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enrico costa
In principio fu Silvio Berlusconi. Il garantista era lui, e il suo imprinting si rivela, a una decade dall’ultima giornata del Cav a Palazzo Chigi, un infortunio fatale. Perché nell’immaginario italiano la politica garantista è stata indebitamente ridotta alle asserite campagne personalistiche di Berlusconi. In realtà l’ex premier ha prodotto anche riforme valide, nel campo della giustizia: dalla “Castelli”, la revisione dell’ordinamento giudiziario che tuttora regola la vita delle toghe, alla legge Pecorella sul divieto, per il pm, di ricorrere contro le assoluzioni, legge che fu cestinata dalla Consulta ma che viene ora riveduta e corretta dalla commissione Lattanzi. Fatto sta che dirsi garantisti, in politica, è quasi un’autoaccusa, come i giocatori di basket che alzano il braccio se fanno fallo.
Adesso qualcosa è cambiato, per tanti motivi. E adesso la nouvelle vague garantista che tira in Parlamento e ha già prodotto vari risultati, come la ricezione della direttiva Ue sulla presunzione d’innocenza, comincia a consolidarsi e addirittura a farsi “partito”, o almeno gruppo interpartitico, cordata trasversale. Chi altri poteva esserci se non Enrico Costa, l’ex viceministro poi responsabile Giustizia di FI e ora nell’Azione di Carlo Calenda. Costa è il campione di un instancabile lavoro ai fianchi dei giustizialisti. Ha animato più o meno tutte le battaglie già felicemente concluse in questo scorcio di governo Draghi, ora inventa un portale web, presuntoinnocente. com, che ha tutta l’aria di essere una piattaforma Rousseau alla rovescia, e lo fa con altri quattro parlamentari, Guido Crosetto (FdI), Roberto Giachetti (Iv), Giusi Bartolozzi (FI) e Gianni Pittella (Pd), e uno dei pochi protagonisti dell’informazione schierati dalla parte dei diritti, Alessandro Barbano .
Stavolta la “piattaforma” non è il luogo dove coltivare piani politici anticasta ma il punto di partenza per restituire alla politica, attraverso il garantismo, la propria dignità.
Vediamo. Ieri i 6 animatori dell’iniziativa hanno anticipato in una nota i contenuti della conferenza stampa in programma alla Camera per le 16 di lunedì: l’idea, spiegano, «nasce da persone di diverso orientamento politico e culturale, accomunate dallo stesso spirito e dalla medesima convinzione in principi affermati nella Costituzione, ma affievoliti nella realtà, quali la presunzione di innocenza, il diritto alla difesa, la certezza della pena e la ragionevole durata del processo». Scopo del sito è «pubblicare informazioni, opinioni e soprattutto ospitare testimonianze di cittadini che raccontino la loro esperienza a contatto con la giustizia. Storie da cui possono nascere proposte, mobilitazioni e idee». Ma è chiaro che un sito di giustizia prodotto da cinque deputati di altrettanti partiti diversi e da un grande giornalista è anche un’altra cosa: è un’ alleanza per i diritti. Una promessa di cambiamento.
Oggi i garantisti sono almeno apparentemente maggioranza. Costringono i 5 Stelle con le spalle al muro, tanto che il pacchetto di “emendamenti Cartabia” al ddl penale, con dentro l’addio alla prescrizione di Bonafede, andrà in Consiglio dei ministri, dove sarà certificata la maggiorana contraria al fine processo mai. Ma presuntoinnocente. com può essere qualcosa di più. «Il nostro obiettivo è far comprendere che i temi della giustizia non sono estranei alla vita quotidiana di ciascuno, ma rappresentano le regole fondamentali dello stare insieme», è la promessa. Creare un intergruppo garantista che si dà anche una propria “antipiattaforma Rousseau” è un modo per dire che la politica deve recuperare i valori del garantismo e della presunzione d’innocenza come prioritari nella propria “costituency” e lo deve fare con forza, anche a costo di fronteggiare un’opinione pubblica spesso divergente. Lo deve fare per riaffermare il proprio primato anche sulla magistratura, superare la maledizione di Mani pulite, l’associazione indebita fra politica e malaffare. Deve insomma avere l’orgoglio di mettere fine a trent’anni di anticasta basata sul pregiudizio colpevolista.
È un’operazione che, se espressa in tutto il suo potenziale, è in grado cambiare gli equilibri. Non fra i partiti, non è questa la pretesa: i 6 promotori dicono di voler lanciare «un appello alla politica e alla società civile ad aderire a questo percorso per far nascere insieme un grande movimento di opinione trasversale», che «sia sganciato dalla convenienza quotidiana dei partiti», appunto. Gli equilibri da cambiare sono quelli oggi sbilenchi fra politica e giornali, politica e magistratura: in ultima analisi, fra politica e sentire diffuso. Il ritorno dei partiti nel loro ruolo passa attraverso il garantismo: questo è sicuro. Come dice da qualche lustro Luciano Violante, sono i partiti che devono essere in grado di valutare se un’indagine può stroncare o no una carriera politica, e devono smetterla di affidare il compito ai magistrati. È l’approdo decisivo per ricostruire una vera democrazia in Italia. Non basterà certo un portale e 6 coraggiosi che si associano, ma se non si comincia mai si finisce.