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Tre giorni di astensione per rivendicare la tutela del diritto di difesa. L’Unione delle Camere penali alza la voce, lanciandosi in una feroce critica di politica e magistratura, perse dietro discussioni interne fini a se stesse e incapaci di gettare uno sguardo sulla condizione della Giustizia. «Drammatica», sentenziano i penalisti, che di fronte all’ennesima contraddizione della macchina del processo hanno deciso di incrociare le braccia. L’ultimo disservizio è quello del portale del processo penale, il cui utilizzo è obbligatorio, ma evidentemente non lo è la sua funzionalità, se è vero, com'è vero, che i giorni in cui si ha la fortuna di vederlo funzionare sono meno di quelli in cui, invece, si inceppa. E ciò, denuncia Ucpi, nel più assoluto silenzio delle parti in causa, a fronte della richiesta di un periodo cuscinetto che consentisse anche il deposito cartaceo degli atti. «Il portale penale telematico, o meglio il portale delle Procure - affermano i penalisti -, nasce già obsoleto, ma soprattutto presenta continui guasti e inconvenienti tecnici che mettono a repentaglio il rispetto dei termini processuali e la tempestiva contezza delle iniziative della difesa. La soluzione ragionevole proposta, quale la previsione di un regime transitorio, non è stata presa in considerazione». I tre giorni di astensione (29, 30 e 31 marzo), per i quali Ucpi chiama a raccolta tutte le Camere penali territoriali, saranno accompagnate anche da una giornata di protesta nazionale, in modalità telematica, prevista per il 29 marzo. Sul tema della digitalizzazione Cartabia si è espressa ieri, in un passaggio del suo intervento al Festival della Giustizia. «L’utilizzo degli strumenti informatici si è rivelato fondamentale nella pandemia e continuerà a esserlo, per dare un volto nuovo alla giustizia - ha evidenziato - . Contiamo anche di migliorare le disfunzioni che persistono nel portale telematico di deposito degli atti». Dichiarazioni di intenti che gli avvocati attendono di vedere concretizzate. Se, da un lato, sottolineano i penalisti, la digitalizzazione appare inevitabile, dall’altro «il deposito nel portale non è corredato da idonea certificazione comprovante l’esito positivo delle operazioni. Spesso, intervenuto il deposito della nomina, è comunque impossibile accedere al fascicolo». A ciò si aggiunge l’esclusività dello strumento per il deposito degli atti difensivi, nonché l’estensione del suo utilizzo - sempre esclusivo - anche al deposito della querela, degli atti di opposizione alla richiesta di archiviazione e dell’atto di nomina, con l’introduzione di un “atto abilitante” che carica i difensori «di un ulteriore incombente non previsto dalla legge». A ciò si aggiunge un’azione non omogenea da parte dei procuratori: «In alcuni casi si è negata l’esistenza del problema, in altri si è attribuito il cattivo funzionamento del meccanismo alla incapacità tecnica degli avvocati. In alcune sedi si è giunti ad autorizzare anche le forme di deposito tradizionale, salvo paventare il concreto rischio di future declaratorie di inammissibilità», aggiungono i penalisti. Una situazione che determina, a conti fatti, «una grave lesione dei diritti dei cittadini sottoposti a procedimento penale e delle persone offese che non vedono garantita la loro rappresentanza e la loro difesa tecnica».Dal canto suo, il Consiglio nazionale forense ha scritto una nota indirizzata a tutti i presidenti dei Coa italiani, sottolineando di aver «provveduto a sollecitare un ulteriore incontro con il Dgsia (Direzione generale dei sistemi informativi automatizzati) del ministero della Giustizia, «al fine di rappresentare le persistenti problematiche che non hanno ancora trovato soluzione». E lunedì prossimo è prevista una riunione che coinvolgerà i rappresentanti dell’Ucpi «finalizzata a verificare le possibili soluzioni e i correttivi da adottare al fine di evitare pregiudizi agli avvocati, ma, soprattutto, qualsivoglia forma di preclusione all’esercizio dell’attività di difesa causata dal mancato funzionamento del sistema». I penalisti sono chiari: non solo il processo penale sconta gli esiti di riforme emergenziali che hanno reso i meccanismi processuali farraginosi, ma anche «strutture sovente fatiscenti, personale di cancelleria in smart working, generale inadeguatezza dei provvedimenti assunti per l’operatività dei singoli uffici giudiziari». Tutto questo nel mezzo di una crisi epocale della magistratura, incapace di «elaborare una seria riflessione sul sistema di potere costruito negli ultimi vent’anni» e di un temporeggiare della politica, che «non pare avere, al momento, intelligibili progetti di modifica della prescrizione né dei meccanismi capaci di incidere sui tempi del processo né dell’ordinamento giudiziario». Ucpi continua a dirsi pronta ad un’interlocuzione con la ministra, essenziale, si legge nella nota, per qualsiasi «progetto di riforma».