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«Nel 2020 l’Italia ha speso 46 milioni di euro per le ingiuste detenzioni e per gli errori giudiziari. Persone arrestate per sbaglio, innocenti». Lo dichiara in una nota Enrico Costa, deputato e responsabile Giustizia di Azione, commentando i dati relativi al 2020, analizzati insieme all’associazione errorigiudiziari.com. «Dal 1992 al 31 dicembre 2020 le persone indennizzate sono state circa 30.000, per un totale di 870 milioni di euro. A pagare è solo lo Stato: chi ha sbagliato continua indisturbato la sua carriera. Per questo la prossima settimana sarà discussa alla Camera la mia proposta di legge che prevede che il provvedimento che riconosce la riparazione per ingiusta detenzione sia trasmesso automaticamente al titolare dell’azione disciplinare per le valutazioni di competenza. Inoltre si introduce una nuova e specifica ipotesi di responsabilità disciplinare per ’chi abbia concorso, per negligenza o superficialità, anche attraverso la richiesta di applicazione della misura della custodia cautelare, all’adozione di provvedimenti di restrizione della libertà personale per i quali sia stata disposta la riparazione per ingiusta detenzione», afferma Costa. «I dati sono drammatici. Il distretto di Napoli spicca in questa triste graduatoria con 101 casi nel 2020. E lo stesso distretto è tra le prime tre posizioni da 9 anni consecutivi. E per 6 volte su 9 è stato al primo posto. In più, detiene il record di casi raggiunti in un anno: 211 nel 2013. Al secondo posto c’è il distretto di Reggio Calabria con 99 casi, terza Roma con 77 casi. Il record di spesa nel 2020 è detenuto dai distretti di Reggio Calabria e Catanzaro, con rispettivamente 7.907.008 euro e 4.584.529 euro. In terza posizione Palermo con 4.399.791 euro. Su base pluriennale Catanzaro è il primo distretto italiano per entità di indennizzi per ingiusta detenzione: soltanto negli ultimi 9 anni lo Stato ha versato quasi 51 milioni di euro. Il picco fu nel 2018 con quasi 10 milioni e 400 mila euro. Dal 2012 a oggi, la Calabria ha assorbito più del 35% del totale degli indennizzi nazionali. I primi quattro importi più alti versati sono andati sempre e solo a Catanzaro e Reggio Calabria», continua il deputato di Azione, citando i dati elaborati dall’associazione errorigiudiziari.com. «Ma quale cifra può davvero risarcire il dramma personale di chi deve affrontare le conseguenze di una "Giustizia che sbaglia ed ammette di aver sbagliato"? Questo è il punto. L’enorme, vergognoso dispendio di risorse pubbliche è solo un aspetto marginale del problema. Anche in presenza del più cospicuo indennizzo, il marchio indelebile sulla persona non si cancella e la dignità strappata - davanti agli occhi della comunità, dei colleghi, dei propri cari, di un figlio - è estremamente difficile da recuperare. Con effetti traumatici soprattutto per le famiglie, che in molti casi ne escono distrutte. Ecco perché è così importante accendere i riflettori sul tema. Con questa lente di ingrandimento, potremo allora riconoscere alcuni sintomi di una grave patologia del nostro sistema processuale. Come non considerare che gli indennizzi per ingiusta detenzione in Italia, in termini di spesa e numero di persone indennizzate, sono fortemente disomogenei sul territorio nazionale? Abbiamo tribunali in cui le ingiuste detenzioni sono numerosissime e fori dove si registrano solo sporadicamente. Ma il tema ha molto a che fare anche con la lunghezza dei processi: ognuno di questi indennizzi avviene infatti generalmente dopo oltre 10 anni dall’ingiusta carcerazione subìta, perché la sentenza definitiva che accerta l’innocenza dell’imputato non arriva certo in tempi contenuti. Questo è forse uno degli aspetti più odiosi, perché nel frattempo la persona rimane esposta al pregiudizio e al sospetto. C’è poi la questione dell’abuso della carcerazione preventiva: non è un mistero che la misura cautelare venga utilizzata spesso per obiettivi diversi da quelli per cui è ammessa. Ma c’è un aspetto significativo che non possiamo trascurare: la responsabilità dei magistrati, di fronte a questi macroscopici errori, non scatta mai. Infatti, a differenza di quanto previsto dalla legge Pinto, il provvedimento di indennizzo non viene trasmesso al titolare dell’azione disciplinare per le valutazioni di competenza. Questo è un punto fondamentale e non formale: per tali errori finora ha pagato solo lo Stato; il magistrato che sbaglia non ne risponde. Occorre intervenire», conclude Enrico Costa.