Non era stato giudicato socialmente pericoloso e, per questa ragione, aveva ottenuto di poter vedere suo figlio durante la custodia cautelare ai domiciliari per tentato omicidio. Ci sono valutazioni e decisioni dell'autorità giudiziaria alla base della circostanza che ha permesso a
Davide Paitoni, 40 enne di
Morazzone (Varese), di poter frequentare il figlio Daniele, 7 anni, che l'uomo ha ucciso con una coltellata alla gola lo scorso primo gennaio, per poi tentare di ammazzare anche la madre, dalla quale si stava separando, dopo averla raggiunta presso l'abitazione dei genitori dove si era trasferita, a Gazzada Schianno (Varese). È quanto emerso dagli accertamenti svolti dal presidente del Tribunale di Varese, Cesare Tacconi, alla luce di quanto accaduto.
Uccide il figlio di 7 anni nel Varesotto, il rapporto tra l'omicida e la moglie
Tra Paitoni e la moglie non era in corso una separazione formale, i due stavano ancora trattando i termini per tramite degli avvocati, e ad autorizzare le visite al papà da parte del loro bambino è stato il Gip del Tribunale di Varese, a cui è arrivata la richiesta dei difensori del 40 enne. Due le denunce per maltrattamenti presentate contro Paitoni dalla moglie, tra il 2020 e il 2021, unitamente a una terza segnalazione arrivata
alla Procura di Varese da parte dei genitori della donna, tanto che risulterebbe aperto un «codice rosso» di cui, però, al momento non si conosce l'esito. All'uomo, ai domiciliari per aver accoltellato un collega di lavoro - era addetto alle vendita di un'azienda - il 26 novembre scorso e accusato di tentato omicidio, nonostante le denunce era stato concesso di vedere il bambino perché in Tribunale a Varese non sarebbe stato trasmesso alcun atto relativo alle presunte accuse di maltrattamenti.
Parla il presidente del tribunale di Varese
«L'ordinanza per i domiciliari è stata firmata il 29 novembre, avallando la misura richiesta dal magistrato», ha spiegato il presidente del Tribunale di Varese,
Cesare Tacconi, «che l'ha motivata con il pericolo di inquinamento probatorio, non con la pericolosità sociale, e il giudice non può aggravare la richiesta del pm». Successivamente, prosegue il presidente del Tribunale, «l'avvocato difensore dell'indagato ha chiesto che gli fosse concesso di vedere il figlio e la moglie, dato che secondo ordinanza non avrebbe potuto avere contatti se non con i familiari conviventi, quindi il padre». LEGGI ANCHE:
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«il Gip ha autorizzato l'uomo a vedere il figlio». Relativamente alle denunce della donna ed al codice rosso, Tacconi ha precisato come «non vi sia in Tribunale alcuna pendenza a carico dell'uomo, quindi se le denunce ci sono, sono ancora in Procura». Poi ha concluso: «ho svolto tutti gli accertamenti del caso, tra i due non vi era alcuna separazione formale in corso, se mi sarà richiesto formalmente presenterò una relazione».
Roia: «La violenza domestica non va mai sottovalutata»
Resta da comprendere se le denunce siano ancora bloccate in qualche cassetto della Procura di Varese, in attesa di essere esaminate. «A prescindere dal caso concreto e basando la riflessione sull'esperienza maturata nella Commissione sul Femminicidio» ha detto il Presidente Vicario del Tribunale di Milano
Fabio Roia, «la violenza domestica non va mai sottovalutata e la bigenitorialità deve sempre essere sospesa in presenza di denunciate situazioni di violenza, le informazioni devono circolare» e «il 'sistema di Retè deve valutare di ritenere» chi denuncia «a rischio di violenza anche estrema».
Paitoni rischia l'aggravante della premeditazione
Chiusi nel dolore i familiari del piccolo
Daniele. Il nonno paterno, 80 anni, a cui il killer ha inviato un messaggio vocale dicendo di aver fatto male al suo bambino, un
whatsapp che l'uomo però non aveva nemmeno aperto, tanto che lo hanno fatto per la prima volta gli investigatori, e i nonni materni, al fianco della loro figlia devastata dal dolore.
«Non riesco a parlare adesso, sono distrutto», ha detto il padre della donna. Ora Paitone si presenterà agli inquirenti per l'interrogatorio di garanzia, seppure il suo avvocato,
Stefano Bruno, che lo ha incontrato, ha affermato che è «difficoltoso comunicare con lui in questo momento». La lettera lasciata da Paitoni sul cadavere del figlio, piena di livore verso la moglie, potrebbe però valergli l'aggravante della premeditazione.