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Ddl Zan
A protestare è una generazione di giovani che spazzerà via, attraverso la partecipazione attiva e il voto, tutti coloro che al Senato festeggiavano la morte del Ddl Zan». A parlare è il giornalista e scrittore Simone Alliva – autore della prima inchiesta sull'omofobia in Italia, Caccia all'omo. Viaggio nel paese dell'omofobia (Fandango, 2020) –, in riferimento alla mobilitazione di piazza che accompagna la fine del ddl Zan, il cui iter parlamentare si è arrestato mercoledì 27 ottobre nell'aula di Palazzo Madama in seguito all'approvazione a scrutinio segreto della richiesta di Lega e Fratelli d'Italia di non passare all'esame degli emendamenti sul disegno di legge.
Alliva, la lotta contro l'omotransfobia si è spostata nelle piazze?
Da quando il Ddl Zan è stato affossato, in tutta Italia si sono riempite tantissime piazze, affollate da persone che, quando si tratterà di andare a votare, non concederanno il proprio consenso elettorale a quanti hanno sancito la fine del percorso del Ddl Zan. Durante le ultime amministrative si è parlato tanto di astensionismo e non ci si rende conto che queste piazze stanno dicendo qualcosa alla politica, mentre la politica, sbagliando, le sta ignorando.
Come giudica quanto accaduto sul Ddl Zan?
In realtà era prevedibile, sin da quando Italia Viva ha deciso di aprire una mediazione sul Ddl Zan dopo averla invece approvata alla Camera senza modifiche. Il problema vero è stato cercare delle mediazioni con chi si è sempre opposto a questo disegno di legge. A ciò si aggiunge un'altra questione che è stata poco sottolineata dai giornali: questo Ddl non ha mai avuto il sostegno del governo, il Presidente del Consiglio Draghi non ha mai preso posizione al riguardo. È ormai un dato di fatto: il Parlamento ha ormai un ruolo marginale e senza la spinta del presidente del Consiglio difficilmente il processo legislativo va a buon fine.
Lo stesso Alessandro Zan, deputato Pd e primo firmatario del ddl, ha accusato che “una forza politica, Italia Viva, si è sfilata e ha flirtato con la destra sovranista solo per un gioco legato alla partita del Quirinale”. Concorda?
È verosimile. Premesso che il voto è segreto, dai conti fatti emerge che effettivamente i franchi tiratori sono stati di più rispetto a quelli che ci aspettavamo. Il centrodestra non ha i numeri per eleggere il Presidente della Repubblica, quindi deve per forza stringere alleanze. Insieme a Italia Viva e a una parte del Misto potrebbe quindi formare una nuova maggioranza in grado di giocare una partita importante per l'elezione del Presidente della Repubblica. La lettura di Zan mi sembra abbastanza aderente alla realtà.
Come giudica invece la posizione della Chiesa?
Ricordo che nel 2019, quando è stato incardinato il Ddl Zan in Commissione Giustizia alla Camera, la Cei aveva già assunto una posizione contraria e parlava già di ostacolo alla libertà di espressione. La posizione della Chiesa rappresenta tuttavia un sottofondo, qualcosa che sentiamo ormai da venticinque anni, non dovrebbe sorprenderci. Penso che chi ha voltato le spalle a questo ddl non l'ha fatto con gli occhi rivolti a Oltretevere, come succedeva anni fa, ma per altre ragioni. Il Vaticano, infatti, oggi non influenza più di tanto la politica e soprattutto una destra che su tantissime tematiche, migranti in primis, si rivela antitetica rispetto al pensiero della Chiesa. Potrebbe costituire al massimo un alibi.
Il percorso legislativo contro l'omotransfobia si è concluso per sempre o in futuro si potrà fare qualcosa al riguardo?
Il Ddl Zan è morto per sempre: questa legge, in questi termini, non si può più ripresentare. Ho letto che Licia Ronzulli, vicepresidente del gruppo di Forza Italia al Senato, ha affermato che si potrebbe ripartire dal suo disegno di legge che preveda semplicemente delle aggravanti penali per le aggressioni. Innanzitutto, oggettivamente non c'è il tempo materiale per produrre un progetto di legge e poi sottoporlo ad approvazione. Anche se fosse, non è questo il modo corretto per combattere il fenomeno dell'omotransfobia. Il Ddl Zan era composto da dieci articoli, di cui i primi tre proponevano la cosiddetta aggravante, ma non è tanto questa che può fermare l'omotransfobia in Italia, quanto la cultura, la formazione e l'informazione nelle scuole.
Il ddl non è andato avanti perché chi era contrario si opponeva proprio a tale componente culturale e formativa. Aggiungo che, tutte le volte che non si approva una legge sui diritti o che la si approva monca – come è avvenuto per le unioni civili senza la step child –, si tende sempre a rimandare alla volta successiva, ma poi non si arriva mai alla fine. È una tecnica di distrazione di massa, che conosciamo bene.
Fa ancora molto spavento un percorso culturale volto alla tolleranza e all'inclusione?
A respingere una legge che combatta l'omofobia da un punto di vista culturale sono stati coloro che applaudivano e festeggiavano in Senato la caduta del Ddl Zan. Approfittando di un deficit culturale nel nostro paese enorme su certe questioni, hanno alimentato tre menzogne: la minaccia alla libertà d’espressione, la fake news del gender e trasformato un termine giuridico ben presente nel nostro ordinamento, cioè identità di genere, in un grimaldello che apre alle peggiori nefandezze dell’umano.
Fantasmi creati da loro stessi per ottenere consenso. Va da sé che durante le audizioni c’è stato chi ha definito la pedofilia un orientamento sessuale e quindi protetta dal Ddl Zan. Sono state tutte discussioni che riflettevano la scarsa cultura di questa classe politica fuori tempo. Durante le dichiarazioni di voto hanno affermato chiaramente che si sarebbero opposti a un disegno di legge che portasse la cultura della tolleranza e dell'accettazione all'interno delle scuole. Ha influito, inoltre, anche una distorsione dell'informazione sul ddl Zan, nel punto in cui esso prevedeva una giornata contro l'omotransfobia – celebrata ogni anno dal Presidente della Repubblica, del Senato e della Camera – da svolgersi in autonomia nelle scuole, senza alcun obbligo, come invece riportato da una certa narrazione alquanto diffusa.