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Erano stati previsti dal decreto Rilancio, dalla legge di assestamento e nei fondi di riserva, ma fino a poche ore fa i 92 milioni necessari per saldare i debiti con gli avvocati per il patrocinio a spese dello Stato non erano mai stati messi a disposizione di via Arenula. Grazie anche al Mef, il guardasigilli Alfonso Bonafede ha ora trasmesso le risorse ai propri uffici e ordinato l’immediato saldo degli onorari. «Era doveroso, ma una simile situazione di ritardo non dovrà ripetersi» , dice il ministro. Il sottosegretario alla Giustizia Andrea Giorgis, intervistato dal Dubbio, spiega: «Su carcere e processi da remoto l’avvocatura ha mostrato spirito collaborativo e responsabilità. Le misure sui detenuti sono rigorose: arginano il rischio di contagi negli istituti di pena ma allo stesso tempo escludono dai benefici i detenuti per reati gravi».
«Misure inattaccabili sul carcere. Saldati a breve i debiti con gli avvocati»
Andrea Giorgis è un costituzionalista, prima ancora che — insieme con Vittorio Ferraresi — il sottosegretario alla Giustizia dell’attuale esecutivo. Comprende dunque il rilievo che la professione forense assume nel nostro sistema democratico. Ben conosce la funzione irrinunciabile degli avvocati quali coprotagonisti della giurisdizione. Ebbene, il sottosegretario ed esponente del Pd, insieme col guardasigilli Alfonso Bonafede, ha seguito negli ultimi giorni con pazienza lo sviluppo del “pacchetto giustizia”, vale a dire di quelle misure del Dl Ristori riservate al processo e alle carceri, e ora non manca di esprimere apprezzamenti per il ruolo svolto dall’avvocatura: «Sono giorni difficili e anche gli effetti economici della pandemia si fanno sentire: molti cittadini, molti lavoratori e tra questi molti professionisti stanno sopportando sacrifici significativi. Il che però non ha fatto venire meno da parte dell’avvocatura un atteggiamento costruttivo e responsabile nell’interlocuzione con il governo».
Si riferisce ad alcune componenti in particolare?
No: tutte le rappresentanze forensi hanno dato un contributo importante, pur esprimendo legittime riserve, anche nelle ultimissime ore, su specifici aspetti del decreto o sulla mancanza di misure ritenute da alcuni necessarie. Il Cnf, l’Ocf, l’Aiga, le rappresentanze associative e specialistiche, come quelle di penalisti e civilisti, hanno svolto un ruolo prezioso. E sono state, mi preme dirlo, disponibili a farsi carico della necessità di individuare delle soluzioni capaci di ridurre il più possibile i rischi di diffusione dei contagi, garantendo al contempo il funzionamento della giustizia e l’esercizio dei fondamentali diritti di azione e di difesa.
E dal suo punto di vista quali sono le misure più rilevanti?
Si sono discusse e alla fine definite importanti innovazioni processuali che consentono di svolgere da remoto alcune attività. Dall’interrogatorio di garanzia a seguito di emissione di misura cautelare, alla partecipazione alle udienze delle persone detenute, alle udienze penali che non richiedono la partecipazione di soggetti diversi da pubblico ministero, parti private e rispettivi difensori, dagli ausiliari del giudice, ufficiali o agenti di polizia giudiziaria, interpreti, consulenti o periti. Non possono invece essere tenute mediante collegamenti da remoto le udienze nelle quali devono essere esaminati testimoni, parti, consulenti o periti, nonché le udienze di discussione e, salvo che le parti vi acconsentano, le udienze preliminari e dibattimentali. È stato inoltre previsto che, in ambito penale, il deposito di memorie, documenti, richieste e istanze presso gli uffici delle Procure e presso i Tribunali avvenga esclusivamente mediante deposito dal portale del processo penale telematico.
Il pacchetto giustizia contiene anche norme sulle carceri.
Sì, insieme a importanti norme processuali, nel testo del decreto legge cosiddetto Ristori sono state inserite anche alcune misure relative ai detenuti che era necessario approvare al più presto per ridurre i rischi di una diffusione dei contagi negli istituti penitenziari. La posta in gioco, è bene ricordare, è la salute di tutti: della polizia penitenziaria, del personale amministrativo, dei detenuti e anche dei cittadini liberi. Perché una diffusione dei contagi, come è evidente, avrebbe ripercussioni sull’intero sistema sanitario e sull’intera collettività.
È strano che si debba far fatica a veicolare un messaggio così semplice.
Mi lasci dire che trovo irresponsabile la polemica sollevata in queste ore da Matteo Salvini e da diversi esponenti della Lega. Le licenze e i permessi straordinari per i detenuti in regime di semilibertà e per quelli ammessi al lavoro esterno non potranno essere concesse ai condannati per delitti di cui all’articolo 4- bis della legge 26 luglio 1975 numero 354 e per quelli richiamati agli articoli 572 e 612- bis del codice penale, vale a dire per i delitti di mafia, terrorismo e altri di grave allarme sociale, compresi reati di maltrattamento e gli atti persecutori.
D’altra parte, si doveva scegliere tra una eventuale revoca di permessi già concessi e il previsto ulteriore beneficio del mancato rientro in cella dopo il lavoro esterno: certo i detenuti non potevano fare la spola fra dentro e fuori. E optare per la prima soluzione sarebbe stato incomprensibile.
È così, come è vero che le esclusioni previste smentiscono gli scenari apocalittici paventati dalla Lega. Analogamente a quanto stabilito per i permessi, la detenzione domiciliare per i detenuti che devono scontare una pena residua non superiore a diciotto mesi, anche se costituente parte residua di maggior pena, non potrà infatti essere applicata ai soggetti condannati per delitti di cui all’articolo 4- bis della legge 26 luglio 1975 numero 354 e agli articoli 572 e 612- bis del codice penale, vale a dire, di nuovo, quelli di mafia, terrorismo e altri gravi reati. E ancora, la detenzione domiciliare non potrà essere applicata ai delinquenti abituali, professionali o per tendenza, ai detenuti che sono sottoposti al regime di sorveglianza particolare, ai detenuti che nell'ultimo anno siano stati sanzionati o oggetto di rapporto disciplinare per disordini o sommosse, ai detenuti privi di un domicilio effettivo e idoneo anche in funzione delle esigenze di tutela delle persone offese dal reato. Né potrà applicarsi nei casi in cui il magistrato di sorveglianza ravvisi gravi motivi ostativi alla concessione della misura. Insomma, disposizioni ragionevoli che non credo mettano a rischio la sicurezza dei cittadini, e che mi auguro trovino una rapida applicazione, nei confronti di tutti i potenziali destinatari, e siano così in grado di contribuire, insieme alle direttive del Dap e dei Provveditorati contenenti significative misure di prevenzione, cura e di gestione dei positivi, a scongiurare una diffusione incontrollabile dei contagi negli istituti penitenziari.
Gli avvocati hanno mostrato spirito collaborativo, ma con le altre professioni chiedono più attenzione anche nelle misure di sostegno alla loro attività.
Ecco, proprio a tal proposito, mi lasci esprimere soddisfazione per il reperimento, grazie anche all’impegno del Mef, delle risorse necessarie al pagamento degli arretrati dei professionisti che hanno prestato gratuito patrocinio e dei consulenti tecnici, pari a circa 92 milioni di euro. Un segnale importante, credo, in un momento così difficile.