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Un ristorante italiano di Long Island ha creato un piatto in suo onore: le “linguine alla Fauci”, una variante della pasta con le vongole che la leggenda narra sia stata inventata dalla sua famiglia originaria di Sciacca, in Sicilia.
Ma non è tutto: ciambelle, figurine, calzini su cui occhieggia la sua foto sorridente, persino ceri pasquali di “ringraziamento” dipinti a mano, un fitto merchandising che la dice lunga su quanto oltreoceano stia dilagando la “Faucimania”
Lui è il 79enne Anthony Fauci, da 36 anni è a capo dell’Istituto nazionale di allergie e malattie infettive, praticamente un monumento della sanità pubblica Usa che oggi è senza alcun dubbio il personaggio più amato dagli americani. L’unico baluardo a cui aggrapparsi nel vortice della pandemia di covid- 19 che sferza anche gli Stati Uniti.
Popolare al punto che lo stesso presidente Trump non può far altro che subire il suo carisma silenzioso, la sua rassicurante competenza.
In un attacco di gelosia la scorsa settimana il tycoon aveva ringhiato su twitter che lo avrebbe rimosso dall’incarico perché l’immunologo si era permesso di criticare le fiacche misure messe in campo dall’amministrazione per contenere il contagio.
Un cinguettio durato poche ore; nel timore di una rivolta dell’opinione pubblica in un momento così delicato per la nazione, l’inquilino della Casa Bianca ha rinunciato a ogni velleità di silurare lo scomodo Fauci.
Così continuerà a sopportare le espressioni perplesse e le puntuali precisazioni del capo della task force anti covid- 19, le ramanzine per la superificialità con cui il presidente vorrebbe archiviare il lockdown e far ripartire la macchina economica: «Putropppo è il virus che stabiliscxe il calendario, non noi»..
Nonostante lo stile misurato e la mitezza che accompagna ogni sua dichiarazione, non è certo uno che le manda a dire. Memorabile la lezione di virologia che ha impartito a Laura Ingraham, popolare conduttrice di Fox News che contestava la necessità di un vaccino: «Non lo abbiamo trovato per l’Aids, non lo abbiamo trovato per la Sars e la vita è andata avanti lo stesso, perché dovremmo trovare un vaccino contro il coronavirus?».
Con la sua proverbiale gentilezza Fauci rimette in riga l’improvvisata virologa: «Perché sono virus diversi tra loro: contro l’Aids abbiamo trovato dei farmaci che hanno effetti spettacolari, la Sars invece è semplicemente scomparsa, avevamo sviluppato il vaccino, ma la malattia non c’èra più. Credo che lei faccia un po’ di confusione».
Nato Brooklyn nel 1940 da una famiglia italiana, i genitori gestivano una farmacia e il piccolo Tony dava una mano occupandosi di consegnare i farmaci a domicilio alle persone più anziane percorrendo la città in bicicletta.
Di educazione cattolica, frequenta il College of the Holy Cross un liceo gesuita di Manhattan. Po gli studi in medicina al Cornell University Medical College dove prima ottiene un dottorato e poi un tirocinio nella clinica universitaria.
Nel 1968, a soli 28 anni, viene assunto dal National Institutes of Health, si occuperà per lungo tempo del laboratorio di studi clinici. Sei anni più tardi è nominato direttore del Dipartimento di fisiologia; è responsabile delle ricerche di immunologia. Il decennio successivo segna la svolta; nel 1984, diventa direttore del Niad: da allora a visto sfilare sotto i suoi occhi sei diversi presidenti e ben dieci amministrazioni.
Appena insediato al Niad la sua priorità è la lotta all’Aids, un flagello che si sta diffondendo in tutto il pianeta e che non sembra in cima alle preoccupazioni del presidente Reagan, In fondo le vittime principali del retrovirus sono omosessuali e tossicodipendenti, categorie che non godono di grande simpatia tra l’elettorato di “Ronnie”, con gli esponenti della destra religiosa che all’epoca definivano l’Aids addirittura come «una punizione divina contro i degenerati e i peccatori».
E invece lui si occupa di stringere rapporti con le associazioni che chiedono a gran voce l’accesso alle terapie sperimentali, ricevendo più volte i responsabili nel suo ufficio e accelerando i protocolli di cura. Anche perché i lavori e le sperimentazioni di Fauci sulla patofisiologia dell’Aids sono all’avanguardia e hanno contribuito in modo decisivo alla lotta contro la malattia. Nel 1988 è il decimo autore più citato al mondo negli studi clinici sul virus, su un totale di un milione di articoli.
Fauci è anche uno dei funzionari pubblici statunitensi più pagati, circa 400mila dollari l’anno, uno stipendio superiore a quello del vicepresidente Pence, ma per gli americani quei soldi se li merita tutti e in questo caso le menate populiste anti- casta non hanno filo da tessere.
Inoltre la sua autorevolezza e il suo virtuosismo nel raccogliere fondi per la ricerca barcamenandosi tra le varie commissioni del Congresso hanno nel corso degli anni fatto lievitare il budget del Niad, passato dagli 800 milioni del 1984 agli attuali sei miliardi.
A quasi 80 anni, con un indice di popolarità dell’ 82% e con un luminosa carriera alle spalle, Fauci è però lontano dal gettare la spugna per dedicarsi ai nipotini.
Quella contro il covid- 19 è una battaglia che vuole vincere sul campo, in prima linea, ma è anche una questione di responsabilità pubblica di fronte alle sortite anti- scientifiche della presidenza, gli americani hanno bisogno della sua guida.
«Non dormo più di 4 ore per notte, mi sento come avessi 45 anni e mi comporto come se ne avessi 35», ha confidato in una recente intervista al sito Politico, raccontando che quando l’emergenza pandemia sarà terminata tornerà ai suoi amati hobby, la pesca, il tennis e la cucina.
Rigorosamente italiana.