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Maria Masi diritto avvocati
Le norme per accedere in Tribunale, valide anche per gli avvocati muniti di green pass base, hanno provocato non poca confusione. I vertici degli uffici giudiziari hanno lavorato nello scorso fine settimana per interpretare le norme di nuova attuazione - ne sono usciti due orientamenti - e garantire la migliore organizzazione degli ingressi nei Tribunali ed il regolare svolgimento delle attività. Ma da dove è nato il caos? Prima di tutto dall’affastellarsi di leggi del 2021 e dell’inizio di quest’anno. Altro che “volto amichevole” dello Stato, sempre più impegnato a parlare una meta-lingua nei confronti dei propri cittadini per dirla con le parole di Sabino Cassese. L’intervento del Consiglio nazionale forense e dell’Organismo nazionale forense non si è fatto attendere. In una lettera inviata alla ministra della Giustizia, Marta Cartabia, al Capo di Gabinetto della ministra e al Capo dell’Ufficio legislativo di via Arenula i vertici dell’avvocatura hanno rimarcato l’esigenza di chiarire con urgenza il contenuto del d.l. n. 1/2022, che prevede l’obbligo per i difensori di esibire le certificazioni verdi Covid-19 per entrare in Tribunale. La richiesta è precisa: la redazione di una nota interpretativa della ministra della Giustizia che individui la data di entrata in vigore dell’obbligo per i difensori al «1° febbraio 2022, o dalla data di efficacia del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, se diversa». Come detto, la confusione è stata generata da una diversa interpretazione delle norme, provocata da una chiarezza che il legislatore sta perdendo per strada in questo periodo di emergenza sanitaria. «In ragione della complessa esegesi di norme che non si lasciano apprezzare per chiarezza e tecnica normativa – evidenziano la presidente del Cnf, Maria Masi, e il coordinatore Ocf, Giovanni Malinconico -, alcuni Capi ufficio giudiziari hanno ritenuto vigente l’obbligo fin da sabato 8 gennaio, giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta ufficiale. Al contrario, in coerenza con la lettera del pur complesso disposto normativo, e soprattutto in ossequio al principio di ragionevolezza, non possono sussistere dubbi circa la sussunzione dell’ipotesi nel disposto dell’art. 9-bis, c. 1-bis lett. b del d.l. n. 52/2021 come modificato dal d.l. n. 1/2022 che disciplina, tra l’altro, l’accesso ai pubblici uffici e, dunque, anche ai Tribunali. Tale previsione subordina l’entrata in vigore dell’obbligo all’adozione (o testualmente “all’efficacia”, sic!) di un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato su proposta del ministro della Salute, d'intesa con i Ministri dell'economia e delle finanze, della giustizia, dello sviluppo economico e della pubblica amministrazione, volto ad individuare gli specifici settori per i quali l’obbligo non sussiste, trattandosi di “servizi ed attività” “necessari per assicurare il soddisfacimento di esigenze essenziali e primarie della persona”». A determinare il corto circuito l’incrocio tra le norme contenute nel decreto legge 52/2021 e nel decreto legge n. 1 di quest’anno. «Vero è – scrivono i vertici di Cnf e Ocf - che altra disposizione del d.l. n. 52/2021, come modificata dal d.l. n. 1/2022, regola nello specifico l’obbligo di esibizione di certificazione verde (tra l’altro) per i difensori, le parti e i testimoni, senza disporre norme speciali circa l’entrata in vigore, ma tale disciplina non può essere avulsa dal contesto normativo generale appena dettagliato. Con la modifica dell’articolo 9-sexies del d.l. 52/2021, difatti, si è operata con fonte legislativa primaria la scelta di esonerare in ogni caso parti e testimoni dall’obbligo di certificazione verde il quale è, al contrario, esteso a difensori, consulenti, periti e altri ausiliari del magistrato estranei alle amministrazioni della giustizia. Resta affidata, dunque, alla fonte regolamentare, che non a caso vede il coinvolgimento del ministero della Giustizia, la selezione di specifiche materie in cui la necessità di “assicurare il soddisfacimento di esigenze essenziali e primarie della persona” possa esonerare anche difensori e ausiliari dall’obbligo di possesso ed esibizione (si pensi alla tutela cautelare urgente)». In questo contesto vanno preservati i diritti costituzionalmente garantiti. Gli avvocati, da Nord a Sud, si interrogano sulla linearità ed incisività delle norme che si susseguono. Vinicio Nardo, presidente del Coa di Milano, ritiene che il decreto legge sia stata scritto malissimo. «Sulla base di una interpretazione meno letterale ma più logica – afferma - la data del 1 febbraio sarebbe quella dell’entrata in vigore dell’obbligo del green pass per gli avvocati. Sarebbe stato utile per organizzare al meglio il lavoro. I procuratori generali che si sono arrogati l’ingrato compito di gestire la sicurezza degli ingressi hanno cercato una linea comune, senza trovarla, con una serie di situazioni di applicazione a scacchiera della normativa. A Milano, dove gli afflussi sono sempre alti, occorre attrezzarsi per le strutture di controllo. Auspico che il ministero della Giustizia emani una circolare interpretativa della legge per chiarire l’intero contesto. La vicenda ha dei risvolti di politica giudiziaria. Secondo me, questa normativa è anche preoccupante nel merito perché crea un brutto precedente: la frattura tra il cliente e l’avvocato. O entrambi hanno l’obbligo del green pass oppure se non è richiesto alla parte non deve essere neppure richiesto all’avvocato. Non