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«La storia in questi ultimi decenni ha dato segno di un ritorno al passato, i conflitti si riaccendono in ogni parte del mondo, nazionalismi e populismi si riaffacciano a diverse latitudini, la costruzione di muri e il ritorno dei migranti in luoghi non sicuri appaiono come l’unica soluzione di cui i governi sono capaci per gestire la mobilità umana». È risuonata forte, dal Centro Astalli di Roma, la voce di Papa Francesco, che ha affrontato la crisi dei migranti al confine tra Bielorussia e Polonia dove da giorni sono ammassate migliaia di persone, provenienti principalmente da Yemen, Iraq e Afghanistan, in condizioni spaventose. Il monito del pontefice non poteva che riferirsi alla decisione polacca di dare il via a dicembre alla costruzione di una barriera, un vero e proprio muro ad lata tecnologia che impedirà alle persone in fuga di fare il loro ingresso in Europa. Una decisione che lo stesso presidente italiano Sergio Mattarella aveva aspramente criticato, utilizzando parole che nessun leader europeo ha finora pronunciato: «È sconcertante quanto avviene ai confini dell’Unione, con degli esseri umani esposti al freddo e alla fame, c’è un grande divario sui principi conclamati, la solidarietà ai profughi e il rifiuto concreto di accoglierli». Per il momento nelle cancellerie europee regna il silenzio, nonostante il trattamento dei migranti ammassati alle frontiere sia in evidente contrasto con i principi di solidarietà e accoglienza dell’UnioneDa quanto si prevede i lavori dovrebbero terminare nella prima metà del 2022. La conferma di ciò che si va preparando è arrivata ufficialmente dal ministero degli Interni di Varsavia: «L'impegno che dobbiamo portare avanti è un investimento assolutamente strategico e prioritario per la sicurezza della nazione e dei suoi cittadini». La celerità con cui dovrebbero essere effettuati i lavori di costruzione, 24 ore al giorno con tre turni di 8 ore, hanno già messo in moto la macchina economica e i contratti per le ditte impegnate sarebbero già sul tavolo dei ministeri competenti. Il costo stimato è di 353 milioni di euro. La Polonia dunque ha dato il via libera definito ad un progetto reso noto il mese scorso dal suo Parlamento e accompagnato dalla richiesta dei paesi del gruppo di Visegrad all’Unione europea di usare le proprie risorse proprio per costruire barriere anti migranti. Nel caso polacco il muro si estenderà per circa 180 chilometri, praticamente la metà del confine condiviso con la Bielorussia. Bruxelles è contraria alla politica di respingimento ma la sua appare una posizione in bilico e sembra prevalere la volontà di non inasprire ulteriormente il conflitto con Varsavia: la decisione polacca infatti peserà come un macigno sul prossimo vertice dei premier europei in programma proprio a dicembre. Rimane il fatto che nonostante l’opposizione teorica all’edificazione di muri ai propri confini la Ue non può impedire che i singoli stati si dotino di queste infrastrutture. Le sanzioni comminate alla Bielorussia dunque assumono un carattere puramente politico non incidendo sulle condizioni dei migranti che dalle dichiarazioni dei vertici comunitari sarebbero semplicemente da soccorrere.Intanto al confine la situazione sta diventando sempre più tesa. Oggi centinaia di persone hanno tentato, in parte riuscendovi, di sfondare una recinzione presso Kuznica innescando la dura reazione delle forze dell’ordine. Una fitta sassaiola contro i soldati di Varsavia avrebbe provocato dei feriti tra le forze che presidiano il valico, la risposta è stata quella di un massiccio uso di gas lacrimogeni e cannoni ad acqua da parte delle guardie di confine di Varsavia. Non si riesce a capire se la reazione sia stata giustificata da un effettivo caos anche se da parte polacca si parla di una provocazione studiata a tavolino e orchestrata dai bielorussi.