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«Arrestare Pittelli per una lettera è un'enormità, la misura di una forma prepotenza, una forma di tortura applicata dai magistrati, che dai domiciliari mettono in carcere una persona per punirla, quando il carcere dovrebbe rieducare». Non si dà pace Vittorio Sgarbi. Che dopo i nuovi risvolti nel caso dell'ex parlamentare di Forza Italia e penalista Giancarlo Pittelli, affida a un video su Facebook tutta la sua indignazione: «Mara Carfagna è indegna di essere un parlamentare, dovrebbe essere cacciata dal partito di Berlusconi, condannato da magistrati che hanno applicato una loro visione politica alla loro attività giudiziaria». Imputato per concorso esterno in associazione mafiosa nel processo Rinascita-Scott, Pittelli aveva deciso infatti di scrivere una lettera alla ministra per il Sud Mara Carfagna per chiederle aiuto. Un appello che si è rivelato un boomerang, costandogli nuovamente l’ingresso in carcere, per la terza volta. Alla base della decisione del Tribunale di Vibo Valentia, che ha accolto la richiesta della Dda di Catanzaro, la violazione delle restrizioni imposte dal Tribunale della Libertà a Pittelli. Ma come è arrivata la lettera nelle mani della Dda? Dalla scrivania della stessa ministra, che l'avrebbe trasmessa all’ispettorato di Palazzo Chigi che, a sua volta, l’ha inviata alla Squadra mobile di Catanzaro. E, da qui, la missiva è giunta alla Procura di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri. Secondo un percorso e un'azione da parte della ministra Carfagna «vergognosa», anzi «inqualificabile» secondo Sgarbi, per il quale scrivere a un deputato rientrava perfettamente nelle garanzie difensive di Pittelli. Garanzie più volte violate, ribadisce il politico e critico d'arte. Che sul caso si era già espresso nel 2020 dopo aver subito un'ispezione a sorpresa nel carcere di massima sicurezza di Badu ‘e Carros, a Nuoro, dove al tempo Pittelli si trovava detenuto in regime di isolamento. «La carcerazione di Pittelli – denunciava Sgarbi – viola la Costituzione e lo stato di diritto perché viene tenuto in carcere senza che sia stato mai interrogato e senza che sia stato celebrato un processo. Nei suoi confronti accuse fumose, frutto di ipotesi senza prove, in spregio a ogni principio di civiltà giuridica». Le condizioni dell’ex parlamentare venivano definite «preoccupanti». «È visibilmente gonfio – riferiva – in uno stato di forte depressione, psicologicamente provato: condizioni di salute oggettivamente incompatibili con la detenzione». Nel mirino di Sgarbi il procuratore Gratteri, titolare di un’inchiesta che, sottolineava il parlamentare, è «nota per l’inconsistenza dei capi d’accusa e abuso della carcerazione preventiva». Per questa ragione, Sgarbi aveva quindi deciso di presentare un esposto al Csm contro Gratteri, per abuso di potere e violazione dei diritti umani.