"Detenuti ai domiciliari solo coi braccialetti elettronici. Che non ci sono"
Il servizio sarebbe dovuto partire già da ottobre del 2018. Ma ad oggi risulta che il ministero dell’Interno non ha fatto partire il collaudo per poi dare il nulla osta alle emissioni dei braccialetti
Le norme in materia penitenziaria, inserite all'interno del nuovo decreto del governo, prevede che la detenzione domiciliare sia subordinata alla effettiva disponibilità del braccialetto elettronico. Ad oggi però i braccialetti risultano insufficienti. C’è bisogno di disporre delle risorse finanziarie per l’acquisto? La risposta è no. Lo stato italiano ha già versato 19 milioni di euro per la compagnia telefonica Fastweb che , tre anni fa, ha vinto il bando di gara per la produzione dei braccialetti elettronici. Infatti, la commissione nominata per le valutazioni tecnico/ economiche delle offerte pervenute, aveva affidato alla compagnia la fornitura, l’istallazione e attivazione mensile di 1000 braccialetti elettronici, fino a un surplus del 20 per cento in più, con connessi servizi di assistenza e manutenzione per un arco temporale di 27 mesi. Il servizio sarebbe dovuto partire già da ottobre del 2018. Ma ad oggi risulta che il ministero dell’interno non ha fatto partire il collaudo per poi dare il nulla osta alle emissioni dei braccialetti. Ora, con l’emergenza coronavirus, l’emissione dei braccialetti elettronici è indispensabile. Non serve alcun ulteriore finanziamento, i soldi già sono stati stanziati. Basterebbe sbloccare la situazione ferma da oramai quasi due anni.
Le Camere penali
"La solita manina tecnicamente attrezzata (ma alla maggioranza di governo non si erano aggiunti gli oppositori del giustizialismo?) ha fatto sì che nella versione definitiva del decreto per l’emergenza da coronavirus, appena pubblicato in Gazzetta Ufficiale, siano state modificate le iniziali bozze, le cui previsioni avrebbero permesso quantomeno un parziale alleggerimento della situazione esplosiva delle carceri italiane". Inizia il durissimo comunicato delle Camere penali sul decreto per l'emergenza coronavirus. "La norma - continuano le camere penali - ora prevede che la detenzione domiciliare sia subordinata alla effettiva disponibilità del braccialetto elettronico, ma al tempo stesso ne ammette pacificamente l’insufficienza senza disporre alcuna risorsa finanziaria per l’acquisto.Dal carcere uscirà dunque, in detenzione domiciliare, un numero drammaticamente insufficiente di persone.Questo anche a causa di una Amministrazione che, nella migliore delle ipotesi, è stata incapace di gestire o ha deliberatamente ostacolato nel corso di anni le forniture di braccialetti, e che oggi fa ricadere tale incapacità sulla popolazione detenuta e su tutto il sistema dell’esecuzione penale.Inoltre, il decreto ignora, in spregio alle ben note statistiche, i detenuti in attesa di giudizio, gran parte dei quali verranno assolti o condannati a pene espiabili con misure alternative al carcere.Non comprendere la gravità della condizione carceraria in relazione al concreto pericolo di contagio è atto di insensibilità morale e di irresponsabilità politica che va imputata a tutte le forze della maggioranza governativa. L’Unione delle Camere Penali Italiane apre da subito la mobilitazione sul tema del carcere, per la modifica dell’articolo 123 del decreto in sede di conversione, facendo appello a tutti i parlamentari che abbiano a cuore i principi costituzionali e di civiltà che debbono presiedere anche alle condizioni di vita in carcere e che intendano operare, con misure di contrasto per l’emergenza sanitaria, senza cedere a logiche di vendetta sociale, destinate solo ad aggravare le condizioni di rischio di contagio e ad immiserire l’impianto della convivenza civile.Il Ministro della Giustizia aveva in questo ultimo periodo dato ascolto ed in buona parte accolto le proposte dell’Avvocatura penale sulla disciplina della sospensione dei termini processuali e di rinvio delle udienze, evitando soluzioni normative inaccettabili quali la estensione al difensore d’ufficio dell’onere di notifica alla parte assistita. Ma oggi Egli, insieme all’intera compagine governativa, si è assunto la gravissima responsabilità di aver modificato le iniziali previsioni della detenzione domiciliare per le pene brevi, adottando una soluzione che non risolve ma anzi aggrava la condizione di tutte le persone che nel carcere sono ristrette e che nel carcere sono chiamate ad operare, oltre che delle strutture sanitarie esterne che potrebbero essere investite dalla popolazione carceraria malata.Proprio ieri, l’Unione delle Camere Penali Italiane ha rivolto un appello agli onorevoli Matteo Renzi, Andrea Orlando e Pietro Grasso, protagonisti politici della negata riforma dell’Ordinamento Penitenziario, frutto del lavoro degli Stati Generali dell’esecuzione penale, per un loro fattivo impegno sul tema del carcere. Oggi a loro è rivolta la richiesta di un intervento per l’immediata modifica dell’articolo 123 del decreto, che ponga rimedio a questa scelta irresponsabile.Roma, 18 marzo 2020La Giunta dell’Unione camere penali italiane.