si può pensare di avere la possibilità di un rappresentato senza un rappresentante. È un tema molto di principio, poco pratico. Però i principi sono quelli che quando si infrangono in situazioni di emergenza poi creano dei precedenti utilizzabili in altre situazioni. Siamo in una fase in cui, per l’emergenza sanitaria, c’è un pericolo di spersonalizzazione della difesa, per esempio con la cartolarizzazione e le udienze a distanza, e occorre stare molto attenti. Se avessero stabilito il green pass per tutti, anche per le parti e i testimoni, non ci sarebbe stato niente da ridire. L’avvocato deve seguire le sorti del cliente. Deve essere la fotocopia del cliente non del magistrato. Il magistrato è un funzionario di Stato e risponde allo Stato. L’avvocato è un libero professionista e risponde al cliente». Ferdinando Izzo, presidente del Coa Matera comprende lo smarrimento di chi, ieri mattina, senza nemmeno aver avuto il tempo per fare un tampone, «si è visto vietato l’accesso ai Palazzi di Giustizia mentre si sta recando a svolgere la propria funzione e si sente affermare che questo non è considerato un legittimo impedimento». «La norma draconiana dettata dal legislatore – commenta Izzo -, nell’interpretazione adottata dalla maggioranza degli Uffici Distrettuali, purtroppo, non prevede nemmeno ventiquattr’ore di moratoria. La logica della botte piena e della moglie ubriaca non può essere seguita quando si discute di diritti costituzionalmente garantiti. Ben venga un accesso controllato ai luoghi di giustizia, ma non sia fissato da un giorno all’altro senza un minimo di preavviso. Significa privare la parte del diritto di scegliere il proprio difensore e, per questo, il diritto di avere il tempo minimo per adeguarsi. E poi? Una volta entrati nelle aule cosa succede? Assembramenti e calca di avvocati, parti, testimoni, consulenti. Come se il COVID lo si combattesse solo sulla soglia della porta di ingresso. Spero che ognuno sappia assumersi le proprie responsabilità, in un momento in cui la confusione regna sovrana ed elide i pochi risultati positivi che si potrebbero ricavare da norme ponderate e coerenti. La tutela della salute prevalga anche sugli interessi economici del PNRR. Si adottino le cautele per un più sicuro accesso agli uffici ma si ritenga legittimo l’impedimento di chi non possa accedervi, sia pure per il limitatissimo tempo necessario a mettersi in regola. Non si scherzi con l’articolo 24 della Costituzione». La presidente del Coa di Lamezia Terme, Dina Marasco, non nasconde preoccupazione e si rivolge direttamente al presidente del Consiglio Draghi e alla ministra Cartabia. «Da ieri mattina – evidenzia - si accavallano le molteplici interpretazioni sulla data di decorrenza dell’obbligo di greenpass per accedere agli uffici giudiziari per gli Avvocati. Fior di legali e di capi di palazzi di giustizia hanno desistito dalle solite occupazioni del sabato mattina per dare il loro contributo all’acceso dibattito che corre sul filo delle chat giudiziarie. Anche le testate giornalistiche riportano interpretazioni contrastanti: decorrenza immediata, 1 febbraio, 15 febbraio. Siamo in Italia, la culla del diritto, il Paese che crede di poter cambiare la società e il volto della giustizia con i fondi del Pnrr. Mi chiedo e chiedo alla ministra della Giustizia, al presidente Draghi e a tutti gli organi istituzionali, dove si intende andare e cosa si intende realizzare se non si pensa prima a rimuovere queste tecniche legislative bizantine e oscure, che hanno l’unico micidiale effetto di minare la certezza del diritto e aumentare la confusione del cittadino». Nel Tribunale di Padova, come riferisce il presidente del Coa patavino, Leonardo Arnau, si sono svolti controlli a campione. «A Padova – riferisce Arnau - la Presidente del Tribunale ha disposto, anche per i difensori, il controllo del green pass, aderendo alla tesi dell’immediata entrata in vigore (a far data dall’8 gennaio) della disposizione contenuta all’art. 3 comma 1 lettera B del D.L. n. 1 del 7 gennaio 2022 , che ha esteso l’obbligo di esibizione, per l’accesso agli uffici giudiziari, anche “ai difensori, ai consulenti, ai periti e agli altri ausiliari del magistrato estranei alle amministrazioni della giustizia”. Si tratta, prevalentemente, di controlli “a campione” e non ci è stata segnalata alcuna criticità, né dall’autorità giudiziaria, né da parte dei colleghi. Non possiamo dimenticare che la legislazione emergenziale introdotta lo scorso settembre, prevedeva già, per tutti i professionisti, inclusi gli avvocati, l’obbligo di essere muniti del pass verde presso i propri studi professionali. L’acuirsi della curva pandemica impone anche alla nostra professione uno sforzo collettivo per contenere la diffusione del virus. Sarebbe una battaglia di retroguardia, quella eventualmente tesa a stigmatizzare l’introduzione dell’obbligo di esibizione del green pass per accedere ai Tribunali, mentre appare certamente criticabile la scarsa chiarezza interpretativa in ordine all’entrata in vigore della nuova disciplina, sulla quale sono intervenuti efficacemente il Cnf e l’Ocf con nota congiunta». Il presidente dell’Aiga (Associazione italiana giovani avvocati) Francesco Paolo Perchinunno «auspica una quanto mai celere nota esplicativa da parte del legislatore che permetta di uniformare l’interpretazione del dettato normativo». «Esprimiamo – aggiunge - l’urgente necessità di una interpretazione unica, su tutto il territorio nazionale, sul momento in cui tale disposizione debba intendersi in vigore e quindi applicabile».