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Una rappresentazione plastica del «sistema». Si potrebbe sintetizzare così il pensiero di Roberto Rampioni, avvocato di Luca Palamara, ex presidente dell’Anm e al centro dello scandalo che ha terremotato la magistratura. Lo si evince dalla lettera inviata al presidente della Repubblica Sergio Mattarella e alla ministra della Giustizia Marta Cartabia, quattro pagine dense di significato, che delineano un quadro a tinte fosche su quanto accaduto ad Alessio Lanzi, consigliere laico del Csm, che da due giorni ha lasciato la prima Commissione - quella per le incompatibilità - per passare alla quinta - quella per il conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi. Una decisione presa dopo l’incontro del forzista con Rampioni, avvenuto 24 ore prima dell’audizione dell’ex pm proprio davanti alla prima Commissione, di cui Repubblica e Corriere della Sera hanno dato notizia raccontandolo come off limits. Ed è questo, per Rampioni, l’elemento cruciale della vicenda. Si tratterebbe di «una strumentale e squallida aggressione mediatica», afferma nella lettera. La tesi dei due quotidiani è chiara: l’incontro avrebbe avuto come scopo quello di conoscere in anticipo le richieste che il Csm avrebbe fatto a Palamara. La notizia, precisa con enfasi Rampioni, è però «spudoratamente falsa». «È stato montato qualcosa che non esiste - racconta al Dubbio -. Palamara è stato sentito come teste su argomenti che non conoscevamo, ma che erano in ogni caso risaputi dall’ex presidente dell’Anm, perché riguardavano le sue chat. Che cosa mai avrebbe dovuto dirmi Lanzi? È una mascalzonata per tirarlo fuori dalla prima Commissione. Il timore di chi ha orchestrato tutto è chiaro: che Di Matteo e Lanzi, i più vivaci della Commissione, potessero chiedere troppe cose e che quindi il Csm diventasse una specie di cassa di risonanza». La tesi di Rampioni è, dunque, che Palamara sia stato “silenziato”. «Hanno l’interesse di ascoltarlo il meno possibile sul minor numero possibile di casi. Ma le pare normale che hanno aperto un numero minimo di procedimenti disciplinari rispetto a quella montagna di chat? - spiega ancora - Questo era l’interesse e infatti ci sono riusciti». Ciò che al legale, cresciuto professionalmente con i giganti del foro, pesa di più è l’obliquità: «Passano da me per arrivare a Lanzi», sottolinea. Ma allora chi sono i “mandanti” di quello che definisce un «pizzino»? «Non lo so - replica -, io sono abituato a ragionare sui fatti». E i fatti sono quelli che racconta nella lettera. L’incontro, spiega, è tra due amici, nessun argomento sensibile viene trattato. Si tratterebbe, dunque, di una notizia «costruita, “almeno” da parte del suo artefice, veicolata alle due testate, già rivelatesi compiacenti al cosiddetto “Sistema”, ed offerta ai media per raggiungere uno scopo “ulteriore”». L’appuntamento era stato programmato per il 24 marzo, molto prima della convocazione di Palamara, dopo diversi rinvii causati dalla pandemia. E proprio per evitare rischi, i due decidono di incontrarsi nello studio dell’avvocato, alla luce del sole, nello stesso stabile in cui vive il procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi. Nessuna riunione carbonara, che sicuramente sarebbe stato sciocco tenere in un posto così “pericoloso” per qualsiasi affare losco, nessun atteggiamento sospetto, al più un problema di opportunità. L’incontro dura 30 minuti, dalle 13 alle 13.30. I due parlano di questioni accademiche e nulla più, spiega Rampioni. Anche perché la riunione della Sezione disciplinare nel corso della quale vengono individuati i temi da trattare durante l’audizione avviene nel pomeriggio. Nessuna soffiata, dunque, sarebbe potuta arrivare dal laico del Csm.