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Qualche giorno fa c’è stata una buona notizia accolta con favore anche dal Garante nazionale delle persone private della libertà. Per il personale penitenziario contagiato dal Covid 19 ci saranno rimborsi e sussidi. È l’ente di assistenza del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria che, al fine di garantire protezione e sostegno economico, ad aver stabilito l’erogazione di forme di sussidio in favore di tutti gli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria e al personale civile dell’Amministrazione che abbiano contratto il coronavirus, a partire dal primo febbraio 2020.Si è appreso che il capo del Dipartimento, Francesco Basentini, con una nota esplicativa inviata a tutte le sedi dell’Amministrazione e al Dipartimento della Giustizia Minorile e di Comunità, ha specificato le differenti forme di sussidio previste, che vanno da una diaria da isolamento, pari a 50 euro, per ogni giorno di permanenza presso l’abitazione o altra sede protetta, a un’altra, pari a 150 euro, per ogni giorno di ricovero in istituto di cura, entrambe per un massimo di 14 giorni. È stato previsto anche un indennizzo una tantum di 4mila euro, in caso di ricorso a terapia intensiva o sub-intensiva, e il rimborso, fino ad un massimo di mille euro, in caso di trasporto in autoambulanza per dimissioni dall’istituto di cura. Un fatto doveroso visto che il personale degli istituti penitenziari, così come i detenuti, vivono tuttora in perenne difficoltà, anche per via del difficile reperimento dei dispositivi di protezione individuale. Al momento secondo una stima (non è un dato certo) del sindacato Uilpa polizia penitenziaria risulterebbero circa 250, gli agenti che sono stati infetti dal Covid 19. Sussidi e rimborsi quindi doverosi. L’ente è stato istituito dall’art.41 della legge 15.12.1990, n. 395, che gli ha conferito personalità giuridica di diritto pubblico. Si tratta di un ente pubblico autonomo dall’Amministrazione penitenziaria, sottoposto alla vigilanza del ministro della Giustizia, al quale la legge conferisce compiti istituzionali e risorse economiche proprie. L’ente provvede all'assistenza degli orfani del personale dell'Amministrazione penitenziaria; al conferimento dei contributi scolastici, alla concessione di borse di studio ai figli del personale anzidetto; alla concessione di sussidi agli appartenenti al personale dell'Amministrazione penitenziaria, ai loro coniugi superstiti, ai loro orfani ed eccezionalmente ad altri loro parenti superstiti, in caso di malattia, di indigenza o di altro particolare stato di necessità; alla gestione, anche indiretta, di sale convegno, spacci, stabilimenti balneari o montani, centri di riposo sportivi, e ad ogni altra iniziativa intesa a favorire l'elevazione spirituale e culturale, la sanità morale e fisica, nonché, il benessere dei dipendenti e delle loro famiglie e alla concessione di premi al personale che si sia distinto in servizi di eccezionale importanza.Ma quali sono le entrate? Sono diverse, ma leggendo i bilanci c’è una sorpresa. Le maggiori entrate provengono dai soldi dei detenuti. Quindi l’ente di assistenza si mantiene in gran parte grazie ai reclusi. Dunque, in ultima istanza, i sussidi e rimborsi alla polizia penitenziaria li pagano proprio i detenuti. Come? Dagli aggi sulla vendita dei generi di monopolio e di valori bollati, effettuata presso gli istituti penitenziari, attribuiti dall'art. 41 della legge 15 dicembre 1990, n. 395. I detenuti, si sa, sono i maggiori consumatori di tabacco. L’aggio è il profitto lordo ricavato dai generi del monopolio ed è quel profitto che costituisce una delle entrate dell’ente. Basterebbe leggere il bilancio preventivo per l’anno 2020 e la voce dove risulta l’entrata più considerevole (3 milioni e mezzo) è proprio quella relativa ai proventi da riassegnazione di bilancio per gli aggi sui tabacchi. Anche questa, in fondo, è una buona notizia. Forse utile per evitare quell’idea che porta a una suddivisione tra guardie e ladri, quasi come una forma di antagonismo all’interno delle patrie galere. Mentre, nei fatti, si dovrebbe parlare di comunità penitenziaria. Dove detenuti e detenenti potrebbero addirittura essere solidali tra loro.