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Medhanie Tesfamariam Behre. Passa da una detenzione all’altra. Non ha fatto in tempo ad esultare, piangere per l’emozione visto che la corte d’Assise di Palermo gli ha riconosciuto che c’è stato uno scambio di persona e ordinato la scarcerazione, che è stato portato dritto dritto al centro di permanenza e rimpatrio ( Cpr) di Caltanissetta per essere espulso.
Nonostante la richiesta di protezione umanitaria, ieri il giudice monocratico ha convalidato il trattenimento presso la struttura.
Parliamo di Medhanie Tesfamariam Behre, così si chiama il falegname eritreo che, per più di tre anni, è rimasto nel carcere siciliano Pagliarelli scambiato con Mered Medhanie Yedhego, capo di una potente organizzazione di trafficanti di uomini.
Ma purtroppo la Corte gli ha riconosciuto una condanna di cinque anni per favoreggiamento per immigrazione clandestina e poco importa sapere che in Sudan cercò di mettere in salvo i suoi parenti dalla dittatura orribile del suo paese.
Richiesta d'asilo. L’avvocato difensore Michele Calantropo ha subito inviato una richiesta d’asilo. Perché? Presto detto. Non può certamente estradato in Sudan, dove viveva e dove è stato prelevato mentre stava bevendo un thè.
Un arresto, in Sudan, ad opera dei famigerati agenti del Niss, acronimo di National Intelligence and Security Service. Parliamo della principale arma di repressione del brutale regime islamico del Generale Omar Al Bashir, sul quale pende un mandato di arresto internazionale per crimini contro l’umanità in Darfur.
In Sudan queste forze di sicurezza hanno preso di mira esponenti di partiti politici d’opposizione, difensori dei diritti umani, studenti e attivisti politici, sottoponendoli ad arresti e detenzioni arbitrari e ad altri abusi. Le libertà d’espressione, associazione e riunione pacifica sono state arbitrariamente limitate.
In trappola. Ma Medhanie non può tornare neanche nel suo Paese, l'Eritrea, dove non sarebbe il benvenuto visto che è considerato un disertore essendo scappato per sfuggire alla guerra e andrebbe incontro a pene durissime, tra cui anche quella di morte.
La richiesta d’asilo, quindi, è una carta importante che sta giocando il suo avvocato ed è l’unica via d’uscita per non essere estradato e mandarlo incontro a un destino già scritto.
Rimane il fatto è che dal carcere è passato direttamente in un centro detentivo amministrativo che sotto certi aspetti – come già denunciato dal garante nazionale delle persone private della libertà dopo le visite ai cpr – è peggiore del carcere. Medhanie ha ricevuto dallo Stato italiano l’ennesimo schiaffo alla sua libertà.
Le convenzioni internazionali. La campagna LasciateCIEntrare, in merito a questa vicenda, ricorda che qualunque misura di espulsione sarebbe in contrasto con l’art. 33 della Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951.
Secondo quanto rilevato dal Relatore Speciale delle Nazioni Unite per l’Eritrea, malgrado l’avvio del processo di pace con l’Etiopia, le violazioni dei diritti umani continuano a caratterizzare il regime di Afewerkyche che sta portando avanti un’intensa attività di politica estera con i paesi confinanti ( Etiopia e Sudan), senza però interrompere le persecuzioni a danno degli oppositori, ed in genere contro tutti coloro che si sono sottratti alla leva obbligatoria.
«La vicenda tutta di Medhanie Tesfamariam Behre – scrivono nell’appello l’associazione Diritti e Frontiere, la Campagna LasciateCIEntrare e Rete Antirazzista Catanese -, dagli arresti a Khartoum, le torture subite durante i primi interrogatori da parte della polizia sudanese, la lunga carcerazione preventiva in Italia, lo rendono un soggetto vulnerabile al quale va riconosciuta la protezione internazionale». Ora però il trattenimento è stato convalidato e l’eritreo di trova ad affrontare l’ennesimo supplizio.