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Una storia di violenze e insabbiamenti. Il lungo trascorso della Chiesa è costellato di capitoli bui e adesso lo scandalo degli abusi bussa alle porte del Vaticano. Se anche la commissione antipedofilia voluta da Papa Francesco si è rivelata insufficiente nell’affrontare la guerra alle tonache incriminate, sorge naturale lo scoramento dei più ottimisti. «Abbiamo un bisogno disperato di credere in papa Francesco. Il papa trasuda sincerità. È senz'altro un uomo buono. Quindi mettere in discussione le sue parole e misurare il loro divario con la realtà è stato più che uno sforzo intellettuale: uno sforzo emotivo, ancora più doloroso se l'argomento è quello degli abusi sui minori», racconta John Dickie nel presentare il suo ultimo lavoro, Dietro l’altare (Behind the altar), in onda stasera alle 21 in prima tv mondiale su LaF (Sky 139). Il documentario risponde alla crescente domanda di chiarezza sul tema della pedofilia, proprio mentre il dibattito sulle vicende di violenze sessuali investe la Santa Sede ai suoi vertici sulla scorta del caso George Pell. Il lavoro di inchiesta e investigazione internazionale realizzato dallo storico britannico riporta la preziosa testimonianza di vittime, esperti e religiosi: da Marie Collins a Padre Hans Zollner, entrambi membri della Pontificia Commissione per la tutela dei Minori. Il docu-film - diretto dal regista messicano Jesus Garces Lambert e prodotto da GA&A Productions con ZDF/Arte, EO, Witfilm in associazione con Effe tv e altre nove broadcast internazionali – è un viaggio verso la verità, dagli Stati Uniti d'America alla Francia, dal Vaticano all'Argentina attraverso la Storia della Chiesa fino alla rivelazione di casi sconosciuti. Ce lo racconta Lucio Mollica, tra gli autori del documentario insieme a Vania del Borgo e lo stesso John Dickie. Il team si era già consolidato nel lavoro di scrittura di “Chiesa Nostra”, uno speciale che svela il sodalizio tra Chiesa cattolica e criminalità organizzata. Quale contributo apporta questo documentario al lavoro di indagine sui casi di pedofilia nella Chiesa? L'obiettivo di questo film era documentare quanto sta avvenendo sotto il papato di Francesco sul tema della lotta agli abusi sui minori. La sorpresa è che la Chiesa non ha davvero voltato pagina nonostante l’impegno promesso dal pontefice. Le aspettative deluse sono al centro del nostro lavoro. Si esprime dunque un giudizio nei confronti dell’operato di Papa Francesco? Il papa ha più volte ribadito intransigenza contro quei preti protagonisti d'abusi e ha promesso tolleranza zero. Non abbiamo motivo di dubitare della sincerità delle sue parole, ha ancora il tempo per riprendere il cammino di riforme avviato da Benedetto XVI, ma episodi di pedofilia interni alla Chiesa continuano a verificarsi numerosi in ogni parte del mondo senza che vi sia una concreta assunzione di responsabilità e un intervento deciso. Se Papa Francesco non vuole vanificare la bontà dei suoi intenti deve correre ai ripari e schierarsi con provvedimenti severi. Lo scandalo del Caso Pell ha coinvolto per la prima volta la Chiesa nelle sue più alte sfere, accentrando il dibattito sulle vicende di pedofilia, oggi più acceso che mai. Cosa si nasconde “dietro l’altare”? Sono molte le figure controverse tra la rappresentanza ecclesiastica. Si pensi al cardinale cileno Errazuriz chiamato a far parte del gruppo di 9 alti prelati che assistono papa Francesco nel governo della Chiesa Universale nonostante sia stato criticato dalle vittime per non aver condotto adeguatamente le indagini sul più noto caso di pedofilia del clero cileno. L’imperativo è rompere la coltre di silenzio. Molti episodi si sarebbero potuti evitare se si fosse prestato attenzione alle denunce dei parenti delle vittime, e se la Chiesa si fosse prestata a collaborare con le autorità giudiziarie. Sappiamo che il lavoro di inchiesta condotto ha una portata internazionale. Come avete selezionato le tappe del viaggio? Il numero di vittime è davvero impressionante. Dopo un lungo lavoro di scrematura abbiamo selezionato le storie che ci sembravano più rappresentative del fenomeno di abusi e violenze diffuso in tutto il mondo. Siamo partiti dalla Francia, a Lione dove sono emersi episodi di abusi su almeno 70 bambini. Tornando in Italia, ci siamo soffermati sul caso di Don Inzoli, senz’altro rappresentativo della lentezza della burocrazia e della Chiesa nell’affrontare la lotta ai crimini sessuali. Preziosa la testimonianza di Marie Marie Collins, ex membro della Pontificia Commissione per la tutela dei Minori e a sua volta vittima, che ci ha raccontato come il percorso di riforme intrapreso abbia infine condotto alle sue dimissioni a cause delle resistenze incontrate in Vaticano. Negli Stati Uniti, siamo stati ad Altoona-Johnstown, in Pennsylvania, per un'inchiesta su centinaia di bambini vittime di abusi sessuali: a seguito degli scandali esplosi l’atteggiamento della procura è di tolleranza zero. Infine l’Argentina, il paese del Papa, con le prime ed esclusive interviste alle vittime di Padre Corradi, arrestato con l'accusa di aver abusato sessualmente di alcuni studenti sordomuti dell'Istituto Provolo di Mendoza. Che tipo di resistenza avete incontrato nel corso della vostra ricerca? Il problema principale per chi conduce indagini di questo tipo è di dover confrontarsi con una Chiesa che si ostina a mantenere sotto silenzio tutto ciò che riguarda gli abusi sessuali. Questo vale sia per noi giornalisti, che per i legali delle vittime e soprattutto per i magistrati. Nel film raccontiamo il caso di un pm italiano che si è visto rifiutare dal Vaticano una rogatoria internazionale. I processi canonici sono sotto segreto pontificio, e per chi tradisce questa regola ci sono pene severissime. Omertà e silenzio sono al centro di un atteggiamento increspatosi negli anni. Il tema degli abusi sui minori è prima di tutto un argomento fatto di sofferenza umana. Come raccontare la pedofilia? È stato molto difficile confrontarsi con storie così raccapriccianti, che vedono al centro i bambini. Definiamo spesso i protagonisti di queste vicende delle “vittime”, eppure io li appellerei “eroi”: nonostante il peso ditali sofferenze, trovano il coraggio di raccontare la propria storia e di sfidare la autorità, vittime ancora una volta. Mi piacerebbe segnalare tra le testimonianze raccolte il ruolo delle donne, sempre in prima linea nel rompere il silenzio. È forse proprio da loro che la Chiesa dovrebbe ricominciare per condurre la “rivoluzione” necessaria.