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Inutile e ridondante evocare il Rino Formica della “politica è sangue e merda”. In queste ore sarebbe forse più appropriato rispolverare il Mandela del compromesso: “Il compromesso è l’arte della leadership e i compromessi si fanno con gli avversari, non con gli amici”. E quando Mandela parlava di avversari non aveva esattamente in mente i volti, tutto sommato paciosi, di Vito Crimi e Alfonso Bonafede, ma quelli arcigni di Botha e della sua agghiacciante apartheid. Insomma, tutto questo per dire che chi, in questi primissimi giorni di governo alza il sopracciglio per l'eccessiva prudenza della ministra Cartabia in materia di prescrizione, forse dovrebbe ridare un'occhiata alla composizione di questa larghissima maggioranza. E magari ripensare al richiamo di Mandela. Oppure fare un salto a via Arenula dove scoprirebbe che 5Stelle e Forza Italia, i due partiti in assoluto più distanti sui temi della giustizia, hanno piazzato due “sentinelle” - una delle quali, Paolo Sisto, preparatissimo - che seguono passo passo i movimenti della ministra. La quale, anche questo bisogna pur dirlo, non è più, o non è solo, la professoressa di diritto che amava “dialogare” con cardinal Martini sui temi della pena e del recupero dei detenuti (e per chi non lo avesse ancora fatto legga e rilegga il suo libro “Un’altra storia inizia qui”) ma è soprattutto, almeno per ora, la ministra della giustizia sostenuta da una maggioranza di governo che include garantisti col pedigree e tifosi del “buttiamo le chiavi delle galere”. E di fronte a questo panorama la ministra Cartabia ha due opzioni: passare come un caterpillar sulle pretese grilline di salvare la prescrizione riformata da Bonafede - un obbrobrio giuridico scritto con la pancia e la bile degli italiani amanti delle manette - col rischio, anzi la certezza, di frantumare il giovanissimo governo Draghi; oppure iniziare un paziente e costante lavoro di mediazione per cercare di limitare gli effetti nefasti di quella legge senza piazzare mine sotto la poltrona del premier. Insomma, Marta Cartabia è chiamata a scegliere tra la battaglia di principio e la battaglia politica. A noi sembra che abbia vinto quest’ultima e siamo certi che i suoi dialoghi con cardinal Martini, la ministra Cartabia li ha ancora ben scolpiti nella testa e nel cuore e mai e poi mai rinuncerebbe al principio del giusto processo. E un processo è giusto quando rispetta la ragionevole durata. Questo lo sappiamo noi ma lo sa bene anche lei.