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Il processo non è mai iniziato, il dibattimento sì. Sui media. Difesa e accusa di Ciro Grillo e della sua presunta vittima scelgono di anticipare il confronto fuori dall'aula di Tribunale, producendo fantomatiche prove, ascoltando improvvisi testimoni e lanciandosi in arringhe via social. Inizia Beppe Grillo, padre del maggiore indiziato, convinto che il figlio non abbia «fatto niente», riconoscendo al massimo la colpevolezza per il reato di “coglionaggine”, nuova fattispecie creata appositamente dal garante M5S per quattro «ragazzi di 19 anni che si divertono e ridono in mutande e saltellano con il pisello». La vittima? Nessuna vittima per “l'avvocato” Grillo, la ragazza era certamente consenziente «perché una persona che viene stuprata la mattina, al pomeriggio va in kitesurf, e dopo 8 giorni fa una denuncia. È strano». Cala il gelo in “aula” per qualche istante. Poi sono la mamma e il papà della ragazza a rispondere al comico, definendo la sua arringa «una farsa ripugnante». «Cercare di trascinare la vittima sul banco degli imputati, cercare di sminuire e ridicolizzare il dolore, la disperazione e l'angoscia della vittima e dei suoi cari sono strategie misere e già viste», aggiungono. Processo finito? No. Perché c'è ancora un genitore che non ha parlato. E Parvin Tadjik, moglie di Grillo, presente nella villa dove sarebbe stato consumato l'abuso, vuole aggiungere qualcosa, per replicare a Maria Elena Boschi (tra i tanti membri di un'immaginaria giuria popolare): «C'è un video che testimonia l'innocenza dei ragazzi, dove si vede che lei è consenziente, la data della denuncia è solo un particolare», rincara la donna. E tra un commentatore e l'altro interviene un altro avvocato, questa volta vero, della ragazza: «Porterò il video di Beppe Grillo in Procura perché reputo che sia una prova a carico, documenta una mentalità», dice Giulia Bongiorno. Prova a carico di chi non è chiaro, visto che sotto indagine c'è Ciro e non Beppe. Del resto, sono tanti gli elementi poco chiari in questa vicenda in cui vittime e carnefici si confondono nelle urla del processo in piazza.