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nuovi orizzonti giustizia azione disciplinare magistrati
Un regolamento di conti. È questo, secondo molti, il senso del processo interno all’Associazione nazionale magistrati, ultimo capitolo di una storia che finora ha mietuto un’unica vittima: l’ex zar delle nomine Luca Palamara. Sul banco degli “imputati”, due anni e mezzo dopo la pubblicazione delle chat che svelarono il manuale Cencelli degli incarichi negli uffici giudiziari italiani, centinaia di toghe, colpevoli di aver messaggiato con Palamara, ex leader del sindacato dei giudici, chiedendo raccomandazioni e favori. La lista degli incolpati, secondo quanto rivelato dal Riformista, conterrebbe ad oggi 70 nomi, tra i quali quelli del procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi e dell’ex leader di Magistratura democratica (e segretario Anm) Giuseppe Cascini, attualmente togato al Csm. Si tratta degli unici due nomi trapelati, quasi a conferma del boomerang che si è abbattuto sull’ala sinistra della magistratura, “sopravvissuta” allo scandalo dell’Hotel Champagne. Il procedimento arriva a ridosso delle elezioni dei nuovi membri del Csm, prevista per luglio, e potrebbe spostare nuovamente gli equilibri, mantenendo però intatto il potere delle correnti. Lo scenario, insomma, potrebbe rimanere identico a quello precedente allo scandalo, in una sorta di eterno ritorno dell’uguale, anche grazie allo stallo che si registra in merito alla riforma del Csm, che porta con sé anche la modifica della legge elettorale. L’ipotesi attualmente sul tavolo è quella di un sistema maggioritario con collegi binominali, turno unico e unica preferenza. Ma sono diverse le voci che chiedono di valutare l’ipotesi del sorteggio, respinta dalla ministra Marta Cartabia: tra queste Forza Italia e Articolo 101, il gruppo di magistrati “dissidenti” dell’Anm. «Serve una classe dirigente svincolata dalle correnti e questo procedimento potrebbe rappresentare un’occasione per puntare sul sorteggio, cosa che una politica avveduta e coraggiosa sceglierebbe, anche solo come tentativo, per vedere se le cose cambiano», sottolinea un ex membro del Csm. Convinto anche della strumentalità dell’intera vicenda: «Chi sta finendo la consiliatura entra nelle mire di chi subentra, esattamente come accaduto a Luca Palamara - spiega -, l’unico punito con il massimo della pena». Più in generale il tema riguarda i consiglieri del Csm coinvolti nei procedimenti disciplinari, ed è proprio per questo, forse, che i nomi di Cascini e Salvi sono i primi ad essere venuti fuori dal mucchio. Anche perché non si sono mai astenuti, benché coinvolti nelle chat. Ma la scadenza imminente della consiliatura ha distrutto ogni rete di protezione, facilitando dunque la fuga di notizie, partita magari da chi aveva qualche sassolino nella scarpa. Secondo voci interne all’associazione, potrebbero essere molti di più di 70 i nomi che finiranno a processo per violazione del codice etico e che potrebbero imbattersi in una censura: sono infatti circa 60mila le pagine di chat acquisite dal perito incaricato dall’Anm. La lentezza dell’iter sarebbe legata in primo luogo a questioni tecniche: la procura di Perugia ha infatti inviato al ministero della Giustizia, alla procura generale della Cassazione e al Csm le chat di tutti i magistrati che hanno chiacchierato con Palamara, per valutare eventuali azioni disciplinari e incompatibilità ambientali. Nulla, invece, è stato inviato all’Anm, che pure ne aveva fatto richiesta e che ha dovuto dunque procurarsi da sé i documenti ed estrarre i file riferiti ai propri iscritti uno per uno. Ciò ha ritardato enormemente le operazioni: il lavoro dei periti è stato ultimato solo a novembre scorso, e il collegio dei probiviri ha preso in mano i documenti a dicembre. Da qui le prime 70 iscrizioni, che potrebbero diventare molte di più. Anche perché nel mirino ci sono tutte le condotte di autopromozione ed eteropromozione, criticate soprattutto dai “101”, tra i primi a puntare il dito contro il pg della Cassazione, autore di una circolare che ha escluso l’autopromozione dalle condotte punibili in sede disciplinare, ma tirato in ballo da Palamara. Sia nel suo libro “Il sistema” sia davanti al gup di Perugia, l’ex capo Anm riferì infatti che Salvi gli offrì un pranzo «con lo scopo di “autosponsorizzarsi”» per l’incarico a piazza Cavour. Articolo 101 aveva chiesto sin da subito che il pg chiarisse la sua posizione o querelasse Palamara, nella convinzione che «chi ha più responsabilità ha più doveri di trasparenza». La vicenda, ora, può tornare utile anche a Palamara, che dopo la sua radiazione ha annunciato di voler presentare ricorso alla Cedu, alla quale chiederà di verificare se il giudice che lo ha giudicato è terzo e imparziale, nonché di valutare la mancata ammissione, nel corso del procedimento disciplinare, dei testimoni richiesti, ai quali l’ex capo Anm voleva far spiegare come si era sviluppata la prassi delle nomine e degli accordi. La decisione di tenerli fuori, oggi che l’Anm vuole fare ciò che il Csm ha impedito, potrebbe assumere un significato particolare.