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Quella di avvocato come «professione particolarmente soggetta al rischio riciclaggio», tant’è che non basta l’autoregolamentazione: serve un ulteriore controllo da parte delle istituzioni. Sono parole pesanti quelle contenute in un lungo documento redatto dalla segreteria generale del Consiglio d’Europa, parole che hanno suscitato forti critiche da parte del Ccbe, il Consiglio degli ordini forensi d’Europa e organo di rappresentanza degli avvocati di 45 paesi, che in una nota ha chiesto chiarimenti alla segretaria Marija Pejcinovic Buric, rivendicando la propria posizione di contrasto ad ogni uso scorretto della toga e la propria autonomia, condizione indispensabile per poter esercitare la professione. Il passaggio è breve, ma chiarissimo: «In conformità con il Quadro strategico del Consiglio d'Europa - si legge nel documento - verrà applicata la messa a fuoco per garantire che gli organismi di autoregolamentazione di alcune professioni particolarmente soggette al rischio di riciclaggio di denaro, come avvocati, fornitori di servizi fiduciari e aziendali, agenti immobiliari e commercianti di metalli preziosi e pietre, siano a loro volta controllati da un ente pubblico come ulteriore livello di supervisione». Insomma, una sorta di “commissariamento”, basato sul rischio - non dimostrato - che gli avvocati siano tra i professionisti più “inclini” a compiere crimini di tipo economico. A tale documento, lo scorso 7 giugno, ha replicato Margarete von Galen, presidente del Ccbe, rivendicando l’azione messa in campo dall’avvocatura per combattere i fenomeni di riciclaggio. «Il Ccbe ha avuto un numero significativo di scambi con la Commissione europea per quanto riguarda gli sforzi della professione in questo senso - si legge nella lettera - ed è stato anche lieto di partecipare ai lavori del Gafi (Gruppo di azione finanziaria internazionale, ndr) in merito alla revisione della Guida per un approccio basato sul rischio per i professionisti legali. Ma siamo rimasti sorpresi nel leggere il riferimento a "un ente pubblico come ulteriore livello di supervisione" in materia di autoregolamentazione della professione forense e siamo preoccupati di osservare che tale formulazione provenga da un documento del Consiglio d'Europa. Riteniamo che la dicitura dimostri incomprensione del ruolo, della funzione e dell'importanza dell'autoregolamentazione rispetto al diritto della professione legale». Autoregolamentazione, ricorda von Galen, significa libertà dall'intervento statale. E gli avvocati, dunque, devono essere indipendenti nell'amministrazione della giustizia, pena la fine di una una professione libera e indipendente. L’ingerenza da parte dello Stato, dunque, viene respinta con forza dal Ccbe. Che richiama la Raccomandazione sulla libertà di esercizio della professione di avvocato adottata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa, il 25 ottobre 2000. Quel documento, infatti, prevede, in particolare, che gli ordini e le associazioni di avvocati siano organismi autonomi, indipendenti dalle autorità e dal pubblico, la cui libertà nella tutela professionale dei propri membri da qualsiasi restrizione impropria va rispettata. Il Ccbe, dunque, vuole vederci chiaro e capire quale sia l’intento dietro il riferimento contenuto nel documento, che indica la professione legale tra le più «vulnerabili», al pari del gioco d'azzardo, «in termini di rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo». Affermazioni respinte in toto: «Il Ccbe lavora con i suoi membri per migliorare e aumentare la consapevolezza dei vari rischi e obblighi e siamo fiduciosi che gli avvocati siano molto consapevoli dei loro obblighi in materia di antiriciclaggio - si legge ancora nella lettera -. La professione legale è attenta alla minaccia del riciclaggio di denaro e se ne sta occupando attivamente e sostiene qualsiasi misura chiara, giustificata e proporzionata e continuerà a farlo. A questo proposito noi non vediamo l'ora di collaborare con il Consiglio d'Europa per lavorare insieme nella lotta contro il riciclaggio». Nessuna infrazione della legge verrà tollerata se compiuta da parte di un avvocato, continua von Galen. «Qualsiasi avvocato che consapevolmente partecipa ad attività illegali dovrebbe essere trattato come qualsiasi altro criminale - aggiunge -. Questa è una posizione che noi del Ccbe e degli Ordini degli avvocati abbiamo sempre mantenuto e reso molto chiara». La replica di Pejcinovic Buric è arrivata il 17 giugno, senza chiarire, però, i punti sottolineati dal Ccbe. Pur evidenziando che le questioni sollevate sono «importanti», la segretaria si è limitata ad evidenziare che «un requisito fondamentale del Gafi, in vigore dal 2012, obbliga le autorità a supervisionare il lavoro degli organismi di autoregolamentazione, anche nella professione legale. Ho evidenziato questo punto nella mia relazione perché, purtroppo, questo requisito è in larga misura trascurato dagli Stati membri - ha aggiunto -. Il Consiglio d'Europa avrà ovviamente la massima cura per garantire che le modalità di controllo degli organi di autoregolamentazione non pregiudichino l'indipendenza e in particolare le funzioni essenziali degli avvocati come ausiliari di giustizia». La discussione, dunque, è tutt’altro che chiusa. Tant’è che il documento, già sulle scrivanie delle presidenze di diversi ordini territoriali, sarà all’ordine del giorno di diverse assemblee dei Coa, con lo scopo di chiedere chiarimenti all’Europa. In difesa dell’autonomia e della dignità della professione.