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«Hanno manomesso la democrazia e distrutto lo Stato di diritto, sostituendo il soggetto giuridico con il soggetto- virus». Sono parole pesantissime quelle di Arié Alimi, avvocato penalista francese, militante della Ligue des droits de l’homme (Ldh) e autore del pamphlet Le Coup d'état d'urgence – Surveillance, répression et liberté.
Alimi lancia un atto d’accusa nei confronti del potere politico e giudiziario e delle misure di contrasto della pandemia da coronavirus che, da quasi 12 mesi, hanno portato alla sospensione di fatto della democrazia, permettendo di instaurare in tutta la Francia una specie di «Stato di polizia». Lo testimoniano le decine di clienti che ha difeso nell’ultimo anno, persone rimaste vittime di abusi e violenze da parte delle forze dell’ordine, quasi sempre poveri, immigrati, senza tetto, sgomberati a colpi di manganello dai ripari di fortuna dei sobborghi metropolitani, additati come “untori”, trattati peggio di pericolosi terroristi.
Un’emergenza sanitaria che ha permesso di realizzare in sordina un “colpo di Stato permanente” parafrasando la definizione che François Mitterrand diede delle istituzioni golliste della Quinta Repubblica ( salvo poi approfittarne in pieno quando divenne lui il presidente). E la Francia nell’ultimo decennio è stata un laboratorio della repressione e della legislazione d’emergenza, la sua polizia troppe volte protagonista di violazioni e abusi di potere. Secondo Alimi la stretta autoritaria che sta vivendo il suo paese viene da lontano, almeno dai provvedimenti antiterrorismo che hanno seguito gli attacchi da parte dei jihadisti affiliati ad al Qaeda o all’Isis.
Gli attentati alla redazione di Charlie Hebdo, al Bataclan, sul lungomare di Nizza oltre a lasciare dietro di loro una lunga scia di sangue hanno avuto l’effetto collaterale di sfibrare le garanzie e le libertà democratiche con l’implicito consenso da parte dei cittadini storditi e impauriti. E la ferocia con cui le forze di sicurezza transalpine hanno inscenato la caccia all’uomo è stata direttamente proporzionale alla loro incapacità nell’individuare in tempo i veri responsabili degli attacch, quasi sempre individui già noti ai servizi di intelligence d’oltralpe: «Nel 2015 ho assistito una quindicina di persone colpite dalle misure dello stato d’emergenza proclamato dal presidente socialista Hollande. Erano tutti musulmani praticanti, estranei a qualsiasi gruppo radicale: sono stati intercettati, perquisiti, hanno subito blitz notturni con la porta sgfondata a colpi di ariete, malmenati davanti ai propri figli, messi agli arresti domiciliari. Nessuno di loro è stato poi condannato per reati associati al terrorismo, semplicemente perché si trattava di fermi e arresti illegali compiuti senza lo straccio di una prova. I risarcimenti invece sono stati simbolici se non inesistenti», scrive Alimi. Che denuncia l’indifferenza e la sciatteria con cui i media parlano di questi abusi: «Quando vengono mostrate le immagini di un uomo che viene arrestato con brutalità e trascinato via in manette il condizionamento mediatico e sociale ce lo fanno percepire come qualcuno che merita quel trattamento. È molto difficile provare empatia, sentire il dolore, le sofferenze, il trauma di qualcuno sbattuto in prima pagina come fosse un mostro».
L’obbligo di rimanere confinati nel proprio domicilio ha riguardato migliaia di sospetti durante le inchieste sugli attentati jihadisti, di solito il confinamento è di 12 ore, dalle 8 di sera alle otto del mattino con obbligo diurno di firma al commissariato più vicino.
Alimi è convinto che tra quel sistema di confinamento temporaneo riservato ad alcune categorie specifiche della popolazione e l’odierno lockdown ci sia una chiara continuità, non necessariamente una strategia voluta ma un rapporto oggettivo: «In pochi lo hanno fatto notare, ma c’è una stretta relazione giuridica e politica tra l’ondata di arresti domiciliari del 2015 e l’odierno lockdown. La legge sullo stato d’emergenza sanitario come quella sullo stato d’emergenza anti terrorismo è stata prorogata dal governo in modo indefinito, di decreto in decreto, hanno seguito lo stesso metodo».
Dispositivi giuridici speciali che, oltre ad alterare il diritto comune, diventano strumenti di sospensione permanente delle libertà individuali e collettive. Il ragionamento di Alimi tocca poi il cuore filosofico- giuridico del problema, il rapporto tra gli individui e lo Stato, tra la necessità e la libertà: «Il meccanismo essenziale del passaggio dallo stato ordinario a quello emergenziale riguarda il cambiamento della nozione di individuo; nel diritto comune siamo soggetti giuridici, abbiamo protezioni e garanzie, abbiamo diritto a rimanere in silenzio, a consultare il nostro fascicolo a disporre di un avvocato quando finiamo sotto accusa. Con lo scoppio della pandemia e il confinamento generalizzato di tutta la popolazione il soggetto giuridico, che è una finzonie atta a difenderci dalla macchina dello Stato, diventa improvvisamente un soggetto biologico passibile di contagiarsi e di contagiare tutti gli altri, un “soggetto- virus”. Quest’ultimo non dispone più di alcun diritto è una vera e propria preda dell’onnipotenza dello Stato, spogliato delle sue prerogative democratiche elementari, della propria intimità, del proprio habeas corpus».
Il presupposto della stretta securitaria è la protezione della popolazione da un nemico letale e impalpabile come il Sars cov- 2 che da un anno flagella il pianeta e colpisce più o meno tutte le democrazie mondiali. Ma in Francia più che altrove le conseguenze di questa fuga in avanti ( o piuttosto di ritorno all’indietro) dello Stato di diritto rischiano di diventare un corredo fisso della vita civile, di venire incorporate dai nostri ordinamenti e dalla stessa opinione pubblica.
La psicologia si massa si adatta in fretta al nuovo quadro emergenziale, che, come sottolinea Alimi, prende in esame i comportamenti e le stesse intenzioni, una semplice passeggiata nei pressi della propria abitazione è così associata a un attentato alla salute collettiva, il divieto di assembramento si estende concettualmente all’attività politica di base, una manifestazione di protesta garantita dalla costituzione può in questo modo venire liquidata come un’adunata sediziosa e trattata come tale.
«È un movimento a macchia d’olio che progressivamente invade tutti gli spazi democratici; sei anni fa si è iniziato a colpire i musulmani e qualche piccolo gruppo di militanti politici, con le misure di confinamento domiciliare, si è proseguito nel 2018 contro migliaia di partecipanti alle manifestazioni dei gillet gialli è infine si è arrivati a questo stato d’emergenza sanitario che ora si applica a tutti i cittadini residenti in Francia. Il confinamento generale come modello di governo sta facendo a pezzi lo Stato di diritto e molto poche sono le voci di protesta»