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Giovanni Falcone viene tirato puntualmente per la giacchetta. Lo si fa quando si parla di “terzo livello”, laddove il giudice in realtà ne stigmatizzò la teoria, parlando di una mafia che non si fa eterodirigere. Così come lo si fa quando si parla dell’ergastolo ostativo: Falcone aveva previsto la possibilità di concedere i benefici penitenziari anche al detenuto che decide di non collaborare con la giustizia. Falcone viene tirato nuovamente in ballo dai parlamentari del M5S, in particolare dal deputato e ex sottosegretario alla Giustizia Vittorio Ferraresi, dal capogruppo in commissione Eugenio Saitta e dal senatore dell’Antimafia Marco Pellegrini. Lo hanno citato per presentare la loro proposta di legge sulla concessione della liberazione condizionale ai non collaboranti, dopo che la Consulta ha dato un anno di tempo affinché il Parlamento intervenga per ridisegnare l’ergastolo ostativo, premettendo che la preclusione assoluta ai benefici è incostituzionale. L’ex guardasigilli Alfonso Bonafede ha così esordito: «Non possiamo permetterci che l’impianto normativo fortemente voluto da Giovanni Falcone per contrastare l’azione delle mafie venga gravemente indebolito».
La Consulta ha riportato l'ergastolo ostativo vicino alle intuizioni di Falcone
In realtà, le recenti sentenze della Consulta hanno esattamente riportato l’ergastolo ostativo proprio vicino all’intuizione di Falcone. Se si vuole onorare la sua memoria, bisogna evitare di manipolare il suo pensiero e le sue azioni. Basterebbe approfondire il decreto legge ideato da Falcone quando, appunto, è stato introdotto per la prima volta il 4 bis nell’ordinamento penitenziario. Nella prima formulazione, quella di Falcone, l’articolo 4 bis prevedeva una semplice differenziazione del regime probatorio per accedere ai benefici penitenziari. Esso, infatti, raggruppava i delitti in “due distinte fasce”: nella prima rientravano i delitti ritenuti di certa riferibilità al crimine organizzato; nella seconda, invece, quelli di elevata gravità, ma non direttamente riferibili a tale genere criminale. Nel primo caso si poteva accedere alle misure alternative soltanto se fossero stati acquisiti elementi tali da escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata”. Viceversa, per i delitti di seconda fascia, l’accesso alle misure alternative e ai benefici penitenziari era condizionato al semplice rilievo oggettivo dell’assenza di attuali collegamenti con la criminalità organizzata.
I paletti per l'ergastolo ostativo ci sono e sono rigidissimi
Ora i grillini, in nome di Falcone, vorrebbero arginare la sentenza della Consulta introducendo dei paletti. In realtà ci sono già e sono rigidissimi. Basterebbe osservare che la concessione dei permessi premio per i non collaboranti, sono numeri da prefisso telefonico. Attualmente, per concedere benefici ai non collaboranti, non si valuta solo la semplice buona condotta penitenziaria, visto che si tratta di un prerequisito minimo per ogni detenuto per qualunque reato. Nei confronti dei detenuti ostativi si effettua una osservazione che deve riguardare invece la riflessione critica sui fatti di reato, il suo atteggiamento verso le vittime e verso lo stile di vita che a suo tempo aveva abbracciato. La stessa nozione di buona condotta deve comprendere un focus sui comportamenti specificamente tenuti: ad esempio l’abbandono nel tempo di atteggiamenti prevaricatori o di pressione su detenuti che abbiano magari un livello criminale più basso. O il mantenimento di uno stile di vita ancora rappresentativo di quegli approcci: ad esempio il rifiuto di lavori semplici e umili, come quelli spesso disponibili in carcere.
Vengono già fatte delle valutazioni serie e scrupolose
Diventa inoltre importante valutare le rimesse in denaro che arrivano dai famigliari e gli acquisti che si fanno al sopravvitto. Si può verificare cosa succede alle famiglie sui territori, cioè se vi siano ancora degli stili di vita incompatibili con i redditi dichiarati. Naturalmente a questo poi si aggiunge una valutazione particolarmente seria, che riguarda i profili di pericolosità sul territorio, attraverso le informazioni che arrivano sull’operatività dei gruppi criminali di riferimento.
L'accentrare le decisioni fa venire meno il principio del giudice naturale
Forse il Movimento 5Stelle dovrebbe aggiornarsi, magari sentire i magistrati di sorveglianza per informarsi e proporre con cognizione di causa una legge. Invece, nella loro proposta di legge, vogliono accentrare tutte le decisioni al tribunale di sorveglianza di Roma. Senza rendersi conto, non solo delegittimano i magistrati di sorveglianza, ma la previsione di un accentramento confligge con il principio costituzionale del giudice naturale. Per altro allontanerebbe il giudice dalla conoscenza della persona, che è invece fondamentale per apprezzarne le evoluzioni nel tempo.