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Una montagna di atti giudiziari bloccati nel limbo dei server, centralini fumanti, aule semideserte. Al terzo giorno di paralisi della giustizia civile, causa servizi telematici in tilt, decidiamo di andare al Tribunale di Roma a vedere che aria tira. Un’aria di sospensione, complice la calura estiva, che si tramuta in rabbia non appena mettiamo piede in cancelleria. «Il telematico è un completo disastro», ammette esausta un’operatrice sommersa da carte e telefonate. I problemi sono cominciati venerdì scorso: per quasi l’intero pomeriggio i sistemi vanno a rilento, tutto rinviato a lunedì. Ma i servizi informatici continuano a funzionare a singhiozzo fino a fermarsi quasi del tutto il martedì successivo. A metà pomeriggio del 13 luglio alla cancelleria di Roma sono arrivati soltanto 30 atti. Un numero irrisorio rispetto alle centinaia di depositi telematici che normalmente si registrano in una giornata: qualcosa non va, intuisce il cancelliere. Che quindi si rimbocca le maniche e prova a forzare il sistema: tutto inutile, è impossibile anche notificare il deposito via pec. Quando arriviamo in Tribunale ieri mattina la situazione sembra in lenta ripresa, ma il bilancio del malfunzionamento protratto è desolante: l’Ufficio informatica civile di Roma informa che in mattinata sono stati rielaborati oltre 3mila depositi telematici “interrotti” tra il 12 e il 13 luglio, di cui buona parte sono provvedimenti di magistrati. Con l’effetto di creare disagi gravissimi a tutti gli operatori della giustizia, di ingolfare le cancellerie, di rallentare la celebrazione delle udienze. E di lasciare gli avvocati che accedono al Pst, il Portale servizi telematici del settore civile del ministero della Giustizia, in balia del caos. Ma qual è il motivo del disservizio? Nessuno, tra le persone che incrociamo negli uffici, sa dirlo. In una nota del 12 luglio l’Associazione nazionale magistrati dà notizia che «a seguito di alcuni problemi riscontrati sulla patch della consolle del magistrato, il riavvio dei sistemi è stato posticipato fino a nuova comunicazione Dgsia». Si tratta degli uffici della Direzione generale dei sistemi informativi automatizzati del ministero della Giustizia (Dgsia), i quali fanno sapere che la situazione di stallo dettata dal blocco dei sistemi informatici si sarebbe protratta fino a «data da destinarsi». A generare il caos è proprio la mancanza di trasparenza nelle comunicazioni inviate agli operatori e reperibili dagli stessi avvocati sul Portale. Una serie di avvisi pubblicati sul sito del Pst a partire dalla scorsa settimana, informa gli utenti di generici «rallentamenti dei flussi informativi attraverso il Portale dei Servizi Telematici». Nel pomeriggio di martedì compare un nuovo avviso: «Il portale Pst viene interrotto per improrogabili lavori di manutenzione straordinaria oggi 13/07 dalle ore 17.50 sino a termine attività». Una comunicazione poco tempestiva, oltre che incompleta, sulla reale portata del disservizio e sulla causa che lo ha generato. «Ciò che noi censuriamo è una mancanza di trasparenza inaccettabile», spiega l’avvocato Carla Secchieri, consigliera del Cnf, sottolineando che il Consiglio Nazionale forense «vigilerà perché non si verifichino problemi di sorta a causa dalle interruzioni e che non ci siano responsabilità a carico degli avvocati, ai quali rinnoviamo l’invito a non ripetere i depositi», il cui arretrato – assicura – sarà tutto smaltito gradualmente. Per quanto concerne i rapporti con la Dgsia, l’interruzione dei servizi è coincisa con un cambio al vertice degli Uffici, la cui direzione è affidata all’ingegnere Vincenzo De Lisi, con il quale il Cnf ha già avviato una «interlocuzione molto proficua», racconta ancora Secchieri. De Lisi ha infatti mostrato «di comprendere – conclude la consigliera Cnf – che per migliorare i servizi è necessario che siano coinvolti tutti gli attori del settore giustizia – avvocati, magistrati, e cancellieri – così da arrivare a un processo telematico nuovo, che possa essere davvero un momento acceleratorio e non solo la trasposizione del deposito del fascicolo cartaceo per via telematica, investendo in maniera fruttuosa i fondi del Recovery». Un tema questo messo in evidenza anche dall’Ocf, l’Organismo congressuale forense, che in seguito ai disservizi riscontrati ha denunciato «una situazione ormai inaccettabile, anche in previsione della implementazione delle risorse tecnologiche richieste dall’Europa». A fronte di «una così palese inadeguatezza del sistema rispetto alle attuali necessità dell’attività giurisdizionale – commenta il coordinatore dell’Ocf Giovanni Malinconico in una nota – si richiede, oltre ad un immediato intervento che risolva la situazione contingente, la predisposizione di un piano di adeguamento del sistema informatico ministeriale che non può prescindere dal coinvolgimento degli avvocati». È «frustrante discutere di grandi riforme, di massimi sistemi, di velocità del processo – conclude l’Ocf – quando poi tutte queste mirabolanti proposte e migliorie si scontrano con una realtà quotidiana fatta di criticità e disservizi».