Di certo Palamara di cose ne sa, e parecchie. Molte ma molte di più di quelle che ha iniziato a dire. Adesso all'Anm si trincereranno dietro lo statuto per giustificare la scelta di non consentirgli di difendersi. Ma da un giudice ci si aspetta che usi il buon senso e la terzietà anche andando oltre lo statuto''. Lo dice intervistato dal Corriere della Sera, Cosimo Ferri, deputato di Italia viva, finito nello scandalo intercettazioni del 2019. ''Parlo da cittadino, non da magistrato o deputato: io - osserva - l'avrei fatto parlare. E comunque, che ci sia stata un'accelerazione nella scelta di espellerlo è fuori di dubbio. Da quando ha iniziato a parlare in tv e sui giornali, c'è stata una grande accelerazione''. E afferma: ''La famiglia, il dolore che possono procurare le intercettazioni sui giornali. Io ho tre figli. Di tredici, undici e otto anni. Ovvio che leggevo i giornali con una certa apprensione, la mattina. La cosa che fa paura a me è la stessa che temo oggi per lui. La famiglia''. ''La verità - sottolinea - è che adesso non c'è trojan che tenga. Il pallino è in mano a lui. Resta da vedere se e che cosa Palamara avrà voglia di ricostruire, di dire, di raccontare. Francesco Cossiga, che non l'aveva in grande simpatia, lo chiamava Tonno Palamara ". "Se fosse vivo oggi, il presidente emerito magari avrebbe iniziato a stimarlo e a spingerlo ad andare avanti con le sue picconate... Sa, le sue rivelazioni magari aiuterebbero sia la magistratura che la politica a procedere verso una vera separazione dei poteri. Chissà se lo farà". "Non serve grandissimo fiuto - conclude - per capire che non siamo neanche all'inizio".