Vincenzino Iannazzo, durante l’ultimo periodo della sua vita, viene trovato in condizioni sempre più disumane e raccapriccianti al 41 bis del carcere di Parma.
Drammatici gli appunti del diario clinico: viene ritrovato spesso nudo e sporco di feci. «Ha evacuato per terra – si legge - e ha spalmato per tutto il pavimento della cella, sporco da capo e piedi di feci». Ancora: «Visto le condizioni scarsi di igiene personale del paziente con demenza a corpi di Lewy, per la profilassi delle malattie infettive della persona e di tutta la sezione, si richiede assistenza h24 alla persone per supervisione e aiuto nell’esplementazione delle necessità personale quotidiane». Un’assistenza h24 che non ci sarà mai. Iannazzo, nonostante le innumerevoli segnalazioni da parte dei suoi famigliari e dell’associazione Yairaiha onlus, verrà lasciato al 41 bis. Solo quando le sue condizioni si erano ulteriormente aggravate, verrà trasferito d’urgenza in ospedale, sempre in regime duro, e
morirà il 13 novembre scorso.
Il caso di Vincenzino Iannazzo arriva in Parlamento
Il drammatico caso arriva in parlamento grazie all’
interrogazione parlamentare presentata dalle deputate del gruppo misto Doriana Sarli, Yana Chiara Ehm e Silvia Benedetti. Rivolgendosi alla ministra della giustizia e al ministro della salute, chiedono se si ravvisa l’opportunità di «avviare un’indagine amministrativa interna al fine di appurare se, con riferimento al decesso dell’uomo, non siano ravvisabili eventuali profili di responsabilità disciplinare in capo alla direzione dell’istituto di Parma».«Come il giornale on line “Il Dubbio” riporta in un suo articolo – si legge nell’interrogazione parlamentare -, Iannazzo era stato fatto rientrare in carcere al 41-bis, dopo il decreto cosiddetto “antiscarcerazioni” ed era andato ai domiciliari nel periodo di aprile/maggio del 2020, causa emergenza COVID- 19, in quanto trapiantato di rene». Le deputate del gruppo misto sottolineano che l’
associazione Yairaiha onlus, nell’ultimo anno, ha più volte denunciato alle autorità competenti l’isolamento forzato del detenuto deceduto e l’evidente, oltre che certificata, incompatibilità con il regime carcerario e men che meno con il regime di 41bis. «Tale isolamento – prosegue l’interrogazione - ha rappresentato uno degli elementi negativi del processo di aggravamento della sua patologia (demenza a corpi di Lewy, con allucinazioni e incapacità di svolgere gli atti della vita quotidiana già diagnosticata dai sanitari di Belcolle – Viterbo, prima del trasferimento a Parma). Iannazzo è stato ricoverato in ospedale a settembre 2021, dopo l’ennesima segnalazione della stessa associazione».
L’interrogazione parlamentare prosegue evidenziando le drammatiche relazioni dei medici. C’è quella del 7 gennaio 2021 sottoscritta dal responsabile sanitario del carcere di Parma dove si esprimevano preoccupazioni per i ritardi nella somministrazione della terapia prescritta al paziente e nell’organizzazione delle visite specialistiche esterne. Nella
relazione del medico legale del 10 febbraio 2021 sulle condizioni di Vincenzino Iannazzo si legge: «per parte mia ribadisco nuovamente le esigenze cliniche del soggetto esorbitano grandemente le possibilità di cura sino ad oggi messe in atto e dunque il signor Iannazzo deve essere posto al di fuori delle mura del carcere». Come se non bastasse, come sottolinea l’interrogazione, dalle note della cartella clinica legale redatta dal personale medico e infermieristico in servizio al carcere di Parma emergono particolari raccapriccianti sulle condizioni di detenzione del signor Iannazzo: completamente abbandonato a sé stesso e in condizioni disumane, nonostante la gravità del suo stato. Spesso nudo e sporco delle proprie feci che espletava sul pavimento della cella; le terapie che non venivano assunte perché lo stesso era incapace di compiere qualsiasi azione. Nelle note emerge la prescrizione medica di assistenza h24 indirizzata all’amministrazione penitenziaria, che non risulterebbe esser stata mai evasa.
