L’onorevole Anna Macina, sottosegretaria alla Giustizia, figura tra i nomi di spicco che hanno abbandonato il Movimento 5 Stelle per approdare nel nuovo gruppo parlamentare Insieme per il Futuro, fondato da Luigi Di Maio. I temi della giustizia sono tra quelli in cui dovremmo aspettarci una certa discontinuità rispetto al metodo tradizionalmente adottato dai pentastellati. Abbiamo cercato, in questa intervista, di capire se effettivamente sarà così.

Sottosegretaria Macina, come mai ha lasciato il Movimento ed è entrata nel nuovo gruppo fondato da Luigi Di Maio?

Può sembrare strano dirlo, ma io sono rimasta dov’ero. Se mi giro e guardo il nuovo gruppo vedo che ci sono le stesse persone con cui ho condiviso temi e battaglie per anni, anche fuori dal Parlamento. È il Movimento 5 Stelle invece che ha deciso di tornare indietro. Era stato annunciato un nuovo corso, quello della maturità politica, ma non mi sembra che sia mai partito.

Lei in questo ultimo anno ha lavorato fianco a fianco alla ministra Cartabia. Che bilancio fa? E si è sentita sostenuta, nella sua funzione di governo, dal Movimento?

Il lavoro è complesso, ho deleghe di grande responsabilità. Dalla ministra ho ricevuto da subito una grande apertura di credito che credo di aver ricambiato con l’impegno e la passione che da sempre ho avuto per il diritto e la giustizia, a cui ho dedicato studio e professione. Nell’ultimo anno sono state approvate riforme importanti. E in alcuni passaggi è vero che il Movimento ha scelto la via del consenso facile. Ma governare a mio avviso è una cosa diversa. I valori restano gli stessi ma le questioni, specialmente quando parliamo di giustizia, sono complesse e meritano di passare dal confronto.

È vero che non ha trovato una sponda sul tema del carcere? Lei visita regolarmente gli istituti di pena.

Forse perché il tema carcere non porta consensi. Eppure, il fine rieducativo della pena è un principio garantito dalla Costituzione.

Sia Di Maio che Spadafora hanno ripetuto che sono stati commessi degli errori in passato. Quali, in tema di giustizia?

Si può e si deve essere molto severi ed esigenti sui temi di giustizia e sull’etica in politica, io lo sono. E pretendo trasparenza e comportamenti limpidi da parte di chi amministra la cosa pubblica. Altra cosa invece è la condanna preventiva: su questo occorre il coraggio di saper riconoscere gli errori fatti in passato.

Si riferisce alla gogna mediatica?

Un conto è dare l’informazione di una indagine in corso, soprattutto quando i soggetti coinvolti sono amministratori pubblici, altro è emettere una sentenza di condanna prima ancora che ad esprimersi sia stato il giudice. Certo, da un punto di vista di opportunità politica chi ricopre incarichi pubblici ed è sotto processo dovrebbe fare un passo indietro, ma ciò non equivale a dire che quella persona è colpevole. E soprattutto bisogna stare attenti al tipo di comunicazione utilizzata. Delle volte sono state usate parole eccessive nei confronti di indagati e imputati.

Ricordiamo che infatti il Movimento 5 Stelle non era neanche favorevole al recepimento della direttiva europea sulla presunzione d’innocenza, perché sosteneva che bastava il comma 2 dell’articolo 27 della Carta costituzionale.

Anche il governo precedente decise di non recepirla. Però, tornando alla sua domanda, le ripeto quanto dichiarai nel momento in cui la norma di recepimento è stata approvata. Quello raggiunto dal testo a mio parere è un giusto compromesso che tutela sia la libertà di informazione che i diritti degli indagati.

Diciamolo: il Movimento è partito con lo slogan del “Vaffa” che si è riverberato anche sul tema giustizia, dando vita a un populismo estremo. Forse in questi anni il M5S non è riuscito a fare un lavoro di tipo culturale, garantista sulla base elettorale.

Si sarebbe dovuta graduare la forza della comunicazione, argomentare e spiegare approfonditamente le questioni. Qualche volta invece ci si è lasciati andare a facili semplificazioni su temi così sensibili come quelli della giustizia e dell’esecuzione penale.

Dentro Insieme per il Futuro non ci sarà posto per i populismi e per gli slogan, è stato ribadito. Per situazioni complesse occorrono soluzioni complesse. Come si tradurrà questo nuovo metodo sul terreno della giustizia?

Ricordo mesi fa una delle prime riunioni del presunto nuovo corso del Movimento 5 Stelle in cui Conte disse chiaramente che dovevamo modificare certi atteggiamenti politici del passato per orientarli al pieno rispetto della Carta costituzionale. Poi però, nel raccontare alcune posizioni, ha scelto una strada diversa fatta di slogan. Peccato. Io ero d’accordo con quella impostazione e adesso conto di lavorare in quella direzione.

Secondo Lei perché Conte ha sterzato rispetto ai propositi iniziali?

Voglio sperare che non si sia basato sui facili consensi.

Cosa invece non cambierà sempre in tema di giustizia rispetto al passato?

Il nostro Paese è aggredito dalla corruzione e dalla criminalità organizzata. Su questo non ci sarà mai un arretramento di neanche mezzo centimetro. Pochi giorni fa ho contribuito alla realizzazione di un importante risultato per portare a Foggia i magistrati della Dda di Bari che indagano sulla mafia locale. È una piccola grande cosa che può aiutare molto quel territorio sofferente. Ed è la dimostrazione che si possono ottenere molte cose governando bene e senza bisogno di ricorrere a strumenti di propaganda.

Rimane aperto il grande capitolo sui decreti attuativi delle tre riforme di mediazione Cartabia. Quali sono le sfide più importanti?

Dobbiamo dare concretezza ai principi declinati nei testi di riforma. Il ministero è al lavoro da tempo e le posso dire che entro l’estate i decreti saranno inviati all’esame del Parlamento, per il parere delle commissioni di merito. È un traguardo ambizioso ma sono convinta che sia alla nostra portata.