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Lettera aperta al Presidente della Repubblica, di Gaetano Pecorella, già Docente all'Università di Milano, Past President Unione Camere Penali Signor Presidente, Lei ce lo insegna, la democrazia non è una questione di numeri, per cui tutto si risolve nel momento del voto, e se governa chi ha più voti allora va tutto bene, le regole sono state rispettate. La democrazia è dialettica, e confronto di idee, è partecipazione. Perché mi permetto di scrivere questi concetti a Lei che pure li conosce benissimo? Perché ciò che sta accadendo nel campo delle riforme della giustizia è del tutto incompatibile con questa concezione della democrazia. Non metto in discussione se le riforme siano buone o cattive, o addirittura pessime, anche se ci sarebbe molto da dire: ciò che metto in discussione è il metodo, e, se il metodo non è corretto, il risultato non è mai accettabile. Mi riferisco, e Lei sicuramente lo ha già inteso, alle modifiche del processo civile, e di quello penale, che vorrebbero essere riforme di sistema, introdotte con decreti legge, approvate tutte con il voto di fiducia. Che gli interventi sul sistema giudiziario siano "necessari" ed "urgenti", nessuno può negarlo: ma sono necessari e urgenti dalla notte dei tempi, e certo non da oggi. Non è questa, però, la situazione delineata dall'art, 77 della Costituzione, e Lei lo sa benissimo, perché il Governo può adottare, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, solo in casi "straordinari"; il che non può certo dirsi per delle riforme che toccano gli assetti dei processi civili e penali, e soprattutto di quest'ultimo. A colpi di decreti legge, e di voti di fiducia, il Parlamento è stato privato della sua principale funzione, che è quella di legiferare, e di legiferare particolarmente in materia di diritti delle persone. Non è cosa da poco che il Paese non sia stato informato, attraverso il dibattito parlamentare, di quanto stava accadendo in relazione a norme che riguardano la vita di ciascun cittadino. Non è cosa da poco che non sia stato possibile intervenire con gli emendamenti sul testo del Governo, sicché tutto è stato approvato a scatola chiusa e non è stato migliorato ciò che era migliorabile. Non è cosa da poco, infine, che non ci sia stato un confronto preventivo con le categorie forensi e con le università: persino il fascismo, quando riformò i codici, chiese il parere scritto alla magistratura, all'avvocatura e alle università. Con queste riforme abbiamo fatto un passo indietro.