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«Inopportuna». Viene definita così dal Comitato di Presidenza del Consiglio superiore della magistratura la permanenza del consigliere laico Alessio Lanzi in Prima Commissione, competente in procedimenti di incompatibilità dei magistrati. Un’inappropriatezza determinata dall’incontro intercorso tra l’avvocato forzista e Roberto Rampioni, difensore dell’ex presidente dell’Anm Luca Palamara proprio il giorno prima dell’audizione dell’ex pm come testimone sui contenuti delle centinaia di chat intrattenute con altri magistrati. La polemica generata da quell’incontro - di cui Repubblica e Corriere della Sera hanno dato notizia raccontandolo come off limits - ha quindi spinto Lanzi a lasciare la Prima Commissione alla volta della Quinta, quella per il conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi. «Sono stato io a chiedere di cambiare Commissione - ha chiarito mercoledì con una nota -, poiché avevo perso ogni senso di fiducia nei confronti di due consigliere; due su cinque, che però hanno trovato la sponda del pronto avvicendamento da parte del Comitato». E circa il contenuto dell’incontro, Lanzi ha spiegato che si è trattato di un appuntamento «professionale», su temi accademici e editoriali «che ci uniscono. Ma la nota lapidaria diffusa oggi dal vicepresidente David Ermini, dal primo presidente della Corte di Cassazione Pietro Curzio e dal procuratore generale presso la Corte di Cassazione Giovanni Salvi propone un punto di vista diverso: «Lo stesso consigliere Lanzi - affermano - ha riferito che nel colloquio intercorso con l’avvocato Roberto Rampioni, sia pure marginalmente, è stato affrontato il tema dell’audizione del dottor Luca Palamara, fissata per il giorno seguente». Un’affermazione che confligge con quanto dichiarato, invece, dagli stessi protagonisti della vicenda. E ciò per un semplice motivo: l’incontro tra i due, durato 30 minuti, è avvenuto prima della riunione della Sezione disciplinare nel corso della quale sono stati individuati i temi da trattare durante l’audizione, avvenuta poi la mattina successiva. «In tale riunione, la proposta di ampliare il tema dell’audizione non fu mia ma di altro consigliere; non venne poi approvata e l’audizione si limitò solo a taluni aspetti», ha aggiunto Lanzi. Che sulla nota del Comitato di Presidenza preferisce non commentare: «Con la dichiarazione di ieri (mercoledì, ndr) ritengo chiusa la questione». Ma a ribadire che nulla di sconveniente sia accaduto è ancora una volta Rampioni: «Ribadisco al riguardo che nel corso del colloquio non sarebbe stato possibile parlare di alcun tema “oggetto” dell'audizione - spiega il legale al Dubbio -, in quanto, come a tutti ormai noto, i temi in discorso sono stati individuati in un momento successivo al “colloquio”». D’altronde, Palamara si trovava davanti alla Prima Commissione non in veste di accusato, ma di testimone, senza alcun bisogno, dunque, di conoscere in anticipo i contenuti dell’audizione, alla quale non ha partecipato il suo legale. Anzi, è stato lo stesso pm ad affermare più volte pubblicamente di voler «raccontare tutto», andando oltre il contenuto del suo libro, dal titolo “Il Sistema”. «Non vi era alcun interesse da parte del mio assistito a ricevere “informazioni preventive”, dal momento che in qualità di semplice “audito” avrebbe potuto essere sentito soltanto sul contenuto delle proprie chat - aggiunge Rampioni -. E perché la sua presenza (quella di Lanzi, ndr) non è stata ritenuta “inopportuna” al momento dell'audizione? Non amando (meglio, rifiutando) le ambiguità linguistiche e gli artifici verbali, cosa si intende affermare con l'espressione “sia pure marginalmente, è stato affrontato il tema dell'audizione”? - conclude - Alla luce del “dato” che il tema non può essere dislessicamente individuato nella convocazione per l'audizione, ma solo nel possibile (e, purtuttavia, ignoto) oggetto dell'audizione».