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Il referendum sul taglio dei parlamentari pone diverse questioni: risparmio di spesa, funzionalità e rappresentatività del Parlamento, intreccio con la revisione della legge elettorale.
Indubbiamente, il taglio dei parlamentari comporterebbe un modesto alleggerimento di spesa, ma anche i sostenitori del sì non vi indugiano e, d’altra parte, affrontare il tema della rappresentanza parlamentare in termini di ( modesta) riduzione di spesa è riduttivo. Piuttosto, negli ultimi tempi, si insiste sull’argomento che un Parlamento più snello sarebbe più efficiente ed efficace.
L’affermazione appare discutibile. Il Parlamento ha problemi di funzionalità non per il numero dei parlamentari, ma per il rapporto con il Governo.
L’abuso della legislazione anche laddove non necessario e, in particolare dei decreti- legge, e il ricorso al voto di fiducia stronca qualsiasi possibilità di approfondimento da parte del Parlamento. La mancata semplice modifica dei regolamenti parlamentari per evitare il cambio di “casacca” di parlamentari e la mancanza della “sfiducia costruttiva”, dimostrano la mancanza di una vera volontà di migliorare il funzionamento del Parlamento.
A ciò si aggiunge che difficilmente può darsi credito alla volontà di migliorare la funzionalità del Parlamento da parte di chi ha come obiettivo il ridimensionamento del Parlamento. L’ideologia dei movimenti populisti, infatti, consiste nel ritenere che il capo del movimento politico interpreta, anche avvalendosi delle piattaforme informatiche, direttamente le istanze sociali e trova le soluzioni, senza bisogno di mediazioni parlamentari, connotate da inevitabili compromessi.
Il movimento populista, perciò, non fa affidamento su alleanze di governo, che anzi le rifugge come pericolosa contaminazione. Aspira, perciò, a divenire maggioranza assoluta per non dover giungere a compromessi o peggio a veri e propri “inciuci”. Se n’è avuta la prova anche nella presente legislatura, nella quale il Movimento Cinque stelle ha gridato all’” inciucio” contro le consultazioni e minacciato l’impeachment del Presidente della Repubblica, che procedeva alle ordinarie consultazioni per dare l’incarico di formare il governo a chi fosse in grado di trovare in Parlamento la maggioranza, invece di dare l’incarico a chi aveva ottenuto nelle ultime elezioni politiche la maggioranza ( relativa). In contrasto, quindi, proprio con il regime parlamentare.
Lo stesso “contratto di governo” non appare in linea con i principi costituzionali, perché non si traduce nella condivisione di un programma di governo, bensì in un accordo nel quale ciascuna parte politica si riserva di ottenere i propri obiettivi, e lascia all’altra parte politica la possibilità di perseguire i propri. Tant’è che, nella recente esperienza di governo giallo- verde, la responsabilità politica dell’immigrazione ricade solo su una parte e non sull’intero Governo. Dunque, la visione populista e antiparlamentare ha già cominciato a produrre i suoi danni e ben si comprende che l’argomento della minore rappresentatività del Parlamento non faccia presa nei movimenti populisti.
Anzi. In un parlamento costituito da membri scelti dai vertici del movimento con vincolo di mandato, è assolutamente coerente ritenere che il numero dei parlamentari sia un inutile costo.
Desta, invece, sorpresa che le forze politiche che avevano una diversa concezione dell’istituto parlamentare, non se ne accorgano o utilitaristicamente non vi diano peso. Dunque, il prossimo referendum, benché attrattivamente presentato come “taglia parlamentari” in odio alla “casta”, non concerne affatto il risparmio, bensì direttamente l’utilità o meno del Parlamento. Anche la tesi che si tratterebbe solo di un primo passo nella strada di successive riforme istituzionali appare debole.
Non si guarda all’esperienza degli altri ordinamenti e alla eliminazione del bicameralismo perfetto.
Ci aveva provato Matteo Renzi, con una riforma costituzionale nella quale era camera a votare la fiducia al governo e che portava anche alla riduzione del numero dei parlamentari, ma con una logica di sistema. Il popolo italiano ha bocciato quella riforma costituzionale. Ora si propone una riforma costituzionale senz’altro peggiore. Nel prossimo referendum, quindi, sia pure con l’attrattiva della riduzione della spesa pubblica, in realtà si voterà a favore o contro il Parlamento.
Chi vuole contrastare l’indebolimento della democrazia rappresentativa e del Parlamento, vota no.