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Qualcosa non sta andando nel verso giusto nella gestione dell’emergenza pandemia per quanto riguarda il mondo penitenziario. La questione riguarda da vicino proprio il personale: agenti e operatori sanitari. In alcuni istituti – denuncia il sindacato della Uil polizia penitenziaria - diversi agenti sono risultati positivi al coronavirus, mentre i loro colleghi - con i quali sono venuti in contatto – sono costretti a ritornare in servizio. L’emergenza, potenzialmente, potrebbe quindi sfuggire di mano. Secondo quanto Il Dubbio ha potuto apprendere, da alcune fonti sindacali, risulta che in tutta Italia sono circa 100 le persone contagiate: ci riferiamo esclusivamente al personale delle carceri, in maggioranza appartenente alla polizia penitenziaria.
«Appare paradossale quanto sta avvenendo in alcuni istituti penitenziari – spiega a Il Dubbio Gennarino De Fazio, il leader della UilPa PolPen -, laddove appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria che hanno avuto contatti ravvicinati con altri colleghi, di cui è stata accertata la positività al Covid- 19, sono stati dapprima messi in isolamento e sottoposti a tampone, ma successivamente, dopo svariati giorni, e in attesa di conoscere l’esito dell’esame molecolare, vengono fatti rientrare in servizio». Il rappresentante del sindacato penitenziario si riferisce soprattutto a un carcere specifico che per giuste ragioni di privacy preferisce non riferire. «Ci si chiede, allora, - prosegue il capo della UilPa - se le direttive del Capo del Dap servano solo come orpelli, magari per qualche comunicato stampa o per il sito web istituzionale, o se le articolazioni territoriali debbano attenervisi». E conclude: «In quest’ultimo caso, ci si chiede allora perché non avvenga e se nell’Amministrazione Penitenziaria esista ancora, sempre che ci sia mai stata, una linea di comando».
Nel frattempo, come già riportato da Il Dubbio, monta l’insofferenza degli agenti penitenziari che operano al carcere “La Dozza” di Bologna. Anche lì parliamo di personale contagiato e, dopo un lungo e inspiegabile ritardo, finalmente gli agenti penitenziari cominciano ad essere sottoposti ai tamponi. Cominciano anche ad arrivare il materiale di protezione. Il Sinappe ha diramato un duro comunicato dal titolo “Le omissioni del Dap”. «È vero che non conosciamo ciò che abbiamo prima di perderlo, ma è anche vero che non sappiamo ciò che ci è mancato prima che arrivi», è l’incpit parafrasando Paulo Coelho per provare a capire cosa stia realmente accadendo nelle carceri italiane. «Abbiamo chiesto più attenzione per il personale in prima linea – prosegue il comunicato - perché temiamo l’imminente onda di piena del virus. E quando noi chiediamo più attenzione sul materiale di protezione non stiamo facendo polemica, stiamo solo pensando ai nostri poliziotti penitenziari che contrastano il contagio all’interno delle prigioni italiane. Ed i tamponi? La sanificazione degli ambienti e la disinfezione generale dei reparti detentivi e delle caserme agenti? Noi vorremmo, semplicemente, che si superasse la retorica dell’eroismo per garantire alle donne ed agli uomini del Corpo ( a delle mamme ed a dei papà) in prima linea in questa complessa fase d’emergenza la salute e la cura». C’ è ancora ansia tra gli operatori in diversi Istituti. Garantire sicurezza e dignità nelle carceri, è oggi più che mai necessario.
L’auspicio arriva anche dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «Ho ben presente la difficile situazione delle nostre carceri, sovraffollate e non sempre adeguate a garantire appieno i livelli di dignità umana e mi adopero, per quanto è nelle mie possibilità, per sollecitare il massimo impegno al fine di migliorare la condizione di tutti i detenuti e del personale della Polizia penitenziaria che lavora con impegno e sacrificio». Così ha scritto Mattarella, in una lettera su Il Gazzettin’,
rispondendo ad un appello rivolto a lui, al presidente del Consiglio e al Papa da parte delle detenute del carcere di Venezia e dei detenuti degli istituti di Padova e Vicenza.