Simona Floridia, all’epoca 17enne, è scomparsa nel nulla ufficialmente il lontano 16 settembre del 1992 a Caltagirone, un paese in provincia di Catania. Dopo più di 20 anni, e dopo che le autorità di allora avevano battuto diverse piste in maniera poco approfondita, viene incriminato per omicidio aggravato
Andrea Bellia. Sarebbe stato lui l'ultimo a vederla, e già nel ’92 aveva raccontato spontaneamente alle autorità di aver fatto un breve giro in scooter con lei prima di riaccompagnarla.
Un processo iniziato a distanza di quasi 30 anni
Ora, a distanza di quasi 30 anni, si sta svolgendo un processo contro di lui. Il pubblico ministero chiede l’ergastolo. L’ unico indizio contro di lui è da ritrovarsi in
una intercettazione tra due adolescenti appena 18enni, ripescata dopo più di 20 anni. Nulla di più, ma in compenso sono entrate in dibattimento dei verbali che lo potrebbero scagionare: testimonianze di chi ha visto la giovane ragazza giorni dopo la scomparsa ufficiale.
Simona Floridia sarebbe stata vista due giorni dopo l'incontro con l'imputato
C’è una annotazione di servizio, dove l’assistente capo, addetto alla squadra di polizia giudiziaria, riferisce che il 18 settembre apprende dal padre di Simona che quest’ultima era stata notata, verso le ore 11 e 30 del mattino stesso, nei pressi della stazione ferroviaria. Un fatto riferitegli da un collega della Polfer. Non è poco. Vuol dire che due giorni dopo che Simona si era vista con l’attuale imputato, poi si sarebbe recata alla stazione. Per andare dove? Martedì scorso, durante il dibattimento,
l’avvocata Pilar Castiglia ha chiesto al poliziotto di quella annotazione, se dopo che ha saputo di quell’avvistamento si è recato alla stazione per sentire a sommarie informazioni il poliziotto della Polfer. Se ha, inoltre, accertato se a quell’ora passassero treni e dove andassero. L’avvocata ha chiesto anche se ha diramato la foto di Simona alle stazioni collegate con quella di Caltagirone. La risposta del poliziotto è stata un secco no. Nulla di tutto questo. Diventa sempre più difficile condannare oltre ogni ragionevole dubbio un uomo, oggi 47enne, che rischia di finire il resto della sua vita in carcere, perché – secondo l’accusa - dopo un giro in vespa avrebbe, al culmine di un litigio, gettato da un dirupo Simona. Lui stesso, come già testimoniò all’epoca della scomparsa, avrebbe invece, dopo un giro, riaccompagnato la ragazza in centro, vicino ad un bar e poi non l’avrebbe più rivista. Eppure, ora è agli atti una annotazione di servizio dove si scopre che Simona è stata vista alla stazione dopo due giorni del presunto omicidio.
Da un quaderno di Simona Floridia sarebbe emerso un appuntamento con una cartomante
Non solo. È stato acquisito anche un verbale di perquisizione della stanza di Simona Floridia, dove in un suo quaderno è emerso che lei – 5 giorni dopo la sua sparizione ufficiale – aveva un
appuntamento con una cartomante di Licata. Anche in quel caso era stata effettuata una ricerca abbastanza sbrigativa, cercando solo il riscontro dell’esistenza di tale indirizzo e se la ragazza si trovasse in quella abitazione. Eppure, in più occasioni è emerso chiaramente che la ragazza era attratta dal mondo dell’occulto e amasse frequentare gruppi pseudo religiosi. Il corpo di Simona non sarà mai trovato, nemmeno nel dirupo dove l’attuale imputato Andrea Bellia viene accusato di averla gettata.
L'accusa si basa su una intercettazione del 1993
Ricordiamo che
l’accusa si basa su una intercettazione, già scartata all’epoca, risalente al 1993. Si tratta di una telefonata tra un amico di Bellia, tale Mario Licciardi (è stato anche l’ex ragazzo di Simona) e la sua ragazza. Tutti 18enni. Il passaggio incriminato è questo: «Poi mi fa (si riferisce a Bellia, ndr), mi stava uscendo il fatto che l’aveva ammazzata, vah, mi ha fatto capire che l’aveva ammazzata lui ed allora si è messo un sorrisino così: è inutile che cercano, fanno. L’ho guardato in faccia e gli ho detto: “Oh, bello mio! – gli ho detto – Ma che vuoi?”. E me ne andavo, nel senso che non parlavo con lui, mi giravo e me ne stavo andando a lavorare. Ascolta, ma cinque minuti non te li posso rubare? L’ho guardato in faccia e gli ho detto: “Dai, parla, veloce! Che mi devi dire? Tutto questo era?”. L’ho guardato in faccia e gli ho detto: “Sì, ma a me non mi devi raccontare una minchia! Non mi interessa niente! Non mi venire a cercare! Ciao!”, e me ne sono andato». Punto. Poi la telefonata prosegue parlando d’altro.