto più difficile. Il detenuto deve affrontare tutto ciò da solo, soprattutto con il numero ridotto di mediatori culturali e altre figure importanti per garantire i diritti dei soggetti più vulnerabili.