PHOTO
Davigo
Il pm Paolo Storari e l’ex consigliere del Csm Piercamillo Davigo non avrebbero seguito la procedura prevista dalla famosa circolare del 1994 tirata in ballo dai due per giustificare il passaggio di verbali secretati dell’ex avvocato esterno dell’Eni Piero Amara dalle mani del primo a quelle del secondo. A dirlo un’autorevolissima voce della magistratura, che preferisce rimanere anonima, ma che non si sottrae dall’analisi di una vicenda che, nelle ultime settimane, sta terremotando nuovamente il Csm.
Da un lato, spiega la fonte, l’idea di un’inerzia volontaria da parte della procura, che secondo quanto affermato da Storari avrebbe ritardato l’iscrizione sul registro degli indagati degli appartenenti alla presunta loggia “Ungheria”, non sarebbe convincente. I verbali, ricordiamo, sono stati redatti a fine 2019, mentre l’iscrizione dei primi tre nomi è arrivata a maggio 2020, dopo il colloquio tra il procuratore generale Giovanni Salvi - informato da Davigo delle lamentele di Storari - e il procuratore di Milano Francesco Greco. Cinque mesi, dunque. Ma la procedura di iscrizione delle notizie di reato, spiega la fonte, non è automatica. Serve, infatti, che gli elementi raccolti presentino un minimo di credibilità, che non tutti accordano ad Amara. Servivano, dunque, accertamenti preliminari. Ma al di là della presunta inerzia - che verrà eventualmente accertata dalla procura di Brescia -, «non può esistere l’idea che un sostituto, il quale ritenga che ci siano comportamenti riprovevoli di un procuratore, possa prendere delle copie, nemmeno autenticate, e portarle confidenzialmente a mano ad un componente del Csm».
Non c’è solo un problema di segretezza degli atti, infatti, ma c’è un «dovere di formalizzare la procedura - prosegue -. Innanzitutto il sostituto avrebbe dovuto rivolgersi al procuratore generale affinché lo stesso potesse valutare se avocare a sé il procedimento». E qui c’è una strana giustificazione da parte dei protagonisti della vicenda: il posto in procura generale era vacante. «Un sciocchezza prosegue la fonte - perché il facente funzione era comunque presente». In alternativa, o cumulativamente, il pm avrebbe potuto rivolgersi sì al Csm, ma sempre attraverso un atto formale. «La consegna a mano in via confidenziale non è contemplata». E una volta ricevuti quei verbali, Davigo avrebbe dovuto investire ufficialmente il Comitato di presidenza di Palazzo dei Marescialli, attraverso un’annotazione.
La circolare del 1994
Davigo e Storari si appellano ad una circolare del 1994, che riguarda i rapporti tra segreto investigativo e poteri del Consiglio superiore della magistratura e che affronta il tema dell’acquisibilità di elementi coperti da segreto istruttorio. Secondo la circolare, «può ritenersi consentito il superamento del segreto investigativo ogni qualvolta questo possa rallentare od impedire l'esercizio della funzione di tutela e controllo da parte del Csm, che comunque resta soggetto alla disciplina del segreto d'ufficio». Ma tale circolare non elimina l’obbligo di procedere formalmente, limitandosi all’aspetto della segretezza. Secondo Davigo, Storari avrebbe agito nell’adempimento di un dovere, «ma il rispetto delle procedure rimane centrale», continua la fonte. E sbagliato sarebbe anche il parallelismo con il precedente di Gherardo Colombo e Giuliano Turone, che nel 1981 consegnarono gli elenchi della loggia P2 al presidente della Repubblica, Sandro Pertini. I due, infatti, lo fecero tramite un’ordinanza, allegando gli atti. E, dunque, sempre formalmente.
Storari indagò sulla fuga di notizie
Prima di arrivare alle tre indagini che ora interessano le procure di Perugia, Roma e Brescia, al sostituto Paolo Storari venne assegnato il fascicolo sulla fuga di notizie, nata allorquando un cronista del Fatto quotidiano si presentò in procura con i verbali secretati di Amara, denunciando di aver ricevuto un plico anonimo. Storari, all’epoca, dispose una consulenza per stabilire la provenienza di quelle carte. E una volta compreso che si trattava proprio di quei documenti, venendo a conoscenza dell’inchiesta a Roma su Marcella Contrafatto, l’ex segretaria di Piercamillo Davigo, indagata per calunnia per aver inviato quei verbali ai giornali, riferì a Greco che un anno prima aveva consegnato le carte a Davigo, decidendo di rinunciare alle indagini. L’inchiesta venne quindi trasferita a Roma, che ora indaga su Storari per rivelazione di segreto d'ufficio. I pm di Brescia, intanto, stanno indagando sullo stesso reato e, in generale, su quanto avvenuto nella procura meneghina con le dichiarazioni rilasciate da Amara. Secondo la ricostruzione di Davigo, sentito mercoledì dai pm romani, il pg della Cassazione Giovanni Salvi sarebbe stato informato da lui stesso sui contrasti interni alla procura milanese. Salvi, che ha negato di aver saputo dei verbali, avrebbe informato «immediatamente» Greco.
Csm parte offesa
Il Csm, intanto, ha deciso di costituirsi parte offesa nei procedimenti sul caso, rispondendo positivamente alla proposta avanzata dal gruppo dei togati di Magistratura Indipendente. Per fare ciò, il comitato chiederà informazioni alle autorità giudiziarie interessate tramite l’Avvocatura dello Stato per le opportune valutazioni. La vicenda giudiziaria è in divenire. Il Riesame di Roma si è riservato di decidere sul ricorso presentato da Alessia Angelini, difensore dell'impiegata del Csm ora sospesa. La difesa aveva chiesto la restituzione del materiale sequestrato nel corso di perquisizioni. «Abbiamo fatto ricorso al tribunale del Riesame sostenendo che a nostro avviso manca il presupposto per la configurabilità del reato calunnia - ha spiegato Angelini -. Inoltre non ci sono stati messi a disposizione i sei verbali di Amara. La procura non ha aggiunto atti nuovi, invece noi abbiamo depositato una memoria difensiva. Ci sono alcuni accertamenti in corso e la mia cliente è intenzionata a collaborare alle indagini».