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Sessanta detenuti positivi al covid 19 in un solo carcere. Tre di loro sono stati ricoverati, di cui due sono in terapia intensiva. Parliamo del penitenziario di Terni, un caso mai visto in Italia dall’inizio della pandemia. Si attende ancora il risultato di circa 90 tamponi, compresi quelli relativi al personale di Polizia Penitenziaria. Numeri già impressionanti, ma che inevitabilmente sono destinati a crescere. Nel penitenziario umbro si sta attrezzando una sezione riservata per i contagiati, ma se i numeri crescono è difficile poi trovare lo spazio. Motivo in più per pretendere che tutti gli istituti penitenziari non solo non siano sovraffollati, ma che abbiano anche una percentuale di celle vuote pronte per ogni emergenza.Ma il consiglio dei ministri ha licenziato solo il decreto che prevede la misura alternativa per chi ha meno di 18 mesi di pena da scontare (ma con l’obbligo di braccialetto) e ai condannati ammessi al regime di semilibertà e a quelli ammessi al lavoro esterno la concessione - ovviamente da parte del magistrato di sorveglianza - licenze con durata superiore a 15 giorni. Ma bastano? In realtà, come già ci ha insegnato l’esperienza scorsa, ad incidere sulla riduzione del sovraffollamento è stato l’operato della magistratura di sorveglianza che ha cercato di attuare pienamente la costituzione italiana. Non solo. Anche il discorso della detenzione domiciliare per motivi di salute è necessario prenderla in considerazione. Ma ha avuto una battuta d’arresto a causa della cattiva informazione, anche usando male la terminologia. Lo ha detto il Garante nazionale delle persone private della libertà nell’ultimo bollettino: “Occorre riaffermare il principio di tutela della particolare vulnerabilità di persone anziane o affette da specifiche malattie che resta integro nel suo valore, al di là di strillate opinioni espresse in qualche talk-show televisivo”.