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Marta Cartabia costretta a congelare le proprie riforme dalla crisi grillina
«Riforma ambiziosa». Marta Cartabia la definisce così. Ed è vero: il ddl delega sul processo civile è un grande progetto non foss’altro per il risultato che si propone: «Abbattere del 40% la durata dei processi in 5 anni». E per «rendere più immediata e sicura la risposta di giustizia nei tribunali», la ministra della Giustizia dichiara di scommettere sulla rivoluzione sempre auspicata dall’avvocatura: «Stimolare una cultura della ricomposizione consensuale dei conflitti». Ed è in vista del nuovo paradigma che «si valorizzano con importanti incentivi fiscali gli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie». Sono presupposti ribaditi dalla guardasigilli ancora una volta ieri, nel giorno in cui deposita a Palazzo Madama i propri 24 emendamenti al ddl civile, che ha come testo base l’articolato proposto dal precedente ministro, Alfonso Bonafede. Anche, se non soprattutto, con la “delocalizzazione strutturale dei conflitti” dalla scrivania del giudice al dialogo fra gli avvocati, Cartabia confida di offrire al Paese «un processo agile, all’insegna della collaborazione tra le parti, i difensori e il giudice». D’altronde «dall’approvazione del ddl civile, come delle altre imminenti riforme che riguardano la giustizia», ricorda ancora la guardasigilli, «dipende l’erogazione dei fondi previsti dal Piano di ripresa». Ambiziosa è pure la tempistica che il governo intende darsi. Col deposito al Senato degli emendamenti, Cartabia porta a compimento un’opera in realtà già pronta da un mese e passa. Gli emendamenti suggeriti dalla commissione di esperti, che è stata presieduta dal professor Francesco Paolo Luiso, erano stati già “chiusi” dall’ufficio legislativo del ministero addirittura lo scorso 12 maggio. Poi però è subentrata la laboriosa fase della bollinatura in capo alla Ragioneria generale dello Stato, in un continuo scambio di bozze con i tecnici di via Arenula. Finché, ottenuto due giorni fa il via libera della Ragioneria, Cartabia è tornata in possesso del proprio pacchetto di modifiche e ieri l’ha consegnato nelle fidate mani di Anna Macina, sottosegretaria alla Giustizia M5S, avvocata civilista e prescelta per seguire d’ora in avanti i lavori in commissione al Senato. Proprio Macina ieri ha formalmente completato il deposito, «e adesso si deve correre», ha detto. La commissione Giustizia entrerà nel vivo dopo il 2 luglio, data entro cui i partiti dovranno depositare i loro subemendamenti. In Aula ci si deve andare il 20 luglio: una corsa, perché la riforma è ampia e complessa. Tutto sta a capire se sia anche capace di stare in equilibrio fra pretesa (dalla Ue) efficienza del processo e tutela delle garanzie.Su quest’ultimo aspetto è difficile giudicare con assertività. Di certo Cartabia ha rafforzato l’investimento politico-normativo sulle “Adr” (come riportato con altri dettagli in un servizio a parte, ndr), valorizzate «con importanti incentivi fiscali», assicura. Da una parte resta la «maggiore concentrazione delle attività nell’ambito della prima udienza di comparizione», dall’altra c’è l’effettivo potenziamento della via stragiudiuziale affidata proprio alle difese. Sono due caratteri giustapposti: è nota la preoccupazione dell’avvocatura istituzionale (il Cnf) e associativa (innanzitutto l’Unione nazionale Camere civili) per i rischi di vedere le «garanzie sottratte ai cittadini e sacrificate all’efficienza». L’impressione è che la guardasigilli abbia compiuto un ulteriore, reale sforzo anche finanziario sulle Adr: se questo secondo aspetto sarà sufficiente a bilanciare il primo, non è facile dirlo, appunto.Vanno tenute presenti altre questioni. Intanto, seppure si tratti di una legge delega, gli emendamenti di Cartabia rendono “immediatamente precettive” alcune norme relative al «rafforzamento della tutela del credito nel processo esecutivo» e all’ambito familiaristico. Riguardo alle impugnazioni dei licenziamenti, se c’è domanda di reintegra si assicura alla causa «carattere prioritario». Oltre che sulla ormai nota «istituzione di un rito unitario in luogo della frammentazione dei procedimenti di famiglia, preservando le specificità della giustizia minorile», si punta molto, per gli “score” di rapidità, su una «semplificazione» ottenuta anche col consolidamento delle «innovazioni telematiche introdotte durante l’emergenza covid». Cartabia spiega che la riforma del processo civile è «la prima tappa di un percorso impegnativo, che tocca molti settori: raggiunto questo traguardo, guardiamo con rinnovata fiducia al cammino anche delle prossime riforme». Nel caso del ddl penale, si dovrà attendere luglio per l’approdo in Aula: ieri il presidente della commissione Giustizia della Camera Mario Perantoni ha chiesto a Roberto Fico una proroga: la scadenza era fissata al 28 giugno. Non è allarmante. Ma il peso delle sfide che attendono Cartabia, visto nell’insieme, è ai limiti del titanico.