Se il regime duro “rischia” di vacillare
«Il giornale “Il Dubbio” del 22 aprile 2021 – prosegue l’interrogazione parlamentare - riporta una denuncia del responsabile sanitario del carcere in cui si evidenzia che, a causa dei continui arrivi di detenuti malati, che provengono da diversi istituti penitenziari, lo standard esistenziale del centro clinico del carcere (Servizio assistenza intensiva), è messo in seria difficoltà. Lo stesso responsabile sanitario del carcere ha segnalato la difficoltà oggettiva nel poter fornire adeguate cure e assistenza h24, non solo a Iannazzo, ma anche agli altri detenuti che richiedono tale assistenza». I deputati sottolineano che l’effettività del regime speciale carcerario dell’articolo 41-bis dell’ordinamento penitenziario ha natura esclusivamente preventiva, volta a impedire che taluni associati continuino a interloquire con le organizzazioni criminali di appartenenza. L’interrogazione conclude con le richieste rivolte ai ministri della giustizia e della salute: «Quali iniziative, anche normative, si intendano intraprendere per rafforzare l’assistenza medica ai detenuti malati, in regime di 41-bis; quali iniziative di competenza si intendono adottare, eventualmente, per appurare se il carcere di Parma sia dotato di strutture idonee e di personale sanitario adeguato per numero e competenze, affinché venga garantita l’assistenza sanitaria a tutti i detenuti; se non intendano avviare un’indagine amministrativa interna al fine di appurare se, con riferimento al decesso dell’uomo, non siano ravvisabili eventuali profili di responsabilità disciplinare in capo alla direzione dell’istituto di Parma».
Il decreto "antiscarcerazioni" dell'ex guardasigilli Bonafede
Ricordiamo che Iannazzo era uno dei tre uomini al 41 bis
mandati in detenzione domiciliare per i loro gravi motivi di salute e con l’aggravante del Covid 19 che incombeva e incombe tuttora. Su quelle misure si scatenò una feroce indignazione, veicolata dai media, tanto che l’allora ministro della Giustizia Bonafede per accontentare gli umori varò un decreto che, di fatto, li fece rientrare subito dopo in carcere. Una ferocia che si scontra contro il buon senso e logica. I fatti hanno sconfessano l’accanimento. Pasquale Zagaria, affetto da tempo da una grave neoplasia, è tornato libero per fine pena. Francesco Bonura, gravemente malato, a breve finirà la pena poiché gli mancano pochi mesi. Il terzo però, ovvero Iannazzo, lo Stato lo ha tenuto con fermezza al 41 bis nonostante l’evidente incompatibilità con il regime duro.
Iannazzo e gli altri, un caso emblematico
L’atroce vicenda di Vincenzino Iannazzo è emblematica, perché rende di difficile comprensione il senso del 41 bis nei confronti di chi è in queste condizioni. Oltre alle gravi patologie dovute dal trapianto di un rene, Iannazzo aveva la demenza a corpi di Lewy. Una patologia molto simile all’Alzheimer e che comporta anche delle vere e proprie allucinazioni. Quindi non solo era incompatibile con il 41 bis perché gravemente malato, ma anche per i problemi cognitivi che lo rendevano incapace di dare eventuali ordini all’esterno: il 41 bis nasce perché ha come unico scopo quello di evitare che un boss dia ordini al proprio clan di appartenenza. Se viene meno questo pericolo, il 41 bis non può essere giustificato. Ma questa è solo teoria visto che nell’immaginario collettivo il regime duro non è considerato emergenziale e con uno scopo ben specifico, ma un mezzo che va utilizzato a prescindere. Magari fino alla morte come è accaduto con Iannazzo.