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Ma perché Goffredo Bettini ha deciso di firmare, così avallandoli, a quanto pare ben tre dei referendum in materia di giustizia, cosa che farà stamattina? Perché proprio Bettini, l’uomo che nella sinistra che discende da Botteghe Oscure è stato magna pars, costruendo le condizioni che portarono Veltroni alla segreteria, e letteralmente “inventando” Rutelli sindaco di Roma, oltre ad esser stato talent scout e mentore di Nicola Zingaretti? Qualche volta, e particolarmente in questo caso, l’uomo è la sua biografia. Lo dice lui stesso: «Io sono sempre stato garantista, ho sempre pensato che il garantismo sia democrazia liberale, e sì , anche che sia cosa di sinistra, come del resto ritiene anche gran parte del nostro elettorato, perché l’ho appreso sin da piccolo, da mio padre. Dentro il garantismo, io ci sono cresciuto. Basta aver letto uno dei miei libri per capirlo…». Vittorio Bettini, repubblicano sodale di Ugo La Malfa, famiglia di proprietari terrieri marchigiani, è stato un grande avvocato penalista, tra i fondatori della Camera Penale di Roma. Il resto lo han probabilmente fatto i casi personali dei politici inquisiti nell’inchiesta Mafia Capitale ed usciti assolti, dopo anni di peripezie. Ma è respirando quel clima familiare -ti spiegano dal Pd quelli che Bettini lo conoscono da anni e anni- che «Goffredo è diventato uno spirito libero, e lo era anche da segretario della Fgci. Adesso poi è addirittura uno spirito liberissimo…». Liberissimo anche da incarichi ufficiali, e sempre descritto da amici e nemici come un Richelieu -cosa che comporta il riconoscimento di una notevole intelligemza politica- Bettini si è scelto il ruolo di regista invece che di prim’attore della politica sin da quando si rifutó, moltissimi anni orsono, di candidarsi sindaco di Roma. Per personale valutazione delle proprie capacità, e proponendo ivece al Pci il radicale Rutelli.La firma che apporrà oggi a tre referendum -separazione delle carriere, custodia cautelare, abrogazione delle parti della legge Severino che vietano di candidarsi se si è indagati- non sarà a un gazebo leghista, ma nella sede del partito radicale. Perché naturalmente a Bettini non sfugge che il suo gesto potrebbe essere strumentalizzato politicamente. Da destra -e infatti precisa di esser sempre stato garantista, ma «non del garantismo che serve a coprire il malaffare»- come da sinistra, visto che Renzi e vari parlamentari di Italia Viva hanno aderito entusiasticamente ai referendum di Salvini (Renzi, per inciso, si riferisce correntemente e anche sprezzantemente a Bettini come alla “corrente tailandese del Pd”, per via dei legami di Bettini con quella terra, dove ha a lungo avuto casa e pure adottato 6 famiglie). Nemmeno è ipotizzabile una lettura politicista del gesto come fatto in accordo col Nazareno per non ritrovarsi in splendido isolamento sui referendum. Perché non solo altri esponenti del Pd hanno firmato o annunciato di volerlo fare (Pittella, Ferrandino, Marcucci…). Soprattutto perché il Pd di Enrico Letta è davvero schierato a difesa della riforma Cartabia, e i referendum sono al più un pungolo, non certo uno strumento con cui si possano fare le riforme. Spiriti liberi a parte, insomma, il Nazareno non ha cambiato idea. E Goffredo Bettini nemmeno. Ma, ci tiene a precisare, non firmerà i quesiti sulla responsabilità dei magistrati, «proprio no, perché possono essere usati come strumento di intimidazione, e questo non va bene». Perché poi il garantismo vero, i magistrati li rispetta. Ovviamente.