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Borsellino. gli atti del Csm Sul Foglio di ieri c’è un magistrale articolo intitolato “La verità ritrovata”. Un contributo straordinario offerto a chi volesse liberarsi dal labirinto della “trattativa Stato- mafia”.
Anche ai giudici della Corte d’appello di Palermo, dunque, chiamati a rivalutare la sentenza emessa in primo grado; a riconsiderare, soprattutto, la posizione di alcuni uomini dello Stato come Mario Mori e Giuseppe De Donno. I carabinieri del Ros ritenuti colpevoli di aver trattato con Cosa nostra e di averne favorito i propositi assassini nei confronti di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e degli altri eroi massacrati a Capaci e via d’Amelio.
Nella pronuncia firmata dal presidente della Corte d’assise di Palermo Alfredo Montalto, lo snodo cruciale è nella presunta “preoccupazione” dei mafiosi per la scoperta, fatta da Borsellino, dei contatti fra gli stessi uomini del Ros e Vito Ciancimino.
L'omaggio a Borsellino Come si può ben comprendere, il servizio proposto ieri dal Foglio, a firma di Ermes Antonucci, è anche un omaggio reso allo scoccare dei 27 anni da via D’Amelio. Si chiude non a caso con la seguente frase: «Il modo migliore per commemorare il sacrificio di Paolo Borsellino è fare luce, una volta per tutte, su ciò che accadde attorno a questa indagine negli ultimi giorni di vita del magistrato e subito dopo la sua morte».
L’indagine è quella su “mafia e appalti”, avviata su impulso di Falcone, condotta materialmente dal colonnello Mori e dal capitano De Donno, esposta dai due ufficiali del Ros in una informativa del 20 febbraio 1991, ma non assegnata a Falcone, che proprio all’epoca sta per trasferirsi dalla Procura di Palermo al ministero della Giustizia.
Ne diventano titolari alcuni sostituti dell’ufficio siciliano, allora diretto da Pietro Giammanco: i pm Guido Lo Forte, Giuseppe Pignatone e Roberto Scarpinato. Borsellino, racconta il Foglio, non smette mai di coltivare l’interesse per un fascicolo che pure non è affidato a lui. Se ne occupa a distanza ma con attenzione.
Tanto è vero che, un anno e mezzo dopo l’informativa del Ros, reagisce con evidente smarrimento di fronte agli esiti dell’inchiesta. Segnala che la stessa ansia è comune ai militari del Ros, dei quali ha fiducia e che, secondo la sentenza dello “Stato- mafia”, lo avrebbero invece disgustato per i traffici con Ciancimino.
Una riunione drammatica Tali interrogativi vengono esplicitati eccome dal magistrato ucciso a via d’Amelio. Avviene in una riunione in Procura, a Palermo, il 14 luglio 1992. Cinque giorni prima che il tritolo esploda sotto casa della mamma di Paolo e che massacri, con il magistrato, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, la scorta.
In quella riunione, Borsellino ascolta il collega Lo Forte spiegare che l’inchiesta “mafia e appalti” offre elementi di assai minore consistenza del previsto non tanto a carico di Angelo Siino, il mafioso considerato ministro dei Lavori pubblici di Cosa nostra, quanto nei confronti dei politici e degli imprenditori che, secondo il Ros, Siino avrebbe coinvolto nella cupola degli affari. Il giorno prima Lo Forte e Scarpinato, non a caso, hanno finito di redigere la richiesta di archiviazione dell’indagine.
Tre giorni dopo via d’Amelio, la depositano, vistata intanto dal capo dell’ufficio Giammanco. Il gip Sergio La Commare emette l’ordinanza di archiviazione alla viglia di Ferragosto.
Date fondamentali Ci sono dunque quattro date. Tre sono note: via d’Amelio, il deposito della richiesta di archiviazione di “mafia e appalti”, l’accoglimento di tale richiesta firmato il 14 agosto. La prima data invece non la conosceva nessuno. O quasi.
La prima data è quella del 14 luglio 1992. L’ultima riunione in Procura a cui abbia partecipato Paolo Borsellino. Come si è scoperto di quell’assemblea tra pm? La risposta spiega anche cosa c’entri il Dubbio con il pregevole contributo reso ieri dal Foglio alla ricostruzione dei fatti.
Il vertice a Palermo voluto dal procuratore Giammanco è attestato nelle testimonianze rese al Csm, a fine luglio ’ 92, da altri magistrati all’epoca in servizio nel capoluogo. Vengono sentiti in audizione pochi giorni dopo via D’Amelio. Tra loro c’è anche Luigi Patronaggio, ormai notissimo come procuratore di Agrigento.
La testimonianza di Patronaggio «Il collega, il procuratore Borsellino, chiede addirittura delle spiegazioni, vuole chiarezza, su determinati processi», racconta Patronaggio al Csm, «chiede spiegazioni su un procedimento riguardante Siino Angelo e altri, e capisco che qualche cosa non va».
Patronaggio aggiunge che, secondo Borsellino, «i carabinieri si aspettavano da questa informativa risultati giudiziari di maggiore respiro». Il Dubbio, cioè questo giornale, c’entra perché sulla diversità di aspettative rispetto a “mafia e appalti” ha pubblicato articoli per i quali i magistrati Lo Forte e Scarpinato hanno sporto querela.
E c’entra anche perché le audizioni al Csm che segnalano tale diversità di aspettative sono state depositate non solo da Basilio Milio, difensore di Mori, al processo d’appello sulla “trattativa”, ma anche da Simona Giannetti, avvocata dei giornalisti del Dubbio, al processo per diffamazione seguito alle querele di Lo Forte e Scarpinato.
Ma alla vigilia del 19 luglio, a 27 anni da via D’Amelio, viene prima di tutto un’altra aspettativa. Manifestata ieri da Fiammetta Borsellino, figlia di Paolo: «L’impegno per la verità di mio padre e di Falcone credo che debba essere presente ancora oggi per far luce sulle tante omissioni e sulle irregolarità che hanno caratterizzato le indagini e i processi su via d’Amelio». C’è un modo per onorare la ricorrenza. E anche per uscire dal labirinto.